Roma, 3 marzo 2021 – Nell’ultimo anno, il 44% degli italiani è aumentato di peso. Un altro effetto nefasto del Covid 19 che ha promosso stili di vita negativi come: sedentarietà (smart working), restrizioni delle attività sportive e maggiore tendenza a dedicarsi alla cucina. Queste le conclusioni di un’analisi sui dati del Centro di Ricerca Alimenti e nutrizione (Crea), diffusa in occasione del World Obesity Day.
La Giornata Mondiale per la Prevenzione dell’Obesità e del Sovrappeso, lanciata dal 2015, è un’importante occasione per stimolare soluzioni pratiche per mantenere un peso corretto, promuovendo l’informazione e divulgando i rischi collegati all’obesità. L’evento – promosso, nel nostro Paese, dall’Associazione Italiana di Dietetica e Nutrizione clinica (Adi) – è in programma per il 4 marzo.
La pandemia ha imposto un cambiamento radicale delle abitudini di vita che ha avuto effetto anche sulla bilancia: computer, divano e tavola avrebbero, infatti, tenuto lontano dal moto e dallo sport addirittura il 53% degli italiani. La situazione sarebbe anche peggiore per le persone obese, soprattutto per quelle in smart working o in cassa integrazione: nel 54% dei casi avrebbe avuto un aumento medio di peso di ben 4 chilogrammi (Fondazione Adi).
In Italia la prevalenza di persone in sovrappeso e con obesità cresce al crescere dell’età: se l’eccesso di peso riguarda 1 bambino/adolescente su 4, la quota quasi raddoppia tra gli adulti, raggiungendo il 46,1 per cento tra le persone di 18 anni e oltre.
La maggioranza degli uomini presenta un eccesso ponderale già a partire dai 45 anni; per le donne ciò si verifica dopo i 65 anni. Negli ultimi 30 anni, inoltre, è stato registrato, nel nostro Paese, un aumento di incidenza dell’eccesso di peso pari al 30 per cento.
La popolazione obesa è particolarmente fragile: oltre alla possibile presenza di co-morbilità (sindrome metabolica con ipertensione arteriosa, iperglicemia, dislipidemia e anche alcuni tumori) è particolarmente a rischio per forme sintomatiche, gravi, di infezione da Covid 19.
“In questo ultimo anno siamo riusciti a garantire lo stesso volume di interventi di chirurgia per l’obesità degli anni precedenti: circa 500 procedure, in percorsi assolutamente Covid free – sottolinea il prof. Marco Raffaelli, ordinario di Chirurgia Generale all’Università Cattolica, campus di Roma e direttore dell’Unità Operativa di Chirurgia Endocrina e Metabolica (Centro di eccellenza della Sicob, Società Italiana per la Chirurgia dell’Obesità) della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS – La chirurgia bariatrica è il trattamento più efficace per la grave obesità e le patologie ad essa correlate, garantendo un calo ponderale significativo e duraturo”.
Infatti, circa l’85 per cento di chi si sottopone ad un intervento bariatrico – se seguito da uno psicologo e da un nutrizionista – mantiene un peso corporeo ottimale e una riduzione delle complicanze legate alla obesità.
“Sono molti i pazienti che possono essere oggi indirizzati verso un percorso di chirurgia bariatrica, con tecniche mini-invasive e laparoscopiche – continua Raffaelli – Queste soluzioni sono proponibili ai pazienti con un’età compresa tra i 18 e 65 anni e con un Indice di Massa Corporea (IMC o BMI) maggiore di 40, oppure con un’obesità di secondo grado associata ad una malattia correlata: diabete, ipertensione arteriosa, dislipidemia, apnee notturne severe e alcuni tipi di patologie ortopediche. Nel periodo di pandemia da Covid abbiamo ulteriormente implementato i protocolli ERAS (Enhanced Recovery After Surgery, ovvero ‘miglior recupero post intervento chirurgico’), approccio innovativo e multidisciplinare con il quale riusciamo a far ritornare a casa i pazienti anche dopo un solo giorno dall’intervento”.
Ogni anno in Italia vengono eseguiti quasi 25 mila interventi di chirurgia bariatrica. I più diffusi sono: la sleeve gastrectomy (gastroplastica verticale, “a manica di camicia”), il by pass gastrico e il mini by pass.
“Nel nostro Centro vengono eseguite tutte le procedure di chirurgia bariatrica ufficialmente validate, tra cui anche la SADI-S (by pass duodeno ileale con singola anastomosi), l’ultimo degli interventi chirurgici ad essere riconosciuto dalla comunità scientifica, e che rappresenta la forma più moderna di diversione bilio-pancreatica. Oltre agli interventi primari eseguiamo interventi di revisione, procedure endoscopiche e – in casi selezionati – interventi robot-assistiti. Questi ultimi garantirebbero risultati migliori soprattutto nei pazienti più complessi e con obesità più gravi”, conclude Raffaelli.