Dallo studio comparato sui vulcani Kīlauea (Hawai), Piton de la Fournaise (La Réunion) ed Etna (Italia), individuate le dinamiche dell’instabilità di fianco di diversi edifici vulcanici. I risultati di questo nuovo approccio, realizzato da un team di ricercatori INGV, USGS, IPGP, sono stati pubblicati su Journal of Volcanology and Geothermal Research
Roma, 2 agosto 2017 – Individuati alcuni meccanismi comuni che innescano e condizionano le dinamiche dell’instabilità di fianco, persistente e continua, presenti su parecchi edifici vulcanici, mettendo a confronto vulcani diversi in termini di dimensione, attività eruttiva e contesto geodinamico regionale.
Sono i risultati dello studio, a firma Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), United States Geological Survey (USGS), IPGP francese, pubblicato su Journal of Volcanology and Geothermal Research.
La dinamica dei fianchi degli edifici vulcanici rappresenta un importante elemento di pericolosità. Oltre a condizionare la propagazione di fratture che non solo possono generare terremoti e dissesti fino ai versanti più bassi ma alimentare pericolose eruzioni laterali (come se ne osservano frequentemente all’Etna), l’instabilità di fianco può evolvere a tal punto da generare un vero e proprio collasso laterale dell’edificio, uno degli eventi vulcanici e naturali in genere più distruttivi e pericolosi.
“Questo lavoro – afferma Alessandro Bonforte, ricercatore dell’INGV- Sezione di Catania – analizza, tramite uno studio comparato su tre vulcani, tra i meglio studiati al mondo, Kīlauea (Hawaii), Piton de la Fournaise (La Réunion), Etna (Italia), le dinamiche dell’instabilità di fianco persistente e continua che si osserva su parecchi edifici vulcanici”.
Lo scopo è individuare i meccanismi comuni che innescano e condizionano questa dinamica, mettendo a confronto vulcani molto diversi in termini di dimensione, attività eruttiva e contesto geodinamico regionale.
“I tre vulcani analizzati sono molto attivi e presentano tutti un’evoluzione complessa, caratterizzata, per lo più, dallo spostamento nel tempo del centro eruttivo. Nonostante ciò, sono molto diversi tra loro, sia in termini di dimensioni e volumi sia per contesto geodinamico. Riguardo a quest’ultimo aspetto, l’Etna rappresenta l’elemento più complesso, essendosi sviluppato in un contesto dinamico di collisione attiva tra Africa ed Europa, al margine tra crosta continentale e oceanica, rispetto a un semplice edificio che si accresce indisturbato su un substrato stabile e che si deforma solo sotto il proprio stesso peso”, prosegue Bonforte.
Tutte le informazioni disponibili, dai dati bibliografici a quelli geologici e geofisici, sono state correlate alle misurazioni, grazie alle reti di monitoraggio, delle diverse velocità di movimento di fianco.
“Per la prima volta sono state messe a confronto dinamiche relative a vulcani differenti, seppur caratterizzati da instabilità di fianco persistente, cercando di quantificare e parametrizzare i fenomeni osservati e misurati. Un primo approccio di analisi comparata per comprendere gli elementi scatenanti dei fenomeni di instabilità e i processi che ne possono condizionare la possibile evoluzione verso un fenomeno stabile e lento o verso un collasso repentino e violento”, conclude il ricercatore.