Roma, 23 marzo 2021 – Ripartiamo con la seconda settimana di zona rossa in gran parte del Paese e i 386 morti nelle ultime 24 ore. Mentre la campagna vaccinale prosegue a macchia di leopardo con disomogeneità importanti, l’EMA ha da poco annunciato che valuterà l’efficacia del vaccino russo Sputnik.
Ma quali sono le differenze tra un vaccino e l’altro? E perché sui fragili si utilizzano solo i vaccini che sfruttano le piattaforme che si basano sull’Rna Messaggero, vedi Pfizer e Moderna, piuttosto che il tanto discusso vaccino di AstraZeneca? Perché una persona vaccinata può infettarsi e con quali esiti? L’agenzia di stampa Dire ha cercato di fare chiarezza con il prof. Maurizio Sanguinetti, Direttore del Dipartimento di Scienze di laboratorio infettivologiche del Policlinico Gemelli di Roma.
Solo qualche giorno fa il Ministro della Salute Speranza ha dichiarato che “la fine dell’incubo è più vicina”. I numeri e la circolazione delle varianti hanno imposto ancora nuove limitazioni. Al Policlinico Gemelli sta cambiando la pressione sulla TI e sub intensiva? E qual è l’età media dei pazienti che in questa fase vengono ricoverati?
Noi siamo un centro di riferimento per la regione Lazio e quindi bisogna tener conto di questo quando si contano i pazienti ricoverati. In ogni caso abbiamo avuto una crescita di ricoveri in terapia intensiva e si è registrato una riduzione dell’età dei pazienti ricoverati fra i 50 e i 60 anni.
È ripartita dopo il doppio ok di Ema e Aifa la campagna vaccinale con il vaccino AstraZeneca. Non per fare polemica, ma alla fine cambierà il foglietto illustrativo e forse abbiamo perso giorni utili per vaccinare visto che andavamo già lenti. Molti però si chiedono perché questo vaccino che sfrutta in teoria delle piattaforme vaccinali già ‘rodate’ è stato molto chiacchierato e si preferisce inoculare alle categorie fragili e over 80 quelle con quelli che sfruttano l’Rna messaggero? Ci può aiutare a capire in modo semplice le differenze tra un vaccino e l’altro anche in termini di efficacia/sicurezza?
Il punto di riferimento è sempre l’approvazione da parte degli enti regolatori secondo i dettami imposti dall’OMS. Tutti i vaccini approvati rispettano questi dettami. In Europa altri vaccini come ad esempio lo Sputnik russo sono in corso ancora di validazione. Anche quest’ultimo ‘stop and go’ ha creato giustamente confusione e allarme nella popolazione generale ma questa pausa deve essere vista positivamente perché dimostra che sui vaccini c’è una farmacovigilanza in atto molto attenta e quindi appena si è verificato, qualcosa che sarebbe potuto essere pericoloso, è stato valutato attentamente e risolto.
Lo ‘stop and go’ dunque è stato positivo. Le persone possono stare tranquille rispetto alla sicurezza dei vaccini. Perché se ne usano diversi? Il discorso è semplice dovendo vaccinare per primi i pazienti fragili più a rischio di sviluppare l’infezione si è deciso di utilizzare quei vaccini che ad inizio campagna vaccinale erano più facilmente disponibili in termini di fornitura e cioè il vaccino di Pfizer e di Moderna e non quello di AstraZeneca perché sarebbe stato fornito successivamente.
Dunque si può evincere che non c’è nessuna differenza dal punto di vista dell’efficacia ma solo una questione organizzativa. Voglio dire anche che l’organizzazione della vaccinazione, seppur con qualche problematica in alcune parti d’Italia, sta viaggiando in modo efficace, al momento è piuttosto la fornitura di vaccini ad essere il problema.
Secondo le ultime notizie arriverà nella seconda metà di aprile anche J&J, a metà aprile lo Sputnik sarà invece testato allo Spallanzani. Sta di fatto che i malati oncologici, oncoematologici e altre categorie di fragili non sono ancora stati vaccinati, eccetto in alcuni nosocomi. Sulla base di questo, secondo lei quando sarà il turno delle fasce più giovani dei lavoratori e degli studenti saranno vaccinate? Insomma la strada verso la normalità sembra lontana, la disomogenità tra regioni fanno il resto. Quale potrebbe essere secondo lei la ‘ricetta’ vincente per arrivare a tutti e presto?
I punti fondamentali sono due, il primo avere una fornitura continua e regolare di dosi vaccinali. Ben venga l’avvento del vaccino J&J già approvato dall’ente regolatorio che possiede il vantaggio di essere peraltro monodose e quindi più maneggevole, ma se idoneo anche l’arrivo del vaccino russo.
È fondamentale avere più vaccini possibili per velocizzare la campagna vaccinale e renderla capillare sul territorio. In questo senso da esperienze europee si è visto che questo è possibile quindi vaccinare un grande numero di persone. Il nuovo commissario, il generale Figliuolo ci ha rassicurato da questo punto di vista e si stima perciò che entro l’estate sarà vaccinato circa il 70% della popolazione. Ciò è auspicabile anche per ridurre e interrompere la circolazione del virus.
Potrebbe esserci il rischio della quarta ondata a causa delle varianti? A Natale prossimo saremo relativamente liberi dal virus tanto da riunirci tutti insieme a mangiare il panettone?
Non vorrei dire qualcosa di ‘impegnativo’, ma se non ci dovessimo riunire neanche a Natale prossimo per il panettone sarei davvero preoccupato perché significherebbe qualcosa di molto negativo. Questa ipotesi nella mia mente non c’è. E poi non parlerei di una quarta ondata perché io dico che siamo ancora ‘dentro’ la seconda ondata.
Le ondate si misurano se i casi vanno a zero e questo non è mai accaduto nel nostro Paese. Solo l’estate scorsa abbiamo avuto a giugno e soprattutto luglio e inizio di agosto una riduzione dei casi. Ricordo che al Policlinico Gemelli solo qualche giorno i casi sono stati pari a zero. Ma come sappiamo questo trend non si è mai mantenuto così e tra la seconda e la terza ondata, parliamoci chiaro, non c’è una grande differenza, tanto che io parlerei di fluttuazione delle positività.
La possibile importanza delle varianti è stata abbondantemente stressata. È chiaro che vaccinando il più possibile un gran numero di persone riusciamo a ridurre la genesi e la circolazione delle varianti. Quello che bisogna fare è monitorare attentamente la situazione e valutare se queste varianti ed eventuali infezioni di persone già vaccinate si verificano in gran numero.
Ricordiamo che anche la persona vaccinata può infettarsi. È una cosa assolutamente possibile, infatti anche il migliore trial clinico riduceva del 95% e non del tutto la possibilità di infezione ma si tratta di infezioni paucisintomatiche o addirittura senza sintomi. In nessun caso tra questi vaccinati, risultati positivi al Covid-19, c’è stata ospedalizzazione o morte, questo ci deve rassicurare. Per questo voglio sperare che a Natale prossimo potremo nuovamente riunirci e lasciarci alle spalle questa storia drammatica per il mondo intero.
Di cosa fare tesoro?
È importante non abbassare la guardia anche per quello che deve essere la costruzione di una ‘infrastruttura’ per il futuro. Dobbiamo imparare da questa pandemia che è necessario pensare a una migliore organizzazione, centralizzazione dell’intervento piuttosto che demandare alla gestione regionale, risultata a volte problematica, e poi potenziare la diagnostica affidandola a persone competenti ed esperte nel campo. È importante anche perché la possibilità di situazioni simili a questa che stiamo vivendo è sempre possibile.
(fonte: Agenzia Dire)
Bisogna investire in una diagnostica capillare che nel corso di questa pandemia avrebbe potuto ridurre significativamente o eliminare la problematica che stiamo vivendo. Non dimentichiamo gli esempi di Taiwan, della Corea, della Nuova Zelanda e dell’Australia, dove questo piano è stato posto in atto e infatti sono Paesi in cui il numero di casi positivi al SARS-CoV 2 è veramente basso.