Al Congresso mondiale ASCO presentati i risultati di 3 studi che confermano l’efficacia del nivolumab. Il prof. Sergio Bracarda, Direttore Oncologia di Arezzo: “Nel 55,4% dei malati trattati con la nuova molecola immunoncologica un miglioramento importante dei sintomi rispetto al 36,7% con la terapia standard”
Chicago, 6 giugno 2016– Il 34% dei pazienti colpiti da tumore del rene in fase avanzata è vivo a 5 anni. Il dato emerge dall’aggiornamento dello studio CA209-003 che ha dimostrato l’impatto di nivolumab, nuova molecola immunoncologica, sulla sopravvivenza a lungo termine. I risultati sono stati presentati al 52° Congresso ASCO (American Society of Clinical Oncology), il più importante appuntamento al mondo di oncologia in corso a Chicago.
“Si tratta di un passo in avanti decisivo – spiega il prof. Sergio Bracarda, Direttore della UOC di Oncologia Medica di Arezzo, Azienda USL Toscana Sud-Est – Fino ad ora, il tasso di sopravvivenza a un quinquennio, nella fase metastatica o avanzata della malattia, non aveva mai superato il 12%. Lo studio, che ha coinvolto globalmente 306 persone (34 affette da carcinoma renale), ha anche evidenziato che il 38% dei pazienti con carcinoma a cellule renali in stadio avanzato era vivo dopo 4 anni. E un altro studio su 167 pazienti affetti da neoplasia renale, CA209-010, ha confermato questa tendenza positiva con il 29% dei casi vivo a 48 mesi. I dati di queste due ricerche, per la prima volta, riportano una sopravvivenza più lunga di 4 anni con nivolumab in pazienti con carcinoma a cellule renali in stadio avanzato precedentemente trattati. Nel nostro Paese il tumore del rene ha fatto registrare 10.400 nuovi casi nel 2015. La disponibilità di nuove armi come nivolumab, ma anche cabozantinib che ha anch’esso raggiunto un vantaggio in sopravvivenza, potrà migliorare in maniera significativa la capacità di gestione complessiva di questa neoplasia. È importante ricordare come nell’immunoncologia il beneficio clinico debba essere valutato in base alla sopravvivenza, può infatti sfuggire utilizzando altri parametri ‘classici’ come la risposta oggettiva o la sopravvivenza libera da progressione”.
Lo scorso aprile l’agenzia regolatoria europea (EMA) ha approvato la molecola per pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato precedentemente trattati in base ai risultati dello studio di fase III CheckMate -025. Al congresso ASCO sono presentate ulteriori analisi dei dati relativi alla qualità di vita, un endpoint secondario dello studio CheckMate -025, che ha valutato nivolumab rispetto ad una terapia standard (everolimus) in pazienti con carcinoma a cellule renali avanzato che avevano precedentemente ricevuto una terapia anti-angiogenica.
“Il 55,4% dei pazienti trattati con nivolumab – conclude il prof. Bracarda – ha manifestato un miglioramento importante dei sintomi legati alla malattia, rispetto al 36,7% di quelli trattati con everolimus. Una migliore qualità di vita svolge un ruolo decisivo nell’adesione alle cure, perché i pazienti possono interrompere le terapie anche a causa dei disturbi causati dai farmaci”.
fonte: ufficio stampa