Roma, 25 gennaio 2022 – Genotossicità e vaccino anti Covid-19: è uno degli ultimi argomenti portati avanti da quanti sostengono che i vaccini a Rna possano, a lungo termine, provocare l’insorgenza di un tumore. L’agenzia Dire ne ha parlato con il prof. Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana malattie infettive (SIMIT) e professore ordinario di Malattie infettive della facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università di Roma Tor Vergata.
Prof. Andreoni, quanto c’è di vero in questa eventuale relazione? Possibile che tra qualche anno i vaccini a Rna che stiamo utilizzando per arginare il coronavirus possano determinare la presenza di neoplasie?
“I rischi sono bassissimi, per non dire nulli, dato che in medicina il nulla non esiste mai, ma sono ipotesi basate su dati quanto mai controversi e privi di particolare fondamento. Si parte infatti dall’idea che sia il lipide trasportatore dell’Rna in qualche modo in grado di poter generare una genotossicità, cioè alterazioni geniche che poi possono portare allo sviluppo di tumori”.
“Si tratta di un’ipotesi abbastanza velleitaria, nel senso che si può sostenere per qualsiasi farmaco un possibile danno a livello genetico che possa poi anche portare allo sviluppo di cancro. Qui, ovviamente, l’elemento che fa scaturire questa ipotesi è che si sta ragionando con l’Rna messaggero. Quindi, spiegandolo in maniera semplice, con un segnale che viene dato alla cellula al fine di produrre una determinata proteina che è lo spike”.
“Per quanto riguarda l’Rna messaggero bisogna tenere presente che quella che viene fornita attraverso la vaccinazione è una quantità irrisoria rispetto all’Rna messaggero che il virus introduce nel nostro organismo quando ci infetta. Stiamo quindi parlando di quantità nettamente inferiori rispetto a quello che viene per l’infezione naturale”.
Quindi, “l’ipotesi che quell’Rna messaggero possa dare delle alterazioni genetiche che sviluppano il cancro, ammesso che fosse vera – chiarisce Andreoni – sarebbe certamente molto meno rilevante delle informazioni genetiche che il virus stesso ci riferisce quando ci infetta. Dunque si parla di ipotesi non sostenute da prove tecniche. Questo è tanto vero che EMA non ha ritenuto importante fare studi di genotossicità, proprio perché è l’ipotesi di partenza a non essere suffragata da elementi validi. Mi sembra davvero un’ipotesi molto pretestuosa”.
Prof. Andreoni, la vaccinazione tra gli adulti sta correndo, a differenza di quella nei bambini tra i 5 e gli 11 anni, che è ancora lenta. Basti pensare che alle 6.15 di questa mattina, nella fascia 5-11 anni, il 29,03% ha ricevuto la prima dose anti Covid-19 e solo l’8,29% ha completato il ciclo vaccinale. Alcune persone che trovano spazio in televisione stanno cavalcando proprio questo argomento di cui abbiamo appena parlato, quello appunto della tossigenicità correlata al vaccino anti-coronavirus. Secondo lei sono messaggi destinati a cadere nel vuoto o rischiano di impaurire definitivamente i genitori che ancora non sono convinti di vaccinare i propri figli?
“Credo che man mano che usciranno i dati questa paura progressivamente si ridurrà, come si è ridotta anche nei soggetti adulti. È chiaro che nei bambini si ha sempre una maggiore attenzione, sia da parte della sanità, che non a caso ha autorizzato successivamente il vaccino nei bambini più piccoli – anche perché successivamente sono stati fatti gli studi – sia da parte dal genitore stesso, che ovviamente è più propenso a vaccinare se stesso ed è un po’ più timoroso quando si parla del proprio figliolo”.
Andreoni vuole, però, ricordare che “nella classe di vaccinazione delle età più piccole si parla ormai di più di 10 milioni di soggetti vaccinati in tutto il mondo. Quello che si sta segnalando sempre di più riguarda invece gli effetti gravi della malattia, anche nei bambini più piccoli. Quindi il sommarsi di queste due cose, cioè l’esperienza che si fa su una numerosità sempre più grande e il fatto che siano segnalati casi gravi nei bambini, credo che porterà sempre di più le persone a vaccinarsi e a non andare appresso a notizie che non hanno fondamento”.
Professore, prima ha parlato di rischio eventuale anche da assunzione di farmaci. Esiste un rischio tossigenicità anche per i farmaci da banco?
“Effetti sulla genotossicità, che è sempre molto difficile a dimostrarsi e a comprendersi, idealmente possono essere fatti da tante sostanze diverse, addirittura anche da alcuni eccipienti presenti nei farmaci. La compressa che noi prendiamo non è costituita solo da farmaco ma anche da eccipienti. Su questi sono stati fatti numerosi studi, ma chiunque potrebbe sostenere che dopo 30 anni di assunzione di un farmaco da banco alla fine quello stesso farmaco possa far sviluppare un tumore su base genica. Potrebbe dirlo chiedendo di trovare dati che vadano contro questa affermazione”.
“Sono, però, sempre affermazioni che lasciano il tempo che trovano, perché i farmaci e i vaccini che utilizziamo hanno un costo-beneficio superiore a qualsiasi possibile ipotesi di danno a distanza. E se fosse così, insisto a dire, non utilizzeremmo alcun nuovo farmaco prima che questo farmaco abbia trenta, quaranta anni di sperimentazione che, tra l’altro, non capisco sui chi dovrebbe essere fatta. Si tratta di discorsi pretestuosi fatti per cercare di difendere una posizione, che può essere rispettabile ma che deve essere portata con argomentazioni che scientificamente devono essere più valide”.
I farmaci vengono approvati “dopo una sperimentazione che viene ritenuta sufficiente da organi terzi, cioè da persone che non hanno interessi specifici sulla commercializzazione di quel farmaco – ribadisce Andreoni – persone specialiste nell’argomento e che valgono molto di più di chiunque di noi parli in maniera non appropriata quando si sofferma su queste cose”.
Prof. Andreoni, allora perché tutto questo polverone sulla eventuale tossigenicità dei vaccini anti Covid-19 non viene alzato sulla eventuale tossigenicità dei farmaci da banco?
“Certamente perché in questo momento il vaccino anti Covid è un argomento di enorme interesse e di grande visibilità. Quindi, ognuno si bea a parlare di queste cose perché ha una visibilità parlando di queste tematiche e questo può essere detto anche per me stesso ovviamente, ognuno può ritenere quello che crede. Ritengo che ognuno debba avere le proprie competenze e le proprie specificità. Certamente nessuno di noi fa prescrizioni a cuor leggero, ognuno di noi è abituato a fare le prescrizioni quando i farmaci e i vaccini, secondo quelle che sono le regole che la scienza ci dà, hanno dimostrato prove inconfutabili di efficacia”.
“Parlare sul possibile rischio di un farmaco da banco non raccoglierebbe ovviamente grande interesse, anche perché poi I cittadini sono talmente abituati a prenderlo che chi lo dice sarebbe magari poco creduto. Invece è facile ‘sparare’ contro un nuovo farmaco o un nuovo vaccino perché evidentemente non c’è ancora quella abitudine all’assunzione o alla somministrazione che renderebbe poco credibile chi ne discute. Quindi, parlare su cose nuove, fare affermazioni fantasiose è uno sport semplice che, normalmente, riesce bene a chi si dedica a queste cose”, conclude Andreoni.
(fonte: Agenzia Dire)