Si ha così a disposizione un quadro aggiornato sullo stato del tumore primitivo che garantisce la possibilità di adeguare la terapia con anticipo
Aviano (PN), 7 dicembre 2017 – La caratterizzazione molecolare del tumore – il suo identikit genetico – assicura al paziente il trattamento giusto al momento giusto e nella giusta modalità. Diagnosi e terapia poggiano attualmente le basi su questo principio. Affinché ciò possa avvenire è indispensabile un campione di tessuto neoplastico prelevato tramite biopsia, procedura chirurgica ambulatoriale dolorosa e particolarmente ostica se non addirittura impossibile in alcuni organi quali encefalo, pancreas, regioni periferiche del polmone o altri. Ragioni che, sommate, la rendono difficilmente ripetibile.
La possibilità di tenere sotto controllo una patologia ad alto grado di trasformazione come il tumore è al contrario offerta dalla biopsia liquida, semplice prelievo di sangue dal braccio sostitutivo dell’analisi diretta del tessuto. L’investigazione avviene utilizzando il DNA libero circolante ricavato dalla componente plasmatica di un comune prelievo.
Questo DNA deriva direttamente dalle cellule tumorali che, durante il loro ciclo vitale di proliferazione e morte, liberano nei liquidi corporei, incluso il sangue, parte del proprio DNA. Si ha così a disposizione un quadro aggiornato sullo stato del tumore primitivo che garantisce la possibilità di adeguare la terapia con anticipo.
Il tempo, accanto all’invasività, è un’altra variabile importante da considerare: attualmente, infatti, il monitoraggio terapeutico avviene tramite diagnostica per immagini (TAC, PET, e altre), tecnica limitata nel rilevare masse tumorali particolarmente piccole e non ripetibili frequentemente a causa dell’utilizzo di radiazioni ionizzanti (ogni 8-12 settimane).
La biopsia liquida, invece, fornisce una risposta a sole 3-4 settimane dall’inizio della terapia accanto al vantaggio, dato dalla minima invasività, di permettere prelievi seriali durante il decorso di malattia garantendo il monitoraggio con maggiore frequenza e tempestività nell’eventuale diagnosi di una progressione malattia o di una recidiva.
L’utilizzo estensivo della BL è stato reso possibile grazie all’introduzione delle tecniche di sequenziamento NGS (next-generation-sequencing) le quali, assai più sensibili di quelle convenzionali, sono in grado di analizzare anche le esigue quantità di DNA presenti nel plasma. La pratica, che avviene all’interno di protocolli clinici, non è ancora consolidata per una serie di ragioni tecniche che necessitano, anche, di ulteriori sviluppi tecnologici che solo un presidio alla ricerca scientifica qual è il CRO è in grado di garantire.
Paolo De Paoli, Direttore Scientifico del CRO, spiega che l’Istituto “considera questa una linea di sviluppo fondamentale per il CRO a cui destina le risorse necessarie anche al suo sviluppo futuro”.
In Istituto è attivo uno studio multicentrico italiano-svizzero, coordinato per il versante CRO dall’Onco-Ematologia Clinico-Sperimentale diretta da Valter Gattei, nell’ambito del quale sono arruolati pazienti affetti da linfoma sia del tipo Hodgkin che del tipo non-Hodgkin i quali sono seguiti nel tempo mediante lo studio molecolare su biopsia liquida di un pannello originale di 84 geni, tutti selezionati per il loro ruolo nella patogenesi molecolare di queste malattie. L’analisi dei risultati consentirà di valutare l’impatto della biopsia liquida nella gestione dei pazienti affetti da linfoma, prospettandone il suo inserimento nella pratica clinica quotidiana.
Parimenti, da settembre, sempre all’interno di un protocollo clinico in fase di standardizzazione, l’Oncologia Molecolare diretta da Gustavo Baldassarre offre già il servizio di analisi della BL per i Pazienti con tumore del polmone e del colon, patologie per le quali è possibile ricercare e valutare la presenza di specifiche mutazioni a carico dei geni EGFR, KRAS, NRAS e BRAF. In Oncologia Molecolare sta sviluppando analoghi approcci per il tumore del polmone positivo al riarrangemento del gene ALK e per il tumore della mammella di tipo Luminale, per la ricerca di mutazioni per il recettore dell’estrogeno, ESR1.
Per queste due patologie è stato dimostrato che le terapie target contro ALK e contro l’attivazione di ESR1 inducono frequentemente la comparsa di mutazioni nei rispettivi geni, che rendono i pazienti non più responsivi alle terapie mirate. Gli studi su BL che vengono condotti e, che ci si augura, possano essere offerti nel breve come servizio ai pazienti, permetteranno al medico oncologo di scoprire in anticipo una possibile resistenza alla terapia in corso, diagnosticare in anticipo la presenza di una recidiva di malattia e, infine, valutare per tempo se e come cambiare l’approccio terapeutico.
Un risultato ottenibile solo grazie alla stretta collaborazione con le Oncologie Mediche A e B, l’Anatomia Patologica e la Breast Unit (BU) dell’Istituto, nonché il supporto della Biobanca.
Infine, al CRO, in collaborazione con l’Università di Udine, Trieste e Nijmegen (NL) – spiega Fabio Del Ben ricercatore in Istituto – è stato sviluppato un metodo innovativo per il rilevamento di cellule tumorali circolanti. Tale metodo, anziché riconoscere le cellule tumorali dal loro aspetto fisico o dalla presenza di marcatori molecolari, ne rileva l’alterato metabolismo, similmente a quanto fa la PET nella diagnostica per immagini. La tecnica, che sfrutta la tecnologica microfluidica, ha il vantaggio di utilizzare reagenti a basso costo, di rilevare CTC vive e metabolicamente attive, indipendentemente dalla loro forma esteriore, e di isolarle vitali senza modificarle con traccianti esterni, rendendo più agevole effettuare analisi molecolari a valle.
Il prototipo attualmente presente al CRO di Aviano è in corso di validazione in uno studio pilota sul cancro alla mammella. In tale studio viene valutato il significato clinico delle CTC metabolicamente attive e vengono approfondite le loro caratteristiche molecolari.
Inoltre, la nuova metodica viene comparata con l’unica piattaforma approvata per l’utilizzo clinico, in collaborazione con l’Istituto Oncologico Veneto di Padova. Un ulteriore studio pilota sul tumore del polmone è in preparazione, in collaborazione con l’Azienda Ospedaliera-Universitaria di Udine.