“Mi importa di te”, dice il “cervello morale” degli autistici
Trieste, 29 marzo 2016 – Gli autistici sono freddi e non provano empatia. Si? Non è vero. È uno stereotipo duro a morire, ma la realtà, quando viene analizzata attraverso la lente della scienza, appare diversa. Secondo uno studio della SISSA (Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati) in collaborazione con l’Università di Vienna il tratto autistico nelle situazioni di “dilemma morale” è associato a una risposta empatica simile a quella della popolazione normale. Il falso mito sulla freddezza degli autistici è probabilmente dovuto all’alessitimia, un tratto subclinico spesso associato all’autismo, ma distinto e presente anche nelle persone “normali”, che provoca l’incapacità di riconoscere le emozioni degli altri e le proprie. Lo studio è stato pubblicato su Scientific Reports.
Secondo le “Families against autistic shooters” (famiglie contro gli aggressori a mano armata autistici) gli autistici “sono macchine per uccidere fredde e calcolatrici che non hanno a cuore la vita umana”. Questa associazione nasce nell’isteria collettiva provocata dall’ennesima sparatoria di massa in una scuola americana, compiuta in questo caso specifico da un ragazzo di 26 anni nell’ottobre dell’anno scorso, che, come è stato dichiarato successivamente, era affetto da disturbo autistico. Lo stigma sociale verso le persone autistiche è ancora molto forte nella società, spesso questi individui vengono descritti come freddi, asociali, disinteressati agli altri, e questo non fa che peggiorare la loro condizione di isolamento.
Ma è proprio vero che chi è affetto da autismo non ha a cuore la sofferenza degli altri? “Secondo i nostri studi è vero proprio il contrario: il tratto autistico è associato a una riposta empatica normale verso gli altri e a una tendenza più forte della media a evitare di fare male agli altri – spiega Indrajeet Patil, ricercatore della SISSA e primo autore di una ricerca appena pubblicata su Scientific Reports – Lo stereotipo, sbagliato, è probabilmente dovuto a un altro tratto caratteristico, che si trova spesso nella popolazione autistica, ma talvolta anche in quella sana, ossia l’alessitimia”.
L’autismo è un disturbo neuropsichiatrico a spettro ampissimo, che accomuna individui con gradi diversissimi nelle abilità cognitive (si va delle persone con forte ritardo a quelle con intelligenza superiore alla media), i cui criteri diagnostici sono mutati nel corso dei decenni (diventando via via più specifici). L’alessitimia invece è un tratto “subclinico” (non una malattia, cioè), presente nella popolazione normale e anche negli autistici (in questi ultimi con un’incidenza di circa il 50%) e si manifesta con una mancanza di comprensione delle emozioni proprie e altrui.
“A lungo le manifestazioni dell’alessitimia nei pazienti sono state confuse con i sintomi autistici, ma oggi sappiamo che vanno distinte – spiega Giorgia Silani, neuroscienziata ex-SISSA che ora lavora all’Università di Vienna, che ha coordinato la ricerca – Nell’alessitimia la comprensione delle emozioni è ridotta. Nell’autismo invece sappiamo che quello che è deficitario è la teoria della mente, cioè la capacità di attribuire agli altri pensieri e stati mentali”.
Dilemmi morali
Nello studio, Patil, Silani e colleghi hanno sottoposto alcune persone autistiche ad alto funzionamento (con un QI elevato) a dei dilemmi morali. Un dilemma morale è una situazione ipotetica in cui il protagonista deve prendere una decisione che potrà salvare la vita di qualcuno, sacrificando quella di altri individui. Nel classico dilemma morale si deve decidere se compiere volontariamente un’azione che provoca la morte di una persona, salvando però un numero consistente di altre, o non fare nulla, non uccidendo deliberatamente ma finendo per provocare la morte delle altre. Un atteggiamento razionale “puro” prevede la scelta dell’azione volontaria (utilitaristica), ma un atteggiamento “empatico” impedisce alla maggior parte delle persone di scegliere di uccidere volontariamente. Negli esperimenti di Patil e Silani erano cruciali i dilemmi morali personali.
Nella ricerca sono state utilizzate tecniche avanzate di modellizzazione statistica per dissociare gli effetti dei tratti autistici e alessitimici e osservare in che modo sono in relazione con i giudizi morali. I risultati hanno mostrato che l’alessitimia è associata a scelte di tipo utilitaristico dovuta alla ridotta risposta empatica, mentre il tratto autistico è legato a una forte opposizione alla scelta utilitaristica, dovuta a un aumento dello stress a livello personale. “L’autismo è associato a un forte stress emotivo in risposta a queste situazioni per cui l’individuo tende a evitare di compiere azioni dannose”, spiega Patil.
Gli autori concordano sul fatto che bisogna affinare gli strumenti per individuare e distinguere l’alessitimia dal disturbo autistico. Il loro lavoro, aggiungono, è solo il primo passo nel tentativo di definire un modello che spieghi il complesso rapporto fra vari tratti di personalità mutualmente dipendenti, che aprirà nuove strade per la ricerca futura.
fonte: ufficio stampa