Enzalutamide, agente ormonale orale di ultima generazione, approvato anche in Italia per i pazienti con carcinoma prostatico metastatico resistente alla terapia ormonale non sottoposti a chemioterapia. Nel 2015 in Italia 35.000 nuove diagnosi di cancro alla prostata: il 40% dei pazienti sviluppa metastasi. Evidenze dello studio Prevail dimostrano che enzalutamide prolunga la sopravvivenza globale e ritarda il ricorso al trattamento chemioterapico con significativo miglioramento della qualità di vita dei pazienti
Milano, 18 maggio 2016 – È la terza neoplasia maligna nella popolazione generale, la più frequente dei maschi adulti per i quali, dopo i 50 anni di età, rappresenta oltre il 20% di tutti i tumori diagnosticati. Sono almeno 398.000 gli uomini che convivono con una pregressa diagnosi di carcinoma prostatico che, malgrado i progressi terapeutici, in una elevata percentuale di casi evolve in una forma resistente alla terapia anti-androgenica (CRPC) e metastatizza (mCRPC). Adesso per i pazienti con cancro della prostata metastatico resistente alla terapia ormonale e non sottoposti a chemioterapia, l’AIFA autorizza l’indicazione pre-chemioterapia di enzalutamide, già utilizzato dopo fallimento del trattamento chemioterapico.
Enzalutamide è un agente ormonale orale di ultima generazione dotato di un meccanismo di azione innovativo in quanto inibisce in maniera potente il recettore degli androgeni, il testosterone, che è il “motore” di crescita del tumore prostatico, bloccando i diversi passaggi della cascata di signalling del recettore.
“Il tumore della prostata per anni e anni non ha avuto a disposizione farmaci efficaci, ad eccezione degli analoghi agonisti dell’LHRH che tuttora rappresentano la terapia standard della malattia metastatica o delle recidive dopo il trattamento con chirurgia e radioterapia. Per i pazienti non responsivi alla terapia ormonale si disponeva solo della chemioterapia con docetaxel – afferma Sergio Bracarda, Direttore U.O.C. di Oncologia Medica, Azienda USL Toscana Sud-Est, Istituto Toscano Tumori (ITT), Ospedale “San Donato” Arezzo – in anni recenti lo scenario è cambiato grazie all’arrivo sul mercato di farmaci innovativi ed efficaci, come ad esempio enzalutamide. Si tratta di un farmaco capace di bloccare in maniera potente e duratura il recettore degli androgeni, che è una molecola chiave nel processo di crescita e metastatizzazione della cellula tumorale prostatica. Per questo enzalutamide rappresenta un importante strumento per il miglioramento della strategia terapeutica del carcinoma prostatico metastatico resistente alla castrazione. Oltre all’efficacia, cioè ad un miglioramento della sopravvivenza, enzalutamide è caratterizzato anche da un buon profilo di tollerabilità”.
Il tumore della prostata è una patologia maligna dell’età avanzata, essendo la fascia più colpita quella degli over 70, sebbene oggi si riscontri un suo aumento nelle fasce d’età più giovani tra i 55 e i 65 anni. Ogni anno in Italia si registrano circa 35.000 nuovi casi e i decessi sono attorno agli 8.000. Più del 40% degli uomini colpiti da un tumore della prostata sviluppa metastasi e molti di questi diventano resistenti al trattamento di deprivazione ormonale (castrazione). Tuttavia per il trattamento di queste forme metastatiche resistenti agli analoghi LHRH e che non necessitano ancora di chemioterapia si aprono nuove prospettive terapeutiche non solo chemioterapiche e che sono in grado di migliorare la qualità di vita dei pazienti.
“Il trattamento del carcinoma prostatico comprende diverse opzioni che vanno dalla chirurgia alla radioterapia, dall’ormonoterapia alle terapie sistemiche con chemioterapici – dichiara Giario Conti, Primario di Urologia all’Ospedale Sant’Anna di Como e Segretario Generale della Società Italiana di Urologia Oncologica – la scelta della terapia dipende dalle caratteristiche del paziente e della malattia. Tutti i trattamenti hanno subito nell’ultimo decennio un’evoluzione importante, contribuendo a ridurre la mortalità per questo tipo di neoplasia e a migliorare la qualità della vita. Quanto ai trattamenti farmacologici disponibili, il più recente ad essere registrato in fase pre-chemioterapia (oltre che post-chemioterapia) è enzalutamide, che è risultato efficace sia nei pazienti con metastasi ossee che viscerali, prolungando la sopravvivenza e riducendo gli eventi scheletrici”.
La terapia ormonale è uno dei cardini del trattamento farmacologico del carcinoma prostatico perché punta a ridurre gli androgeni, in particolare il testosterone che ha un ruolo importante nella crescita e nell’evoluzione di questo tumore. Enzalutamide rappresenta un grande progresso nel trattamento dei pazienti con tumore della prostata metastatico resistente alla terapia ormonale e non ancora sottoposti a chemioterapia; legandosi in maniera potente e prolungata al recettore degli androgeni, ripristina il controllo della cellula maligna prostatica e ne può indurre la morte.
“Gli studi ‘Affirm’, condotto su pazienti con tumore prostatico metastatico resistente alla castrazione già trattati con chemioterapia, e ‘Prevail’, condotto su pazienti con tumore prostatico metastatico naive alla chemioterapia, hanno dimostrato un miglioramento della sopravvivenza globale, un buon profilo di sicurezza e tollerabilità con effetti collaterali scarsi e di poca importanza rispetto ai pazienti trattati con placebo, permettendo un miglioramento della qualità di vita dei pazienti – spiega Giacomo Cartenì, Direttore UOC di Oncologia Medica dell’Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale “Antonio Cardarelli” di Napoli – enzalutamide ha anche ridotto il rischio di fratture e compressioni del midollo spinale nei pazienti con metastasi ossee. Questo farmaco, inoltre, non necessita dell’aggiunta di cortisone. L’insieme delle evidenze ne fanno un farmaco orale estremamente maneggevole e sicuro”.
Lo studio multicentrico di fase III Prevail, che ha arruolato pazienti non sottoposti a chemioterapia, ha dimostrato che enzalutamide riduce la crescita delle cellule neoplastiche e provoca la regressione del tumore; induce un miglioramento statisticamente significativo della sopravvivenza globale a confronto del trattamento con placebo (OS: 35,3 mesi vs 31,3) e una riduzione del 29,4% del rischio di decesso; offre inoltre un beneficio in termini di sopravvivenza libera da progressione radiografica anche nei pazienti con metastasi viscerali.
Enzalutamide, tra le terapie disponibili per il tumore prostatico metastatico resistente alla castrazione pre-chemioterapia, ha dimostrato efficacia e un buon profilo di sicurezza anche nei pazienti in cui la malattia è progredita dal trattamento con solo LHRHa, oltre a presentare un vantaggio significativo rispetto agli anti-androgeni di prima generazione. Il farmaco è prescrivibile anche ai pazienti che non sono stati sottoposti a blocco androgenico totale.
“Il lavoro di squadra e la collaborazione tra le diverse figure specialistiche sono fondamentali, perché permettono ai clinici di scegliere la terapia più idonea per il singolo caso. Per esempio, l’oncologo medico e l’urologo sono esperti nei loro rispettivi settori, ma non in quello della radioterapia o dell’anatomia patologica, discipline per le quali esistono specialisti dedicati. Siamo complementari – sottolinea Barbara Jereczek, Professore associato di Radioterapia all’Università degli Studi di Milano e Direttore della Divisione di Radioterapia all’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) di Milano – alcuni studi dimostrano che il lavoro multidisciplinare e la collaborazione tra le varie figure specialistiche migliorano del 10% i risultati clinici in oncologia. Anche in Italia, come in molti Paesi questa esigenza è stata recepita. Da qui nasce la volontà di creare delle Prostate Cancer Unit simili a quelle già esistenti per il tumore della mammella”.
fonte: ufficio stampa