L’incidenza di tumore del polmone con alterazione di RET è intorno all’1%. Una percentuale non bassa in termini di numeri assoluti, a causa dell’alto numero di persone colpite dalla neoplasia. I pazienti con questa tipologia di tumore rispondono meno ai trattamenti convenzionali, compresa l’immunoterapia. È quindi di fondamentale importanza stabilire una solida strategia di screening molecolare
Roma, 2 novembre 2020 – Un nuovo farmaco per combattere il tumore del polmone, e non solo. Una molecola molto attiva e ben tollerata contro quelle neoplasie che presentano l’alterazione dell’oncogene RET, driver della crescita tumorale. RET può essere alterato nel tumore del polmone, della tiroide e in percentuali inferiori anche in altre neoplasie.
Lo dimostra uno studio clinico di fase 1/2, LIBRETTO-001, su un inibitore specifico di RET in sviluppo clinico e finora approvato solo negli Stati Uniti: il selpercatinib. I dati sono stati presentati, per la prima volta in Italia, al Congresso degli oncologi medici italiani, in corso in questi giorni in modalità virtuale, da Federico Cappuzzo, direttore dell’Oncologia Medica 2 dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena.
Il lavoro ha coinvolto pazienti con tumore al polmone che presentavano tale alterazione biologica, e mostra come il farmaco sia in grado di indurre, in un’alta percentuale di casi, la regressione di malattia per un tempo prolungato.
“Lo studio su Selpercatinib – spiega Federico Cappuzzo – mostra che il tasso di risposta al farmaco è di oltre l’80% per i pazienti ‘naive’, cioè che non avevano precedentemente ricevuto alcun tipo di trattamento, con una mediana in termini di durata della risposta di tempo libero da malattia non ancora raggiunti, anche se presto avremo pure questo dato. Numeri che invece abbiamo già disponibili nei pazienti precedentemente trattati con terapia standard, dove il tasso di risposta è del 64%, con una mediana in termini di durata della risposta di 17.5 mesi e di tempo libero da malattia di 16.5 mesi. Alla luce di questo, ci aspettiamo quindi numeri altrettanto importanti o ancora superiori nei pazienti ‘naive’. Risultati dunque di grande importanza, che dimostrano come vi sia un impatto importante nel controllo del cancro da parte di questo inibitore molecolare”.
L’incidenza di tumore del polmone con alterazione di RET è intorno all’1%. Una percentuale, dunque, non bassa in termini di numeri assoluti, a causa dell’alto numero di persone colpite dalla neoplasia (circa 41 mila nuovi casi ogni anno). I pazienti con questa tipologia di tumore rispondono meno ai trattamenti convenzionali, compresa l’immunoterapia. È quindi di fondamentale importanza stabilire una solida strategia di screening molecolare.
“L’impatto considerevole che hanno i nuovi farmaci a target molecolare sulla malattia – dichiara Cappuzzo – implica la necessità di testare tutti i pazienti, affinché non si precluda a nessun malato la possibilità di ricevere trattamenti che abbiano effetti postivi sulla durata e sulla qualità di vita”.
Il farmaco non è ancora disponibile in commercio in Italia se non nell’ambito di sperimentazione clinica, ma si sono fatti passi in avanti importantissimi in questo ultimo anno. Il primo riguarda l’approvazione del FDA per i tumori avanzati del polmone e della tiroide. Via libera che viene concesso solo quando un farmaco in corso di sviluppo offre benefici superiori rispetto alle terapie già in uso.
I tumori sappiamo essere malattie complesse che suddividiamo in due grandi categorie, quelli che presentano o meno una alterazione genetica cosiddetta ‘azionabile’, cioè aggredibile con un farmaco a bersaglio molecolare. Una percentuale significativa delle neoplasie polmonari, che si aggira oggi intorno al 40-45%, dipende da mutazioni azionabili responsabili della crescita tumorale. Secondo gli esperti, questa caratteristica rappresenta un vantaggio sul piano farmacologico, perché grazie a farmaci intelligenti come l’inibitore di RET è possibile offrire le terapie più appropriate e personalizzate.
“Alla diagnosi di neoplasia polmonare è importante procedere immediatamente con la caratterizzazione molecolare – conclude Gennaro Ciliberto, direttore scientifico IRE – La tecnologia più avanzata è quella dell’utilizzo di grandi pannelli di NextGeneration Sequencing (NGS) disponibili nei centri ad alta specializzazione come il nostro, che permettono l’analisi simultanea e rapida delle mutazioni di tutti i geni azionabili nelle biopsie tumorali e che consentono in breve tempo di individuare i casi positivi e raccomandarli all’oncologo di riferimento. Un complemento all’uso della biopsia tumorale sta diventando la biopsia liquida sul sangue per l’aumento della sensibilità delle tecnologie a nostra disposizione ed il vantaggio di essere meno invasiva”.
La speranza è che il Seplercantinib superi rapidamente tutte le necessarie tappe di approvazione in Europa e nel nostro paese e diventi disponibile al più presto per tutti i nostri pazienti.