Lo studio ha identificato una inaspettata sovrapposizione tra meccanismi di malattia operanti nei tumori e nell’infezione da HIV, essendo entrambe tali condizioni associate a stati di immunodeficienza. La scoperta potrebbe consentire di mutuare le terapie biologiche antitumorali e trasferirle all’HIV
Genova, 2 novembre 2017 – Un articolo pubblicato sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale The Journal of Allergy and Clinical Immunology (in cima al ranking mondiale per il settore Immunologia) riporta i risultati di uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Università di Genova guidato dal prof. Gilberto Filaci, affiliato al Centro di Eccellenza per le Ricerche Biomediche e al Dipartimento di Medicina Interna presso l’Ospedale Policlinico San Martino di Genova.
Questi ricercatori hanno scoperto un nuovo meccanismo attraverso il quale il virus dell’HIV causa immunodeficienza. In particolare, si è trattato di uno studio triennale che ha coinvolto anche altre sedi ospedaliere non universitarie, liguri e piemontesi.
In tale studio sono stati arruolati oltre 60 pazienti con nuova diagnosi di infezione da HIV, ciascuno dei quali è stato monitorato clinicamente e immunologicamente per circa un anno. I risultati dello studio hanno mostrato che una particolare popolazione di cellule del sistema immunitario, scoperte in precedenza dallo stesso gruppo di ricercatori che le ha denominate “linfociti CD8+ regolatori”, è notevolmente sviluppata nel sangue dei pazienti affetti da HIV.
La particolarità di queste cellule è che esse sopprimono le risposte immunitarie, paralizzando di fatto le funzioni immunologiche preposte alla difesa dell’organismo contro agenti tossici, infettivi e neoplastici. L’aumento esagerato del numero di tali cellule predispone il paziente a tutte le malattie tipicamente associate alle condizioni di immunodeficienza.
In presenza di un trattamento antivirale efficace, il numero di queste cellule si contrae drasticamente, a testimonianza della stretta correlazione esistente tra il loro incremento e lo stato di replicazione attiva e incontrollata del virus in condizioni di assenza di trattamento.
Il fenomeno dell’aumento esagerato del numero di linfociti CD8+ regolatori non è peculiare dell’infezione da HIV in quanto gli stessi ricercatori lo avevano già riscontrato nei pazienti affetti da tumore. Pertanto, un ulteriore elemento di interesse dei risultati di tale studio è costituito dall’avere identificato una inaspettata sovrapposizione tra meccanismi di malattia operanti nei tumori e nell’infezione da HIV, essendo entrambe tali condizioni associate a stati di immunodeficienza.
Infine, la rilevanza della scoperta dipende anche dalle prospettive che essa offre in campo terapeutico. In questo ambito è plausibile immaginare nel prossimo futuro la messa a punto di strategie terapeutiche precipuamente mirate alla neutralizzazione dei linfociti CD8+ regolatori. Farmaci biologici di ultima generazione capaci di agire inibendo l’azione dei linfociti regolatori esistono già e sono stati sperimentati con successo in oncologia. La scoperta di un “incrocio patogenetico” tra tumori e infezione da HIV potrebbe consentire di mutuare tali terapie biologiche antitumorali e trasferirle all’HIV, aprendo scenari del tutto nuovi e inattesi.