L’Associazione Italiana di Oncologia Medica -AIOM ha realizzato un volume con 100 domande su questa arma contro i tumori. Il presidente Carmine Pinto: “Questi farmaci sono innovativi e insostituibili nella cura della maggioranza delle neoplasie. Possono essere utilizzati in combinazione con le nuove terapie e abbiamo a disposizione trattamenti complementari che riducono disturbi come nausea e vomito”
Milano, 13 luglio 2017 – L’87% degli italiani sa cos’è la chemioterapia, ma per il 68% questi farmaci contro il cancro fanno ancora paura e il 78% ignora che oggi sono più ‘dolci’ rispetto al passato perché più efficaci e meno tossici.
È la fotografia del livello di conoscenza di una delle principali armi contro il cancro scattata dall’Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) in un sondaggio che ha coinvolto 1.010 cittadini. E per far capire come la cura farmacologica contro i tumori sia cambiata la società scientifica ha realizzato il libro “Chemioterapia 100 domande 100 risposte”, disponibile sul sito www.aiom.it.
“Gli importanti progressi registrati negli ultimi decenni possono essere ricondotti ai continui passi in avanti nella prevenzione, diagnosi e terapia dei tumori, che include a pieno titolo la chemioterapia, ancora oggi arma fondamentale e con aspetti di innovatività da non trascurare – sottolinea il prof. Carmine Pinto, presidente nazionale AIOM – Questo libro con le 100 domande e risposte sulla chemioterapia e sul ‘pianeta’ cancro vuole essere una guida per tutti i cittadini per comprendere a fondo la terapia che in più di 70 anni ha rappresentato il cardine della lotta ai tumori e che è ancora insostituibile nella cura della maggioranza delle neoplasie. Negli anni sono state diffuse false informazioni o mistificazioni prive di fondamento per screditarne l’efficacia e allontanare o demotivare i pazienti. Contemporaneamente abbiamo anche assistito alla pericolosa diffusione di teorie pseudoscientifiche sulle cure miracolose del cancro. Sulla chemioterapia inoltre grava lo stigma di una cura con ‘pesanti’ effetti collaterali che spesso fanno paura più del cancro stesso, reminiscenza del passato e molto lontano dalle attuali possibilità terapeutiche”.
Il sondaggio evidenzia la scarsa conoscenza degli italiani sull’evoluzione che ha interessato quest’arma: per il 53% non permette di condurre una vita “normale” e per il 37% è un trattamento ormai superato.
“La chemioterapia – spiega il prof. Pinto – si è continuamente sviluppata e innovata, non è più quella di 30 anni fa, è più ‘dolce’. Inoltre oggi abbiamo a disposizione trattamenti complementari che ne riducono in maniera rilevante gli effetti collaterali come la nausea e il vomito. Con le dovute differenze a seconda del tipo di tumore, dello stadio della malattia e della finalità della cura, sono disponibili terapie che non provocano la caduta dei capelli, altre che rispettano la produzione di globuli bianchi e rossi e piastrine da parte del midollo osseo, o sono meno impattanti per le mucose. Non è certamente una modalità di cura superata. Malgrado i progressi ottenuti con altre terapie, per esempio con i farmaci a target molecolare e l’immuno-oncologia, si continua a fare ricerca in quest’ambito. Oggi infatti molti nuovi trattamenti sono somministrati in combinazione o in sequenza con la chemioterapia ‘più tradizionale’. Più armi quindi insieme per ridurre e migliorare i sintomi come dolore, dispnea, disfagia, prolungare la vita e migliorare le percentuali di guarigioni dopo la chirurgia in un sempre più elevato numero di malati”.
Nel 2016 in Italia sono stati stimati 365.800 nuovi casi di tumore: il 63% delle donne ed il 54% degli uomini sconfiggono la malattia. Buona parte dei progressi compiuti dall’oncologia mondiale negli ultimi decenni sono stati ottenuti proprio grazie alla chemioterapia, che rappresenta ancora oggi una terapia efficace nel trattamento di alcuni dei tumori più frequenti come quelli del seno, del colon-retto, del polmone e della prostata.
“Nel rispetto delle scelte del paziente – conclude il prof. Pinto – i clinici devono lavorare per fornire ai malati corrette informazioni, sapendone ascoltare i bisogni, le speranze e le paure, per una piena condivisione del progetto di cura e per evitare perdita di fiducia o rinuncia alle terapie o che diventino preda di promesse terapeutiche infondate”.