Roma, 21 luglio 2020 – È stato appena varato il trial ENGOT CX11 che esplorerà le performance del pembrolizumab (un immunoterapico) in aggiunta alla radiochemioterapia tradizionale su circa un migliaio di pazienti affette da carcinoma della cervice uterina, arruolate presso 220 centri in tutto il mondo, sotto il coordinamento del Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS.
Lo studio, ideato dalla prof.ssa Domenica Lorusso, che ne è anche il principal investigator, darà i primi risultati tra 3 anni. I ricercatori del Gemelli rivolgono un appello a tutte le donne affette da questo tumore perché prendano parte a questa ricerca che potrebbe cambiare lo standard di cura per questa malattia, sempre lo stesso da almeno 15 anni a questa parte.
L’immunoterapia potrebbe risultare vincente in questo contesto perché il tumore della cervice è causato dal papillomavirus, un’infezione che attrae molte cellule immunitarie (linfociti) che potrebbero dunque aiutare per combattere le cellule tumorali, grazie all’immunoterapia.
“Le opzioni terapeutiche per questo tumore – spiega la prof.ssa Domenica Lorusso associato di Ostetricia e ginecologia all’Università Cattolica, campus di Roma, Responsabile della Ricerca Clinica della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS e principal investigator dello studio ENGOT-cx11 – sono sempre le stesse da almeno 15 anni: chirurgia, radiochemioterapia e in qualche caso il ricorso a farmaci antiangiogenici come il bevacizumab. Alcuni studi recenti di fase II hanno però suggerito che un aiuto importante potrebbe venire dall’ultima nata dei trattamenti anti-tumorali, l’immunoterapia. Nel tumore del polmone la combinazione radioterapia-immunoterapia ha dimostrato di funzionare molto bene (come nello studio PACIFIC) e dunque partendo da questa esperienza, abbiamo deciso di testarla anche nel tumore della cervice”.
Le pazienti faranno la radio-chemioterapia per 5 settimane (al Gemelli le terapie verranno effettuate presso il Day Hospital di Radiochemioterapia diretto dal prof. Vincenzo Valentini e presso il Centro di Farmacologia Clinica di Genere diretta dal prof. Giovanni Scambia); quelle assegnate al gruppo di trattamento con il pembrolizumab riceveranno il farmaco ogni 3 settimane in aggiunta alla radiochemioterapia; poi proseguiranno il trattamento con pembrolizumab ogni 6 settimane nella fase di mantenimento, fino ad un massimo di due anni (l’80% delle recidive compare entro i primi due anni).
Lo studio ENGOT CX11, condotto nell’ambito del gruppo ENGOT (European Network for Gynaecological Oncological Trial) a livello europeo e MITO (Multicenter Italian Trials in Ovarian cancer and gynecologic malignancies) in Italia, valuterà la sopravvivenza libera da progressione (PFS) e la sopravvivenza complessiva (OS). “La speranza – conclude la professoressa Lorusso è quella di riuscire a cambiare uno standard di terapia, in piedi da 15 anni”.