Una patologia rara che purtroppo non presenta subito sintomi evidenti
Milano, 6 aprile 2022 – I carcinomi della tiroide sono causati dalla crescita anomala e incontrollata delle cellule che la costituiscono e insorgono prevalentemente nelle donne in età adulta.
Nel 90-95% dei casi le cellule coinvolte sono i tireociti, cioè le vere e proprie cellule della tiroide, riunite in gruppetti chiamati “follicoli tiroidei”, che producono gli ormoni, nella restante percentuale di casi vengono colpite le cellule parafollicolari – cellule presenti in misura quantitativamente minore e che producono un ormone chiamato calcitonina.
Sebbene i noduli tiroidei siano molto frequenti, solo il 10% circa di essi sono maligni e i tumori alla tiroide sono quindi da considerarsi tumori rari.
“Tra i fattori di rischio più importanti per lo sviluppo dei carcinomi della tiroide vi sono la familiarità e l’esposizione a radiazioni (anche radioterapia per altre neoplasie)”, afferma la dott.ssa Laura Fugazzola, Responsabile Centro Tiroide – U.O. Endocrinologia e Malattie del Metabolismo – Auxologico San Luca, centro che è stato recentemente accreditato ad EURACAN (European Network for Rare Adult Solid Cancer).
“Sono note – continua la dott.ssa Fugazzola – le alterazioni genetiche responsabili della quasi totalità dei tumori tiroidei. Tali alterazioni genetiche possono essere ricercate nel tumore o, in caso di forme familiari, nel sangue. In quest’ultimo caso, il rilievo del gene mutato nei familiari di un soggetto affetto indica la presenza di un tumore in fase iniziale o ne indica il futuro sviluppo, consentendo così di procedere precocemente all’asportazione della tiroide e portando così a completa guarigione”.
Il tumore alla tiroide spesso non si manifesta con alcun sintomo nella fase precoce della malattia perché cresce in maniera lenta e silenziosa. Il campanello d’allarme può essere rappresentato da un nodulo isolato nella ghiandola riscontrato alla palpazione; tuttavia non tutti i noduli sono segno di un tumore alla tiroide, anzi nella maggior parte dei casi sono solo l’espressione di un’iperplasia tiroidea (una manifestazione benigna che determina un aumento di volume della ghiandola).
La diagnosi di tumore maligno si avvale di dati anamnestici, in grado di fornire indicazioni sull’esistenza di altri casi nella famiglia del paziente e sulla velocità di accrescimento del nodulo, e dell’esame obiettivo che individuerà un nodulo duro e in qualche caso la presenza di linfonodi ingranditi in regione laterocervicale.
Gli esami del sangue sono importanti per determinare la funzionalità della tiroide mediante il dosaggio del TSH e consentono di valutare la calcitonina, un marcatore di carcinoma midollare della tiroide. L’ecografia della tiroide, per mezzo della tecnologia a ultrasuoni, permette di descrivere le caratteristiche del nodulo e di visualizzarne i rapporti con le strutture normali della ghiandola mentre, come ultimo approfondimento diagnostico, e solo nel caso in cui si abbia necessità di stabilire la precisa localizzazione del tumore prima dell’intervento chirurgico, si possono effettuare una TC o una risonanza magnetica per osservare meglio il nodulo maligno, i rapporti con le strutture circostanti e le eventuali metastasi.