In Piemonte ogni anno si contano circa 3.000 nuovi casi di cancro della prostata e si stima che oltre 10.000 piemontesi convivano con questa neoplasia. La Città della Salute di Torino, punto di riferimento nella diagnosi e cura del tumore della prostata, presenta un Percorso Diagnostico-Terapeutico-Assistenziale (PDTA) certificato secondo lo standard di qualità internazionale UNI EN ISO 9001:2015. Il percorso certificato garantisce al paziente di essere seguito da un team multidisciplinare in tutte le fasi del percorso di cura, dalla diagnosi al trattamento e al follow up, secondo un approccio integrato e multiprofessionale
Torino, 11 novembre 2020 – Un importantissimo traguardo per la Città della Salute di Torino, che mette a segno un obiettivo prestigioso nel trattamento dei tumori della prostata: il Percorso Diagnostico-Terapeutico-Assistenziale (PDTA) per questa neoplasia ha ottenuto la certificazione UNI EN ISO 9001:2015 dall’Ente Internazionale Bureau Veritas.
Con questo programma di certificazione, la Città della Salute, riferimento regionale per l’Oncologia, si propone sempre più come punto di attrazione per la gestione e il più efficace trattamento del paziente oncologico e, nel caso specifico, del paziente affetto da neoplasie prostatiche che rappresentano patologie molto frequenti tra gli over 60.
Obiettivo del PDTA è assicurare al paziente una presa in carico rapida, efficace ed efficiente, tale da garantirgli un’offerta ampia e innovativa di opportunità diagnostiche, terapeutiche e assistenziali secondo le più recenti Linee guida internazionali. Il lavoro che ha portato alla certificazione del PDTA della prostata dell’Azienda è iniziato alcuni anni fa con la riorganizzazione del processo clinico-diagnostico-terapeutico-assistenziale e riabilitativo oncologico per questa patologia neoplastica maschile, che rappresenta un’area ad alta densità numerica.
“La certificazione ISO del percorso diagnostico-terapeutico del tumore prostatico ci aiuterà in qualche modo a fronteggiare la criticità cui potrebbe andare nuovamente incontro il nostro sistema sanitario in questa seconda ondata pandemica da Covid-19 – dichiara Paolo Gontero, Direttore Urologia universitaria della Città della Salute Torino e Responsabile del PDTA – Il carcinoma della prostata è un tumore molto frequente e diagnosticare questo tumore quando ci sono già i sintomi significa essere arrivati tardi. Abbiamo avuto come conseguenza dell’emergenza sanitaria una importante riduzione delle diagnosi di tumore della prostata, circa -60% di casi: abbiamo, quindi, un sommerso non diagnosticato che parte da marzo ed ora ci troviamo di fronte alla seconda ondata e si rischia una seconda paralisi di questo processo diagnostico-terapeutico”.
“La certificazione è stata un lavoro molto lungo che ci ha permesso di portare degli utilissimi correttivi al sistema di organizzazione multidisciplinare con cui noi gestiamo il tumore della prostata da alcuni anni e che adesso è ratificato da un PDTA, una modalità operativa a cui tutti gli ospedali della regione devono ottemperare per le patologie oncologiche. In questo percorso sono coinvolte diverse figure professionali oltre agli urologi, agli oncologi, ai radioterapisti e ad importanti figure professionali infermieristiche che lavorano al Cas, il primo punto di accoglienza del paziente con diagnosi, o impegnate nel processo di riabilitazione che inizia a volte già prima dell’intervento – prosegue Gontero – L’urologo è la figura centrale che si fa carico della parte diagnostica. La certificazione è il riconoscimento di un’attività che è stata giudicata confacente ai più moderni criteri diagnostici e terapeutici per il carcinoma della prostata”.
Il percorso è imperniato su un team multidisciplinare che si fa carico del paziente, lo accompagna e rende meno arduo il passaggio da una fase all’altra della malattia. “Ad essere stata certificata è una modalità operativa multidisciplinare che già era in essere, ma che nel tempo si è affinata e caratterizzata sempre più come fondamentale per la gestione dei pazienti – afferma Mario Airoldi, Direttore di Oncologia Medica 2 Città della Salute di Torino – il tumore della prostata fa parte di un gruppo di patologie per le quali questo approccio garantisce qualità. L’oncologo è uno degli attori del team multidisciplinare, figura in crescita nell’ambito del PDTA, nel senso che l’oncologo in ambito prostatico ha avuto finora un ruolo soprattutto nelle fasi avanzate di malattia, invece oggi entra a tutto tondo nella gestione dei tumori fin dall’inizio e comunque in un momento della storia clinica molto meno avanzata. Questo attraverso una stretta collaborazione con gli urologi ed i radioterapisti che fino ad oggi era garantita solo in parte, mentre ora è organica al gruppo di lavoro ed ‘istituzionalizzata’”.
Per i tumori uro-genitali maschili mancano al momento i programmi di screening. Questo è uno dei motivi per cui la diagnosi e gli stessi trattamenti a volte presentano qualche difficoltà che può essere affrontata al meglio proprio con un approccio multidisciplinare e multiprofessionale all’interno del quale la figura dell’urologo e dell’oncologo medico sono centrali. Le patologie oncologiche richiedono una corretta gestione clinico-assistenziale fondata su una piena integrazione multidisciplinare, così da garantire al paziente una presa in carico funzionale alle diverse esigenze che la patologia richiede.
I carcinomi della prostata sono tra i tumori più diffusi in Piemonte con circa 3.000 nuovi casi l’anno e quasi 10.000 uomini piemontesi che secondo stime convivono con queste neoplasie, che rappresentano il paradigma di tali esigenze. Richiedono, infatti, il coinvolgimento nel percorso di diagnosi e cura di molteplici figure specialistiche, inclusa quella del radioterapista, che in anni recenti ha assunto una rilevanza pari a quella dell’urologo e dell’oncologo medico.
La radioterapia oggi ha un ruolo centrale perché permette di trattare con finalità curativa il tumore della prostata sia in fase iniziale (focalizzato) sia in fase localmente avanzata, ed assume un ruolo ancor più rilevante nella malattia metastatica. La comunicazione e i mezzi di informazione alla popolazione diventano sempre più importanti per far riflettere la cittadinanza intera sul fatto che l’adesione a stili di vita corretti rimane un fattore fondamentale per la prevenzione delle malattie neoplastiche e delle malattie in genere.
Il modello di PDTA certificato riflette una tipologia di governance clinica basata su specifici percorsi formalizzati, su protocolli clinico-organizzativi, condivisi tra le varie Unità Operative coinvolte, e su un adeguato sistema di monitoraggio delle performance.
Il percorso tracciato dalla Città della Salute di Torino prevede servizi di accoglienza e di diagnostica dall’anatomia patologica all’imaging (Risonanza Magnetica e Medicina Nucleare); servizi per la fase diagnostica come le visite urgenti entro una settimana, fino alla biopsia attuata secondo particolari sistemi che si chiamano biopsie a fusione di immagini con un software estremamente aggiornato, e una volta arrivati alla diagnosi e alla scelta terapeutica, se l’opzione è quella chirurgica, ad effettuare l’intervento nel 90% dei casi con la tecnica robotica assistita con una attenzione alla problematica del risparmio funzionale, in particolare alla preservazione della sessualità quando possibile. Inoltre, si stanno sperimentando speciali sonde che permettono di sapere esattamente dove si trova la malattia.
Sono attive unità di radioterapia dotate di apparecchiature d’avanguardia che rappresentano il fiore all’occhiello della struttura; servizi completi di oncologia medica integrata con i servizi di urologia; oltre ad un team multi ed interdisciplinare che si avvale di avanzatissimi laboratori di analisi e di biologia molecolare. Tutto questo nell’ottica di orientare sempre di più le terapie a seconda delle caratteristiche genetiche del cancro.
Sono presenti anche ambulatori per la riabilitazione e il ripristino dell’attività dello sfintere per il pronto recupero della continenza urinaria, grazie ad un ambulatorio dedicato alle disfunzioni sessuali in cui si insegna al paziente la precoce riabilitazione sessuale oppure nei casi in cui non sia stato possibile preservare la funzione sessuale, ad utilizzare terapie di supporto che possono arrivare fino all’esecuzione di un intervento chirurgico per posizionare una protesi peniena.