Dott. Andrea Ferrari, oncologo dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano: “Per fare di più serve una reale cooperazione con le società scientifiche che si occupano di tumori nell’adulto e un riconoscimento istituzionale per i nuovi modelli terapeutici”
Bologna, 15 febbraio 2020 – La percentuale di adolescenti malati di tumore curati nei centri AIEOP rispetto ai casi attesi in Italia è passata dal 10% nel periodo 1989-2006 al 28% nel periodo 2007-2012 per arrivare infine al 37% negli anni compresi tra il 2013 e il 2017.
È quanto emerge da uno studio italiano dal titolo “Evolving services for adolescents with cancer in Italy: access to pediatric oncology centers and dedicated projects”, pubblicato di recente dalla rivista americana Journal of Adolescent and Young Adult Oncology e reso noto dall’Associazione Italiana Ematologia e Oncologia Pediatrica – la società scientifica che dal 1975 si occupa, attraverso una rete collaborativa nazionale, della ricerca e della cura dei tumori pediatrici – in occasione della Giornata Mondiale contro il Cancro Infantile.
Lo studio, oltre a dimostrare come sia migliorato sensibilmente l’accesso alle cure dei pazienti in età adolescenziale, evidenzia anche un altro dato interessante, ovvero che attualmente solo una minoranza di centri AIEOP pone restrizioni all’ammissione di minori di 18 anni, al punto che i limiti di età, prima considerati una barriera insormontabile, sembrano essere oggi un problema in gran parte superato.
Inoltre, mentre fino a pochi anni fa esistevano in Italia solo due progetti dedicati – nello specifico il Progetto Giovani dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e l’Area Giovani del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano – oggi esistono ben 19 centri AIEOP che, partendo dal modello delle due strutture pilota, hanno sviluppato un programma specifico per gli adolescenti.
“Questi risultati – dichiara il dott. Andrea Ferrari, oncologo dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano e coordinatore della Commissione Adolescenti AIEOP, nonché primo autore dello studio – confermano come gli adolescenti con malattia onco-ematologica siano interesse prioritario della nostra associazione, che vuole attivare un’azione istituzionale per far sì che i loro problemi diventino parte integrante dei percorsi organizzativi oncologici regionali e nazionali. La realizzazione di una effettiva cooperazione con le società scientifiche che si occupano di tumori nell’adulto e il riconoscimento istituzionale per la sostenibilità del modello di cura proposto per gli adolescenti restano le sfide da affrontare per il futuro”.
Lo studio AIEOP rafforza la consapevolezza, ormai consolidatasi nell’ultimo decennio all’interno della comunità scientifica internazionale, secondo cui gli adolescenti rappresentino un sottogruppo di pazienti particolare, con problematiche epidemiologiche, cliniche, biologiche, psicologiche e sociali tali da richiedere un approccio dedicato.
“Uno degli aspetti cruciali – puntualizza il dott. Marco Zecca, Direttore dell’Unità Operativa Complessa di Oncoematologia Pediatrica del Policlinico San Matteo di Pavia e presidente di AIEOP – è proprio quello dell’accesso alle cure e dell’arruolamento nei protocolli clinici. L’età di mezzo dell’adolescenza rischia di rimanere in qualche modo in una ‘terra di nessuno’ tra il mondo dell’oncologia pediatrica e quello dell’oncologia medica dell’adulto. A dispetto dell’ottimizzazione dei percorsi di cura in atto con successo nel mondo dell’oncologia pediatrica per i pazienti di età inferiore ai 15 anni, gli adolescenti rischiano al contrario di non ricevere le terapie migliori o di riceverle in ritardo, con conseguenze sulle loro possibilità di guarigione, al punto che, a parità di malattia e stadio, un adolescente ha minori probabilità di guarigione di un bambino”.
L’ennesima conferma in tal senso arriva da un altro studio dal titolo “Outcome of adolescent patients with acute lymphoblastic leukaemia aged 10-14 years compared with those aged 15-17 years: Long term results of 1094 patients of the AIEOP-BFM ALL 2000 study”, pubblicato lo scorso novembre dall’European Journal of Cancer.
L’articolo analizza i risultati della terapia negli adolescenti (10-18 anni) con leucemia linfoblastica acuta, rispetto ai bambini (< 10 anni), trattati nel protocollo AIEOP-BFM 2000. Tale protocollo ha incluso i pazienti in età pediatrica di Italia, Germania, Austria e Svizzera. L’analisi, condotta dalla dott.ssa Anna Maria Testi, dell’Università La Sapienza di Roma, in collaborazione con altri ricercatori, rileva che gli adolescenti hanno, all’esordio della malattia, caratteristiche biologiche mediamente più sfavorevoli.
In particolare i pazienti con un’età inferiore a 15 anni hanno più probabilità di guarire rispetto agli adolescenti > 15 anni (sopravvivenza libera da malattia a 5 anni 76% contro 70%). A fronte di una probabilità di recidiva della malattia del 18%, simile per i due gruppi di età, la ragione principale della maggiore probabilità di fallimento nei ragazzi più grandi è soprattutto la maggiore mortalità per tossicità (incidenza cumulativa di morte a 5 anni dall’esordio della malattia 2,6% verso 7,4%).
“Pertanto – afferma la prof.ssa Adriana Balduzzi, membro del Consiglio Direttivo dell’AIEOP e medico della Clinica Pediatrica dell’Università degli Studi di Milano Bicocca, che commenta l’articolo – la scommessa è che le terapie innovative, che si basano sull’immunoterapia, possano ridurre la tossicità nei ragazzi e, quindi, migliorare le probabilità di successo della terapia anche nella fascia di età oltre i 15 anni”.