Tumore alla prostata: arrivare prima per intervenire meglio. Intervista al prof. Bernardo Rocco

Milano, 29 ottobre 2020 – Fondazione Umberto Veronesi, con il progetto Salute al Maschile, è impegnata nel finanziamento della ricerca scientifica per combattere i tumori tipicamente maschili, ossia a prostata, vescica e testicolo. Fino ad oggi ha finanziato 53 ricercatori che hanno dedicato la propria vita allo studio e alla cura di queste patologie.

Allo stesso tempo Fondazione mira a sensibilizzare gli uomini e fornire loro gli strumenti utili per tutelare la propria salute, promuovendo la prevenzione attraverso la conoscenza delle malattie che non riguardano soltanto i tumori. Questa emergenza sanitaria sta facendo tardare le visite e i controlli con conseguente ritardo nella diagnosi.

Sull’argomento abbiamo intervistato il prof. Bernardo Rocco, Professore Ordinario Università di Modena e Reggio Emilia, Direttore UOC Urologia AOU Modena e Membro del Comitato Scientifico di Fondazione Umberto Veronesi.

Prof. Bernardo Rocco

Prof. Rocco, perché è importante parlare di tumore alla prostata?
È il tumore più frequente nel sesso maschile dopo i 50 anni; in Europa si contano circa 450.000 nuovi casi all’anno per una stima complessiva di 2.500.000 di pazienti affetti da questa malattia, in diversi stadi e momenti del percorso di cura.

Spesso il tumore della prostata ha bassa aggressività e decorso lento e favorevole. Tuttavia occorre ricordare come vi siano paesi in cui la mortalità per tumore della prostata non è affatto trascurabile, anzi supera quella per tumore del seno o dell’intestino, neoplasie per le quali il livello di attenzione – e di cura – è molto elevato.

Infatti, come per la maggior parte dei tumori, prima lo si intercetta, meno sforzi si renderanno necessari per la cura: diagnosticare precocemente il tumore della prostata significa maggiori possibilità di guarire e, a parità di trattamento, meno effetti collaterali e meno impatto avverso sulla qualità di vita.

Le possibilità di cura sono tante, è dunque opportuno che la malattia venga inquadrata in un contesto multidisciplinare, che include l’urologo, l’oncologo, il radioterapista, ma anche il patologo, l’endocrinologo, lo psicologo, il sessuologo…perché tutti gli aspetti della malattia devono essere presi in considerazione, mantenendo al centro il paziente, la patologia, ma anche le sue personali aspettative e il mantenimento – se non il miglioramento – della sua qualità di vita.

Per questo oggi si dice che il trattamento del tumore della prostata debba essere ‘ritagliato’ sul paziente, e questo compito è affidato a un team di specialisti che coordinano e sequenziano il percorso di cura.

Considerata l’importanza della prevenzione nell’ambito di questa patologia, cosa devono fare gli uomini?
Ribadendo che la prevenzione è fondamentale, per i motivi che abbiamo appena elencato, prima si intercetta il tumore e meglio lo si tratta: migliori risultati e meno effetti collaterali da terapia.

Da chirurgo, vivo quotidianamente questa realtà: quanto più il tumore si estende, tanto più la dissezione chirurgica dovrà essere ampia, per garantirne l’asportazione completa e assicurare così il primo principio della chirurgia oncologica, cioè il tentativo di radicalità. Ma un’ampia dissezione chirurgica va a scapito delle strutture funzionali adiacenti la prostata, preposte alla continenza urinaria e all’erezione: per questo motivo, lo stesso intervento di prostatectomia radicale potrà avere maggiori effetti collaterali – incontinenza e impotenza – se eseguito su un tumore diagnosticato più tardivamente.

Per intercettare precocemente il tumore della prostata, occorre l’informazione: gli uomini devono conoscere che esiste questa malattia, devono parlarne con il proprio urologo, e con lo specialista valutare la strategia per la diagnosi precoce di una eventuale malattia. Questo rappresenta già il primo passo verso una cura efficace e al contempo meno aggressiva.

Come sta incidendo questa emergenza sanitaria sugli screening e sui pazienti?
La pandemia sta provocando in tutti noi un momento di disorientamento, in continua evoluzione fra numeri e indicazioni, nel quale è difficile soppesare cosa è meglio per la nostra salute: continuare a prendersi cura delle malattie note e perseguire la loro prevenzione, o ritardarne la diagnosi e il trattamento perché sopraffatti dal timore del coronavirus?

Allineandomi alle parole del Presidente Mattarella “troppe cure rimandate, il tumore non va in lockdown”, ritengo che non dobbiamo dimenticare le patologie oncologiche, ma valutare, sempre con lo specialista, le modalità più idonee a perseguire un percorso di diagnosi precoce e/o di cura.

Quali sono gli scenari futuri della ricerca scientifica e della medicina contro il tumore alla prostata?
L’efficacia della cura del tumore prostatico si è evoluta in maniera esponenziale negli ultimi decenni, abbracciando tutti i momenti della malattia, dalla diagnosi precoce sul paziente sano al trattamento delle forme più avanzate.

Tre sono i momenti fondamentali di questa evoluzione: l’introduzione del PSA come strumento diagnostico, della chirurgia robotica per le forme localizzate, dei nuovi agenti terapeutici per i tumori più avanzati.

Anche in corso di emergenza da coronavirus, non possiamo dimenticare e abbandonare i progressi che sono stati fatti per la cura del tumore della prostata – e il benessere di ogni singolo paziente.

Fondazione Umberto Veronesi è impegnata nella lotta ai tumori maschili: in che modo?
Da sempre Fondazione è impegnata nell’educazione alla prevenzione dei tumori tipicamente maschili, ossia tumore alla prostata, vescica e testicolo e a raccogliere fondi per finanziare numerosi ricercatori che quotidianamente lavorano per trovare soluzioni di cura efficaci contro queste patologie.

Allo stesso tempo vi sono le attività di divulgazione scientifica per informare correttamente sempre più uomini, attraverso i quaderni e manuali che si possono scaricare gratuitamente dal sito www.fondazioneveronesi.it: un sito autorevole e costantemente aggiornato dalla redazione scientifica.

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