Roma, 2 ottobre 2024 – Ogni anno nel Lazio si registrano oltre 3.500 nuovi casi di tumore al polmone, di cui quasi 1.800 nella forma non a piccole cellule (NSCLC) “oncogene addicted”, ovvero quelle forme della malattia legate a una specifica mutazione genetica per alcune delle quali esistono farmaci orali mirati. Se la Ricerca oggi consente di prolungare la sopravvivenza dei pazienti, clinici e istituzioni sono al lavoro per semplificare i percorsi di cura e consentire ai pazienti di assumere i trattamenti a casa, specialmente nel caso delle terapie orali.
Se ne è parlato a Roma alla tavola rotonda “Il valore dell’innovazione nei percorsi di cura dei pazienti con NSCLC Oncogene Addicted”. Presenti le associazioni pazienti WALCE Onlus (Women Against Lung Cancer in Europe) e FAVO (la Federazione delle Associazioni di Volontariato in Oncologia).
Il tumore del polmone è considerato un ‘big killer’, non solo perché ha un’incidenza tra le più alte a livello globale, ma anche perché rappresenta la principale causa di morte per cancro con 1 milione e 800mila decessi l’anno. Nel 2023, l’Italia ha registrato circa 44mila nuove diagnosi di tumore del polmone, di cui oltre 3.500 nel Lazio.
Spiega Emilio Bria (responsabile dell’Unità di Oncologia Toracico-Polmonare del Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma): “L’85% delle diagnosi del tumore al polmone sono tumori ‘non a piccole cellule’ (o NSCLC), una forma, quest’ultima, che nel 60% dei casi mostra specifiche alterazioni genetiche. Individuare le caratteristiche molecolari può aprire dunque a 4 pazienti ogni 10 nuove opportunità per trattamenti personalizzati e in molti casi può determinare un aumento significativo della sopravvivenza ed un miglioramento della qualità di vita. Ad esempio, per una delle mutazioni genetiche più frequenti, la KRASG12C, che caratterizza il 12-13% dei tumori NSCLC, abbiamo da poco a disposizione un farmaco orale, specifico, ‘intelligente’, in grado di bloccare la crescita delle cellule neoplastiche in quei pazienti nei quali il trattamento standard non è in grado più di controllare la malattia. Inoltre, essendo un farmaco in compresse, il Servizio Sanitario Nazionale è in grado, dopo la prescrizione da parte di oncologi che operano nel contesto dei centri della rete regionale oncologica (centri prescrittori), di distribuire questa terapia grazie al sistema delle farmacie delle ASL a livello territoriale, consentendo quindi al paziente di preservare la propria quotidianità e migliorare la qualità della propria vita”.
Dunque per le terapie oncologiche orali i percorsi di cura si apprestano a diventare più “a misura” di persona. “Nella nostra Regione la distribuzione dei farmaci orali avviene attraverso le farmacie ospedaliera – spiega Federico Cappuzzo (direttore di Oncologia medica 2 presso l’Istituto Nazionale dei Tumori Regina Elena di Roma) – Ma per i pazienti oncologici assumere la terapia autonomamente a casa rappresenta un grande miglioramento della qualità di vita. Certamente la distribuzione attraverso dei canali ‘semi-domiciliari’, con la possibilità di ritirare il farmaco nella farmacia di zona invece che all’ospedale, potrebbe essere molto utile, e questo dovrebbe valere anche per molti altri farmaci orali dispensati prevalentemente in ospedale. Non dimentichiamo, inoltre, che il primo passo nel tumore del polmone è la diagnosi precoce e definirne la ‘carta d’identità’. Effettuare il test molecolare a tutti i pazienti con tumore polmonare, significa, infatti, evitare di perdere pazienti che possono avere la mutazione e porre le basi per una prognosi favorevole”.