Castellana, 12 febbraio 2020 – Al profano il nome suona vagamente siderale: “via del segnale mediata da Notch”. È uno dei canali di trasmissione delle informazioni che normalmente riceve una cellula per orientare il suo futuro. Che gioca però un ruolo chiave anche nella diffusione dei tumori. Accade anche nel colangiocarcinoma (CCA) – di cui oggi ricorre la giornata mondiale – che attaccando la colecisti, è uno dei più aggressivi: inoperabile, privo di terapie che prolunghino la sopravvivenza dei pazienti, letale in pochi mesi.
Ed è in quest’ambito, approfondendo i meccanismi molecolari alla base della sua elevata malignità, che i ricercatori dell’IRCCS de Bellis di Castellana hanno per la prima volta dimostrato come un recente farmaco sperimentale sia in grado di bloccare questa ricezione di informazioni e inibire l’aggressività del colangiocarcinoma: bloccando – e questo è il cuore della scoperta – la neoangiogenesi tumorale, ossia la formazione di nuovi vasi sanguigni indispensabili anche per la vita delle cellule tumorali. In pratica, tagliando loro i rifornimenti.
Dopo oltre quattro anni di lavoro, e grazie a oltre 500.000 euro legati in gran parte a un progetto di ricerca Airc, i risultati della ricerca sono appena stati descritti – almeno per questo ambito applicativo – in un articolo scientifico pubblicato dalla prestigiosa rivista internazionale Cell Death and Differentiation (appartenente al Nature Publishing Group) dal titolo “Crenigacestat, a selective NOTCH1 inhibitor, reduces intrahepatic cholangiocarcinoma progression by blocking VEGFA/DLL4/MMP13 axis”.
Sebbene si tratti di una ricerca preclinica, i modelli altamente innovativi per la prima volta impiegati e descritti in questo ambito hanno previsto l’uso di materiale umano (Patient Derived Xenograft). I risultati, corroborati da ulteriori studi bioinformatici su dati nell’uomo, fanno ben sperare per un futuro impiego di questo approccio terapeutico in studi clinici.
Dunque un prestigioso riconoscimento per l’enorme mole di lavoro svolto dai ricercatori coinvolti, in particolare da Serena Mancarella, tra l’altro ricercatrice precaria, coadiuvata poi da Grazia Serino e Francesco Dituri, recentemente stabilizzati mediate lo strumento della Piramide della Ricerca.
“Una ricerca condotta interamente al de Bellis, che si apre al filone delle neoplasie gastroenteriche – commenta il direttore scientifico Gianluigi Giannelli – eccezionale per impegno, sacrificio e abnegazione dei ricercatori coinvolti e che ha visto nel corso degli anni intessere importati collaborazioni internazionali come quella, sul tema, con la Mayo Clinic”.
“Il messaggio da diffondere è proprio questo: oggi fare ricerca nella propria terra è possibile in centri di eccellenza come il de Bellis, che crede fortemente nei giovani ricercatori, formandoli, inserendoli in network scientifici internazionali, dando loro la possibilità di confrontarsi con i migliori al mondo per portare le acquisizioni all’interno della comunità scientifica dell’Ente. È il caso della dottoressa Mancarella, che ha fatto esperienza negli Stati Uniti e in Gran Bretagna, o del dottor Dituri, anche lui formatosi in Gran Bretagna, entrambi oggi orgogliosi di poter lavorare con eccellenti risultati in Puglia”, prosegue Giannelli.
Sulla scia, la soddisfazione del direttore generale Tommaso Stallone: “Il continuo miglioramento della produzione scientifica si innesca nella crescita dell’Istituto, su tutti i fronti; non ultimo, anche nel costante miglioramento della gestione finanziaria, tema di grande importanza in Puglia. Il de Bellis, in linea con le direttive emanate dalla Regione, ha infatti concluso l’esercizio 2019 con una riduzione della spesa farmaceutica e un miglioramento del bilancio, che premia il lavoro silenzioso di tutto l’Ente”.