Uomini in fuga

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Nicoletta Cocco

I poveri, i disoccupati, i tossicodipendenti, gli alcolisti… non basta certo questo spazio a enumerare tutte le categorie che compongono quella fetta di popolazione che vive ai margini della società, in condizioni disperate. Né tuttavia si può ignorare quella categoria che va ad incrementare questa fetta e che rappresenta una realtà silenziosa, trascurata, diciamo pure ignorata, eppure maledettamente drammatica: le madri sole!
Donne abbandonate dai propri compagni, che improvvisamente si ritrovano a crescere da sole i propri figli, spesso in condizioni disagiate.

Quello delle madri sole è un tema che necessiterebbe di un riconoscimento e di un intervento pubblico, anche attraverso un’efficace azione legislativa che si occupasse direttamente del fenomeno. Attualmente, strategia fondamentale è il sostegno che ricevono dalle famiglie di origine. Queste donne sole sono capaci, il più delle volte, di vestire anche i panni dell’uomo, ormai femminilizzato o eternamente bambino.

Care donne, sono finiti gli “uomini-maschi” e i principi azzurri, sempre più in fuga dal loro ruolo e a caccia disperata dell’eterna giovinezza.

Ma chi è l’uomo che fugge di fronte alle proprie responsabilità? È un immaturo, manca di consapevolezza di se stesso, è un uomo anaffettivo, non è stato educato ad amare, stenta quindi a riconoscere l’amore di una donna, alla quale potrà anche legarsi, ma senza mai amarla veramente, perché è cresciuto idolatrando e amando solo sua madre (lei è unica e irripetibile).

È un uomo sentimentalmente decerebrato, se lo si osserva attentamente invia segnali inequivocabili: sempre stanco, non cammina, bensì si “trascina”, il baricentro del suo corpo leggermente spostato in avanti, lo sguardo costantemente perso nel vuoto perché ama mantenere un distacco dalla realtà. Le sue capacità relazionali brillano esclusivamente e improvvisamente con i suoi amici, laddove non deve assumersi alcuna responsabilità, se non, raramente, quella della scelta del locale da frequentare.

Alla totale incapacità di amare di questo tipo di uomo, corrisponde, il più delle volte, una totale dedizione al lavoro, che rappresenta il suo unico scopo di vita e nel quale si è dovuto rifugiare, avendo così una scusante pseudo-plausibile alla quale appellarsi nel caso qualcuno gli rinfacciasse mai qualcosa. È una fascia generazionale di uomini cresciuti con questo credo, non avendo la minima consapevolezza dei danni psico-emotivi che il loro stile di vita creerà su loro stessi ed eventualmente sui loro figli futuri.

A questi uomini in fuga vorrei ricordare che la vita non è solo lavoro, ma anche amore.
Occorrono uomini e donne per allevare figli, non imprenditori e faccendieri, né menefreghisti e immaturi. Occorre consapevolezza di se stessi e dei propri figli.

Nicoletta Cocco

Direttore responsabile insalutenews.it

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