La ricerca scientifica conferma che la sessualità non è solo qualità di vita, ma è una funzione fondamentale per la salute della donna a cui non si dovrebbe rinunciare durante e dopo le cure oncologiche
Milano, 12 ottobre 2017 – Le donne di ogni età che si trovano ad affrontare un tumore hanno il diritto di vedere preservata la loro sessualità: questa è la sintesi del manifesto in nove punti dell’American Journal of Obstetrics and Gynecology, che l’Istituto Europeo di Oncologia rilancia il prossimo 16 ottobre, in occasione del seminario “Benessere sessuale durante le cure oncologiche”, nell’ambito dell’ottobre rosa 2017. È la sessualità femminile infatti ad essere più a rischio in caso di tumore.
“Da anni i medici americani sono impegnati nel dimostrare scientificamente che la sessualità ha una funzione centrale nel mantenimento della salute e che i trattamenti anticancro possono danneggiarla gravemente, più frequentemente nella donna che nell’uomo – spiega Eleonora Preti, dell’Unità di Ginecologia Preventiva IEO – Con l’aiuto delle associazioni dei pazienti, molto potenti negli USA, sono state promosse campagne informative con l’obiettivo di spingere le pazienti oncologiche a chiedere apertamente ai medici di preservare la loro sessualità, mettendo in campo le terapie più avanzate. Da noi siamo un passo indietro. In Italia, in generale, i problemi della sessualità non rientrano nella sfera del dialogo medico-paziente, e vengono considerati poco rilevanti , o troppo intimi, anche dalle stesse pazienti. Al contrario noi vorremmo invitare le donne a non rinunciare alla loro attività sessuale durante e dopo la malattia e a non aspettare che il problema si presenti. È molto meglio affrontare il tema della sessualità prima di sottoporsi alle cure, per prevenire, ove possibile, i disturbi più frequenti”.
I possibili effetti negativi delle cure oncologiche sulla sessualità femminile sono numerosi e vanno dalla irregolarità nel ciclo mestruale, la menopausa precoce, i disturbi del sonno, i cambiamenti nel peso e nell’immagine corporea, la perdita della normale sensibilità della pelle, fino alla perdita del ruolo sociale e familiare.
“Certamente il problema è prima di tutto la cultura dei medici – continua Federica Ferrari, Psiconcologa IEO – che devono prima di tutto informarsi e poi formarsi per attivare un dialogo profondo sulla sessualità. Qui entra in gioco il ruolo dello psicologo che dovrebbe sempre affiancare il clinico nei colloqui principali con la paziente. La sessualità infatti non è solo l’atto sessuale ma è qualcosa di ben più complesso: è intimità, confidenza, istinto, autostima. L’OMS definisce la salute sessuale “uno stato di benessere fisico, emotivo, mentale e sociale” e non solo l’assenza di disfunzioni. Tuttavia sarebbe già un passo avanti se il medico parlasse dei problemi a livello fisico, come avviene abitualmente per gli uomini nel caso di cancro della prostata. La maggioranza delle donne invece non riceve informazioni né proposte di intervento pretrattamento oncologico, per preservare o recuperare velocemente la sua funzione sessuale”.
“Il nostro obiettivo finale – conclude Preti – è aiutare le pazienti a recuperare in pieno la loro salute dopo un tumore, compresa la salute sessuale. Perché, come dicono gli americani, superare un tumore non significa solo sopravvivere, ma tornare a vivere”.