Bologna, 4 maggio 2018 – Sono più di 42 mila le donne italiane che in questo momento convivono con un tumore dell’ovaio. Un tumore subdolo, di cui non si parla abbastanza; è la malattia tumorale femminile meno conosciuta, più sottostimata, ma anche la più letale: ogni anno, in tutto il mondo, colpisce 250 mila donne e ne uccide 140 mila. Solo in Italia lo scorso anno sono stati diagnosticati 5.200 nuovi casi e meno della metà delle donne colpite sopravvive (dati AIOM).
Una malattia dai sintomi vaghi: la diagnosi precoce è rara e le terapie si contano sulle dita di una mano. Il tumore ovarico sta però uscendo dall’ombra: l’8 maggio si celebra in tutto il mondo la sesta Giornata Mondiale sul Tumore Ovarico: per il Comitato Organizzatore Internazionale, di cui Loto Onlus fa parte, ricerca, informazione e diagnosi tempestiva sono le parole d’ordine per combattere il più pericoloso dei tumori femminili.
A Bologna Loto Onlus – l’associazione no profit nata con l’intento di colmare un vuoto informativo e di consapevolezza sul carcinoma dell’ovaio – sostiene l’attività di ricerca dell’Ambulatorio di Genetica Oncologica (AGO) del Policlinico S. Orsola, attivo presso l’Unità Operativa di Genetica Medica, attualmente uno dei quattro Hub (centri di riferimento) della rete regionale per il rischio eredo-familiare di tumori alla mammella e all’ovaio.
Qui negli ultimi anni oltre 1.000 pazienti con tumore della mammella o dell’ovaio sono state sottoposte a test genetico BRCA. Delle circa 300 pazienti con tumore ovarico il 25% sono risultate portatrici di alterazioni: questo conferma che i geni BRCA1 e BRCA2 sono protagonisti di un’evoluzione estremamente significativa per la lotta contro il carcinoma ovarico.
Da un lato, infatti, si è dimostrato che le alterazioni dei geni BRCA1 e BRCA2 nelle donne con neoplasie ovariche sono molto più frequenti di quanto si ritenesse in precedenza; dall’altro si sono sviluppati farmaci specificamente attivi nelle donne con queste alterazioni, che quindi hanno oggi a disposizione un’arma terapeutica in più. Per una paziente su quattro affetta da tumore ovarico, dunque, l’esecuzione del test BRCA porta a chiarire la causa della malattia e permette l’accesso a terapie mirate.
Inoltre, l’identificazione precoce delle familiari sane portatrici dell’alterazione genetica permette di adottare misure preventive per una patologia generalmente non prevenibile. Sono oltre cento le donne sane identificate ad oggi dall’AGO come portatrici di alterazioni ereditarie predisponenti ai tumori ovarici e prese in carico per la prevenzione.
Le ricerche eseguite dall’Ambulatorio di Genetica Oncologica (AGO), inoltre, hanno recentemente dimostrato che una particolare variante genetica – finora dal significato incerto – è in realtà un’alterazione che causa un alto rischio di neoplasie ovariche; questa alterazione è tipica dell’Emilia-Romagna – particolarmente frequente nella zona al confine tra le province di Bologna, Modena e Ferrara – dove si è generata qualche secolo fa in un’antenato che le famiglie oggi affette hanno in comune.
I risultati di questa ricerca, resa possibile dalla collaborazione con gli Hub di Modena e Meldola, sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Oncotarget.
“Il percorso multidisciplinare ben consolidato con le strutture di Oncologia Ginecologica, Oncologia Medica-Addarii e Anatomia Patologica ci ha permesso negli anni, mediante l’identificazione sistematica di donne con alterazioni ereditarie di BRCA1 o BRCA2, di prevenire il tumore ovarico in donne ad alto rischio di ammalarsi e di intraprendere terapie mirate in donne con tumori ovarici recidivanti – spiega Daniela Turchetti, ricercatrice in genetica medica presso il Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche dell’Università di Bologna – L’avere compreso il ruolo di una variante prima di significato incerto ha esteso queste possibilità a numerose donne appartenenti alle famiglie con questa mutazione”.