Chicago, 6 giugno 2016 – Il carcinoma del pancreas rappresenta, per la prognosi particolarmente sfavorevole, uno dei principali big killer oncologici; per questo motivo la Ricerca clinica si sta impegnando per migliorare le conoscenze sui meccanismi di insorgenza e progressione di questa neoplasia, con l’obiettivo di ottenere terapie sempre più efficaci.
In questo scenario la Ricerca italiana svolge un ruolo rilevante: ne è ulteriore prova lo studio presentato al congresso dell’ASCO – American Association of Medical Oncology, in corso in questi giorni a Chicago, che coinvolge più di 20 Centri italiani, relativo all’impatto che un trattamento di seconda linea può avere in pazienti con malattia metastatica che abbiano ricevuto una terapia di prima linea con lo schema che oggi può essere considerato il trattamento standard, cioè la combinazione di nab-paclitaxel e gemcitabina.
“L’obiettivo principale dello studio era quello di verificare in un ambito di real life i risultati dello studio internazionale MPACT, confermando nab-paclitaxel+gemcitabina come standard of care per il tumore del pancreas metastatico – commenta Ferdinando De Vita, professore di Oncologia Medica alla Seconda Università degli Studi di Napoli – lo studio ha analizzato la prognosi di oltre 220 pazienti trattati con nab-paclitaxel e gemcitabina che, al momento della progressione, hanno ricevuto una seconda linea di chemioterapia o esclusivamente una terapia di supporto. Oltre la metà di tutti i pazienti (55%) ha potuto ricevere una seconda linea: indipendentemente dal tipo di chemioterapia, la prosecuzione del trattamento antiblastico ha determinato un miglioramento statisticamente significativo della sopravvivenza mediana, che si è attestata sui 13.5 mesi rispetto ai 6.5 mesi dei pazienti che non hanno ricevuto la seconda linea chemioterapica”.
fonte: ufficio stampa