Prof. Paolo Marchetti, Direttore Scientifico dell’IDI-IRCCS e Ordinario di Oncologia f.r. all’Università La Sapienza di Roma: “Con i test NGS e il confronto multidisciplinare è possibile una conoscenza più ampia dei meccanismi di resistenza, di fragilità familiare o di inefficacia della terapia standard. Così garantiamo le migliori terapie”
Roma, 15 marzo 2023 – La discussione multidisciplinare della profilazione genomica estesa da parte del Molecular Tumor Board (MTB) consente di modificare il trattamento scelto in circa un terzo dei pazienti colpiti da tumore metastatico. In questo modo è possibile garantire ai malati le migliori opportunità di cura. Non solo. Il 10% dei pazienti ha avuto indicazione a un test genetico per valutare il rischio eredo-familiare di contrarre un tumore e un altro 10% ha avuto accesso ad altri studi clinici con farmaci non disponibili nel “Rome Trial”, studio clinico i cui risultati preliminari, a due anni dall’inizio, sono stati presentati al Congresso TAT (Targeted Anticancer Therapies) della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO), che si è svolto recentemente a Parigi.
“Sono stati coinvolti 1.319 pazienti, ne sono stati selezionati 721 (55%) perché portatori di alterazioni genomiche rilevanti e, nel 24% dei casi, sono state scoperte mutazioni genomiche suscettibili di trattamento con farmaci a bersaglio molecolare – afferma Paolo Marchetti, Direttore Scientifico IDI di Roma, Professore Ordinario f.r. di Oncologia all’Università La Sapienza di Roma e Presidente della Fondazione per la Medicina Personalizzata – In alcuni casi sono emerse alterazioni a livello germinale, cioè trasmesse ereditariamente, consentendo così di aprire un ombrello protettivo anche sugli altri componenti della famiglia grazie all’avvio di un percorso di consulenza ontogenetica”.
“In altri casi, il Molecular Tumor Board ha suggerito di modificare la terapia standard originariamente scelta, in presenza di alterazioni genomiche di resistenza alla terapia definita dall’oncologo curante – prosegue Marchetti – La profilazione genomica estesa pertanto è utile non solo per identificare un maggior numero di bersagli molecolari a cui associare una terapia specifica, ma anche per ottenere una conoscenza più ampia dei possibili meccanismi di resistenza, di fragilità familiare o di inefficacia della terapia standard per la presenza di modificazioni genomiche importanti”.
Lo studio “Rome Trial” è promosso dall’Istituto Superiore di Sanità, dall’Università di Roma La Sapienza e dalla Fondazione per la Medicina Personalizzata. Sono stati coinvolti fino ad oggi 1319 pazienti colpiti da tumori in fase metastatica della mammella, gastrointestinali, polmone e di altro tipo.
“I risultati preliminari – continua il prof. Marchetti – dimostrano che un’ampia profilazione genomica all’interno di uno specifico Molecular Tumor Board, cioè un gruppo multidisciplinare, determina vantaggi significativi per quei pazienti con tumore metastatico che possono ricorrere a farmaci biologici o all’immunoterapia, indipendentemente dalla sede iniziale della neoplasia”.
“La discussione multidisciplinare nell’ambito del Molecular Tumor Board è fondamentale per questi pazienti – spiega Marchetti – Va proprio in questa direzione, cioè garantire sempre migliori opportunità di cura in un percorso ‘controllato’, il Decreto ministeriale per l’istituzione dei Molecular Tumor Board nelle Regioni e l’individuazione dei Centri specialistici per l’esecuzione dei test NGS, in attesa di approvazione da parte della Conferenza Stato Regioni. Uno straordinario strumento normativo per la crescita clinica e culturale di cui si è dotato il Paese”.
Il provvedimento recepisce il documento tecnico trasmesso dall’AGENAS e definisce criteri e procedure per l’istituzione dei MTB nell’ambito delle reti oncologiche regionali con l’individuazione dei Centri di profilazione genomica.
“Nella profilazione estesa – spiega Andrea Botticelli, Principal Investigator del ‘Rome Trial’ e ricercatore all’Università La Sapienza di Roma – non utilizziamo piccoli pannelli NGS per vedere otto o dieci mutazioni, utilissime nel modello istologico per fornire informazioni relative all’impiego di farmaci già approvati da AIFA o disponibili con diverse modalità non a carico del Servizio Sanitario Nazionale, ma gratuite per i pazienti. Svolgiamo una ricerca più ampia e riusciamo ad analizzare oltre 300/500 geni significativi nella evoluzione della neoplasia. La profilazione estesa oggi può essere svolta in diversi Centri del nostro Paese ed è effettuata nei pazienti oncologici metastatici che hanno affrontato non più di due linee di trattamento”.
“Nel modello istologico, che per decenni ha governato la ricerca in oncologia, le decisioni regolatorie e la pratica clinica – sottolinea il prof. Marchetti – il punto di partenza è rappresentato dalla localizzazione del tumore, a cui seguono l’esame istologico, l’identificazione di un bersaglio molecolare predittivo di risposta, la scelta del farmaco e la prescrizione al paziente, basandosi su robuste evidenze derivanti dagli studi clinici. L’approvazione di molecole con indicazione agnostica, cioè indipendente dal tessuto di origine della neoplasia, ha rappresentato un ulteriore progresso nella utilizzazione della profilazione genomica. Il passo successivo della ricerca è rivolto allo studio di un nuovo modello, definito mutazionale. Il punto chiave del nuovo processo è rappresentato proprio dalla profilazione genomica, cioè dall’individuazione delle mutazioni che giocano un ruolo fondamentale nello sviluppo delle neoplasie. Da qui deriva la scelta del farmaco e l’indicazione terapeutica, indipendentemente dalla sede del tumore. Questo modello, a differenza dei due precedenti, non è basato su studi clinici che hanno già dimostrato l’efficacia di un determinato trattamento in presenza di una specifica mutazione genomica, ma è rivolto a valutare, in un complesso percorso di studio, quanto la discussione in un MTB dei dati derivati dalla profilazione estesa può aiutare il singolo paziente (e non un gruppo di pazienti) che presentano una certa mutazione. Il ‘Rome Trial’ si colloca all’interno del modello mutazionale. Mentre in letteratura viene stimato che circa il 35% dei pazienti presenta una mutazione che teoricamente può essere il presupposto per l’impiego di una specifica terapia a bersaglio molecolare, nel ‘Rome Trial’ questa percentuale è inferiore, pari al 28%, proprio perché abbiamo compreso che alcuni pazienti, pur presentando un possibile bersaglio molecolare, sono caratterizzati da alterazioni aggiuntive che rendono del tutto improbabile la risposta a una terapia mirata sul bersaglio molecolare”.
Jordi Rodon, oncologo dell’MD Anderson Cancer Center di Houston, commentando il Rome trial nella sua presentazione all’ESMO Targeted Anticancer Therapies Congress, ha affermato: “A chi interessa il ‘Rome Trial’? A tutti coloro che hanno a cuore la medicina personalizzata”.
“Ringraziamo i membri del Comitato scientifico, del Molecular Tumor Board e dei 41 centri che hanno aderito al ‘Rome Trial’ per il lavoro straordinario realizzato e le centinaia di pazienti che hanno voluto aderire a questo progetto nazionale, attraverso cui è stata aperta una nuova strada della ricerca, che sarà approfondita da un’altra sperimentazione, ‘Beyond the Rome Trial’, con cui vogliamo definire percorsi innovativi”, conclude il prof. Marchetti.