Tumore della prostata, in sei anni diminuita la mortalità del 14,6% in Italia

Al congresso ESMO presentati i dati aggiornati dello studio ARASENS

Parigi, 12 settembre 2022 – In sei anni (2015-2021), in Italia, la mortalità per tumore della prostata è diminuita del 14,6%. Un risultato importante, ottenuto grazie alla prevenzione e ai progressi della ricerca nella neoplasia più frequente negli uomini (circa 36mila nuove diagnosi stimate nel 2020 nel nostro Paese).

Nella malattia metastatica l’obiettivo della terapia deve essere non solo garantire un miglioramento della sopravvivenza ma anche una buona qualità di vita. Un risultato che può essere raggiunto grazie alla combinazione di darolutamide, un potente inibitore del recettore degli androgeni, con la terapia di deprivazione androgenica (ADT) e la chemioterapia con docetaxel.

È quanto emerge dai nuovi risultati dello studio di Fase III ARASENS per la valutazione della qualità di vita e di alcuni endpoint rilevanti nei pazienti con tumore della prostata ormonosensibile metastatico (mHSPC). Oltre a prolungare la sopravvivenza globale, darolutamide ha un favorevole profilo di tollerabilità e la capacità di mantenere la qualità di vita dei pazienti, con il controllo dei sintomi fisici e del dolore legati alla malattia. I risultati completi sono stati presentati al Congresso della Società Europea di Oncologia Medica (ESMO), in corso a Parigi.

Dott. Saverio Cinieri

“In Italia vivono 564mila uomini con diagnosi di questa neoplasia, caratterizzata da un’elevata eterogeneità clinica, oscillando fra forme a bassa aggressività e altre clinicamente importanti – afferma Saverio Cinieri, Presidente AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica) – Abbiamo molte armi a disposizione per sconfiggere o controllare la malattia che spaziano dalla chirurgia, alla chemioterapia, alla radioterapia, alla brachiterapia, fino alla terapia ormonale. Negli ultimi anni abbiamo ottenuto ottimi risultati in termini di riduzione della mortalità. E, quando la neoplasia ha dimensioni ridotte e scarsa aggressività, i pazienti possono essere sottoposti a sorveglianza attiva che prevede il monitoraggio attraverso esami specifici e controlli periodici. Purtroppo, sintomi come la frequente necessità di urinare, il dolore alla minzione e la presenza di sangue nelle urine vengono spesso sottovalutati dai pazienti, portando alla scoperta della malattia in fase avanzata. L’impatto del tumore della prostata metastatico sulla quotidianità dei pazienti che sviluppano sintomi correlati alla malattia può essere importante. In alcuni casi, queste persone non riescono a dormire o a camminare per il dolore, in particolare alle ossa. Da qui il forte bisogno clinico di terapie in grado di garantire una buona qualità di vita anche negli uomini con malattia metastatica”.

“Fra i casi di carcinoma prostatico avanzato, quelli metastatici alla diagnosi, ed in particolare nei pazienti meno anziani, sono da considerare come più aggressivi e quindi da trattare in modo più completo – spiega Enrico Cortesi, Ordinario di Oncologia all’Università La Sapienza, Policlinico Umberto I di Roma – Per questi pazienti è fondamentale individuare un trattamento che sia non solo efficace, ma permetta di svolgere in sicurezza le attività quotidiane. I nuovi risultati dello studio ARASENS confermano ulteriormente la potenzialità di darolutamide, in combinazione con la terapia ormonale e la chemioterapia, per i pazienti con tumore della prostata ormonosensibile metastatico, in una fase critica della loro vita. Questo farmaco combina in sé efficacia terapeutica e tollerabilità. Grazie alla sua struttura chimica peculiare, inibisce la crescita delle cellule di carcinoma prostatico, limitando gli effetti collaterali che impattano sulla vita quotidiana”.

Il trattamento con darolutamide più ADT e docetaxel ha mostrato una tendenza a ritardare il tempo di peggioramento dei sintomi fisici e del dolore correlati alla malattia nei pazienti con dolore moderato o grave al basale e un miglioramento degli endpoint rilevanti per i pazienti, rispetto a ADT più docetaxel, a sostegno dell’incremento del trattamento precoce con l’aggiunta di darolutamide. I risultati dello studio di Fase III ARASENS hanno dimostrato una riduzione del 32,5% del rischio di morte e il miglioramento di tutti gli endpoint secondari particolarmente rilevanti per i pazienti, con l’intensificazione del trattamento precoce rispetto a ADT più docetaxel.

L’obiettivo raggiunto, della migliore preservazione della qualità della vita, è di particolare importanza in una malattia come la neoplasia prostatica, per la quale si deve prevedere una prognosi ed una durata dei trattamenti anche di molti anni.

Numerosi pazienti nello studio di fase III ARASENS presentavano punteggi elevati di QoL al basale, senza dolore o con dolore lieve (81%). I dati dello studio mostrano che darolutamide in combinazione con ADT e docetaxel ha mantenuto la qualità di vita (QoL) con i tempi al peggioramento (TTW) dei sintomi fisici correlati alla terapia e al dolore simili a ADT e docetaxel. Il trattamento con darolutamide in combinazione con ADT e docetaxel ha inoltre portato a un minor numero di decessi per ogni causa (35,1% versus 46,8%) e decessi per tumore della prostata (26,1% versus 36,0%) rispetto a ADT e docetaxel.

L’incidenza globale degli eventi avversi (AEs) è risultata simile nei due bracci, nonostante la più lunga esposizione al trattamento per i pazienti in terapia con darolutamide (mediana 41,0 versus 16,7 mesi). L’incidenza di AEs di particolare interesse è stata generalmente bassa e simile nei due bracci.

A febbraio 2021, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) ha approvato la rimborsabilità di darolutamide nel trattamento del carcinoma prostatico resistente alla castrazione non metastatico ad alto rischio di sviluppare malattia metastatica.

Lo studio ARASENS

Lo studio ARASENS è il solo studio randomizzato, di Fase III, multicentrico, in doppio cieco, che è stato disegnato prospetticamente per confrontare l’utilizzo di un inibitore orale del recettore degli androgeni (ARi) di seconda generazione, darolutamide, in combinazione con terapia di deprivazione androgenica (ADT) e chemioterapia con docetaxel rispetto a ADT più docetaxel (uno standard di cura raccomandato dalle linee guida) nel tumore della prostata ormonosensibile metastatico (mHSPC). Un totale di 1.306 pazienti è stato randomizzato in rapporto 1:1 a ricevere darolutamide 600 mg due volte al giorno o il corrispondente placebo, in combinazione con ADT più docetaxel.

L’obiettivo primario di questo studio è stato la sopravvivenza globale (OS). Gli obiettivi secondari comprendono il tempo allo sviluppo del tumore della prostata resistente alla castrazione (CRPC), il tempo alla progressione del dolore, il tempo al primo evento scheletrico sintomatico (SSE), il tempo all’inizio della successiva terapia antitumorale, tutti misurati a intervalli di 12 settimane, così come gli eventi avversi (AEs) quale misura di sicurezza e tollerabilità.

I risultati dello studio sono stati pubblicati nel New England Journal of Medicine. Lo studio ARASENS ha dimostrato che darolutamide più ADT e docetaxel ha ridotto significativamente il rischio di morte del 32,5% rispetto a ADT più docetaxel.1 I miglioramenti degli obiettivi secondari hanno confermato il beneficio di OS osservato nell’obiettivo primario dello studio.

Il tumore della prostata ormonosensibile metastatico

Il carcinoma prostatico è il secondo tumore più diagnosticato nella popolazione maschile in tutto il mondo. Si stima che, nel 2020, a livello mondiale, 1,4 milioni di uomini abbiano ricevuto una diagnosi di tumore della prostata e circa 375.000 uomini siano deceduti a causa di questa patologia.

Al momento della diagnosi la maggior parte degli uomini presenta un tumore localizzato, il che significa che la neoplasia è limitata alla ghiandola prostatica e può essere trattata con la chirurgia curativa o la radioterapia. In caso di recidiva, quando la malattia si diffonde o diventa metastatica, il tumore è sensibile agli ormoni e la terapia di deprivazione androgenica (ADT) è il cardine del trattamento.

Le attuali opzioni di trattamento per gli uomini con tumore della prostata ormonosensibile metastatico (mHSPC) prevedono terapia ormonale, come l’ADT, inibitori del recettore degli androgeni più ADT o una combinazione di chemioterapia con docetaxel e ADT. Nonostante questi trattamenti, la maggior parte dei pazienti con tumore della prostata ormonosensibile metastatico progredisce sviluppando un tumore resistente alla castrazione (mCRPC), una condizione di malattia caratterizzata da elevata morbilità e sopravvivenza limitata.

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