UILDM in campo per la difesa dei diritti delle donne con disabilità

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Milano, 6 marzo 2018 – In Italia le donne disabili, circa un milione e 700mila, sono vittime di una discriminazione multipla: come donne condividono la mancanza di pari opportunità che prevale nella nostra società e come persone con disabilità soffrono di restrizioni e limiti alla partecipazione sociale.

“Le donne disabili affrontano molte più difficoltà, rispetto sia alle altre donne (senza disabilità) sia agli uomini (con o senza disabilità), per conseguire l’accesso ad un alloggio adeguato, alla salute, all’istruzione, alla formazione professionale e all’occupazione”, dichiara Stefania Pedroni, vicepresidente nazionale UILDM (Unione italiana lotta alla distrofia muscolare).

Per questi motivi, in occasione della giornata internazionale della donna, UILDM rilancia il secondo manifesto sui diritti delle donne e delle ragazze con disabilità nell’Unione Europea. Uno strumento per attivisti e politici, adottato a Budapest dall’Assemblea Generale del Forum Europeo sulla Disabilità (EDF), una Ong indipendente che rappresenta gli interessi dei circa 80 milioni di cittadini europei con disabilità.

Ratificato ufficialmente nel settembre 2017 da UILDM nella sua traduzione italiana a cura del centro “Informare un’h”, il documento è diviso in 18 aree tematiche che contengono indicazioni sulle modalità operative più utili a promuovere una cultura a favore dell’inclusione e della parità di genere delle donne disabili: si passa dall’uguaglianza e non discriminazione, all’accessibilità; dal pari riconoscimento davanti alla legge e accesso effettivo alla giustizia, alla violenza contro le donne; dall’istruzione, alla salute; dal lavoro ed occupazione, all’accesso alla cultura allo sport e al tempo libero.

Temi che rappresentano in pieno le molteplici istanze delle donne con disabilità che UILDM porta avanti attraverso il Gruppo Donne attivo dal 1998.

“Nonostante il nostro Paese abbia introdotto norme migliorative, in particolar modo in termini di lavoro e occupazione, e istituito l’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità, c’è ancora molto da fare per il pieno raggiungimento dei nostri diritti e per la nostra integrazione nella vita sociale e lavorativa”, continua Stefania Pedroni.

In particolare, solo per citare alcuni temi del Manifesto, per quanto riguarda il diritto al lavoro, secondo gli ultimi dati Istat disponibili, solo il 35,1% delle donne con limitazioni funzionali, invalidità o malattie croniche gravi lavora, a fronte del già limitato 52,5% degli uomini nelle stesse condizioni. Esse non solo hanno le stesse difficoltà degli uomini disabili nell’accedere al mondo del lavoro (pregiudizi riguardo alla disabilità, inaccessibilità degli ambienti e delle strumentazioni di lavoro, mancanza di sevizi per la mobilità, carenza dei servizi di assistenza alla persona, etc.) ma ne hanno anche di ulteriori dovute al loro essere donna (sessismo; penalizzazioni se la donna pensa di crearsi una famiglia propria con dei figli; minore retribuzione rispetto agli uomini a parità di mansioni, etc.).

Per quanto riguarda invece il diritto alla salute per le donne con disabilità, questo si scontra ancora oggi con competenze, strumentazioni e adattamenti organizzativi in molti centri ospedalieri ancora inadeguati. Lo dimostra anche l’indagine del Coordinamento del Gruppo Donne UILDM, condotta nel 2013, allo scopo di scoprire le principali difficoltà incontrate dalle donne disabili nell’accesso ai servizi di ginecologia e ostetricia.

Dall’indagine è emerso che il 42,62% del campione (composto da 61 strutture ed enti sanitari pubblici appartenenti a regioni di tutta Italia), non dispone di un bagno accessibile; il 52,46% ha una reception ma in 7 casi è stata segnalata la presenza di ostacoli lungo il percorso per raggiungerla e in altrettanti risultati, impossibile avvicinarsi al banco informazioni se si usa una seda a rotelle.

Altro tema importante affrontato nel Manifesto è la violenza esercitata sulle donne con disabilità che, sebbene molto diffusa, non viene quasi mai contemplata. Questo perché vi è il pregiudizio secondo cui il corpo di una donna disabile non è né femminile né tantomeno desiderabile. Pertanto per loro non sono previsti né controlli e visite ginecologiche, né alcuna educazione sessuale.

Vi è poi la fragilità psicologica, procurata dalla loro condizione, che le rende più vulnerabili e quindi prede più facili per gli aggressori. Spesso, purtroppo, sono proprio gli uomini che si prendono cura di loro ad approfittare di loro. Per questo motivo, la violenza sulle donne disabili non viene quasi mai denunciata (solo nel 10 per cento dei casi). Eppure l’Istat rileva che il rischio di subire stupri è più che doppio per le donne con disabilità: il 10% contro il 4,7% delle donne senza limitazioni funzionali. E i rischi aumentano anche in caso di stalking: il 21,6% delle donne con disabilità ha subito comportamenti persecutori contro circa il 14% delle altre donne.

“Purtroppo però all’interno del Secondo programma di azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità, pubblicato in Gazzetta Ufficiale nel dicembre scorso mancano riferimenti e azioni di contrasto alla violenza nei confronti delle ragazze e delle donne con disabilità – continua Stefania Pedroni – È fondamentale che ognuna e ognuno, per quanto di propria competenza, e a tutti i livelli, si adoperi per fare in modo che la discriminazione non abbia più posto e che la nostra società sia basata sul rispetto dei diritti civili ed umani di tutte le persone”, conclude.

I punti del manifesto

  1. Uguaglianza e non discriminazione
  2. Sensibilizzazione, mass media ed immagine sociale
  3. Accessibilità
  4. Situazioni di rischio ed emergenze umanitarie
  5. Pari riconoscimento davanti alla legge ed accesso effettivo alla giustizia
  6. Violenza contro le donne
  7. Vivere nella comunità
  8. Diritti sessuali e riproduttivi
  9. Istruzione
  10. Salute
  11. Abilitazione e riabilitazione
  12. Lavoro ed occupazione
  13. Standard adeguati di vita e di protezione sociale
  14. Emancipazione e ruolo di guida
  15. Accesso alla cultura allo sport ed al tempo libero
  16. Intersezionalità, genere e disabilità
  17. Raccolta di dati e statistiche
  18. Cooperazione internazionale
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