Il prof. Francesco Romeo, Presidente Nazionale della Società Italiana di Cardiologia: “In Germania queste operazioni sono oltre 50mila. L’utilizzo di tecniche adatte anche agli ultra 75enni può salvare molti pazienti altrimenti non operabili”. Dal 16 al 19 dicembre a Roma oltre 2.500 specialisti riuniti per fare il punto sulla salute del cuore. La cerimonia inaugurale del congresso si terrà oggi alle 18.00 alla Nuvola di Fuksas
Roma, 16 dicembre 2016 – In Italia pochi pazienti colpiti da patologie valvolari vengono operati con tecniche mininvasive. Questi interventi sono solo 5mila l’anno contro gli oltre 50mila effettuati in Germania. “Questo non è più accettabile – denuncia il prof. Francesco Romeo, Presidente Nazionale della Società Italiana di Cardiologia (SIC) che ha lanciato la campagna ‘One valve, one life’ – Vogliamo avere la possibilità di estendere a tutti i pazienti, anche quelli ultrasettantacinquenni, la possibilità di fruire di questi interventi percutanei che potrebbero garantire magari altri 10 anni di vita e la cui mortalità è quasi 0. La nostra sanità ha un enorme problema di spesa e di contenimento dei costi, perciò queste metodiche mininvasive non sono praticate in tutte le strutture ospedaliere. Molte direzioni generali italiane tendono a contingentare le risorse per contenere i costi, autorizzando gli interventi solo nei pazienti che hanno controindicazioni assolute all’operazione tradizionale”.
La possibilità di intervenire efficacemente su valvola aorta e mitralica per via percutanea è uno degli argomenti al centro del 77° Congresso della SIC che si svolge dal 16 al 19 dicembre nella Capitale.
“La SIC vuole, dal congresso di Roma, ribadire il suo no al contingentamento delle risorse in questo ambito – aggiunge Romeo – L’intervento percutaneo sulla valvola aortica è ormai di routine ed è applicabile anche agli anziani. A volte il cardiochirurgo sceglie di non operare con tecniche tradizionali perché il paziente non supererebbe un intervento in cui deve essere intubato e va utilizzata la circolazione extracorporea. Ma così il malato muore in media entro sei mesi: con un intervento per via percutanea, invece, potrebbe essere salvato”.
Prevista anche la presentazione delle nuove linee guida che ‘abbattono’ i valori del colesterolo LDL al limite massimo di 100mg/dl, con le novità in terapia che affiancano l’uso trentennale delle statine.
Le nuove linee guida per il trattamento delle dislipidemie hanno una parola d’ordine, abbassare il colesterolo. Le novità sono già state evidenziate nell’ultimo congresso della Società Europea di Cardiologia lo scorso agosto: il solo valore da considerare è quello del colesterolo LDL, che deve essere compreso tra 70 e 100 mg/ml. Gli altri valori fino ad oggi valutati, il colesterolo totale e l’HDL, non rivestono in realtà importanza ai fini della terapia. Se i livelli dell’LDL superano i 100 mg/dl, bisogna modificare il proprio stile di vita, intervenendo sull’alimentazione e aumentando l’esercizio fisico. Quando queste correzioni non sono sufficienti bisogna fare ricorso ai farmaci, in particolare alle statine che sono state la più grande rivoluzione terapeutica degli ultimi 30 anni.
Al congresso si parlerà anche di una nuova classe di anticorpi monoclonali, gli anti – PCSK9: agiscono sul recettore che metabolizza il colesterolo, bloccando l’enzima che impedisce all’organismo di eliminare l’LDL. “Sono farmaci costosissimi – considera il prof. Romeo – non ancora erogati dal Sistema Sanitario Nazionale, e per questo sono destinati oggi ai pazienti che non rispondono alle statine, affetti da dislipidemie familiari e genetiche”. Nelle nuove linee guida sarà indicato anche in quali casi è corretto somministrarli.
fonte: ufficio stampa