Con una sorta di “avatar” di ciascun paziente si potrebbero mettere a punto terapie più precise per colpire le metastasi presenti nelle diverse parti dell’organismo. Dott. Gennaro Ciliberto, Direttore scientifico IRE: “È uno studio altamente innovativo perché chiarisce come si possa prevedere la risposta ai farmaci in maniera mirata partendo da biopsie di metastasi tumorali”
Roma, 25 luglio 2022 – È stato appena pubblicato sulla rivista Molecular Cancer un articolo a firma di alcuni ricercatori dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena – IRE, in cui è descritto l’utilizzo di organoidi, ossia cellule in coltura in tre dimensioni, per caratterizzare al meglio i meccanismi molecolari alla base del processo metastatico e per valutare l’efficacia di specifiche terapie innovative in casi di metastasi derivate da carcinoma mammario.
Il tumore al seno rappresenta il cancro più frequente nelle donne non solo in Italia. La malattia dà di frequente origine a metastasi, a partire da cellule del tumore primario che nel tempo diventano più aggressive e resistenti ai comuni trattamenti terapeutici, riuscendo ad insediarsi in molteplici organi del corpo.
Attualmente è molto difficile predire l’insorgenza delle metastasi in pazienti con tumore al seno. È necessario quindi identificare marcatori prognostici della malattia metastatica e caratterizzarli al fine di sviluppare nuove ed efficaci strategie terapeutiche.
“Con l’articolo appena pubblicato – evidenzia Giovanni Blandino, coordinatore dello studio e Direttore dell’Unità di Ricerca Traslazionale Oncologica dell’IRE – viene utilizzato un nuovo modello sperimentale, costituito da organoidi, ossia cellule isolate da lesioni metastatiche di tumore al seno e cresciute in laboratorio in tre dimensioni e in condizioni di coltura che mimano quelle del tumore di origine. A differenza di altri sistemi sperimentali, come le cellule in coltura in singolo strato o gli animali di laboratorio in cui è stato trapiantato una parte di un tumore, gli organoidi sembrano mantenere le proprietà morfologiche e genetiche del tumore da cui originano. Si tratta di un notevole vantaggio per l’affidabilità della sperimentazione. Anche per questo gli organoidi possono essere per certi aspetti considerati come una sorta di avatar tridimensionale di ciascuna paziente, oltre a essere strumenti molto utili per la caratterizzazione di ciascun tumore”.
“Sebbene numerosi studi siano finalizzati a generare organoidi da tumori al seno – sottolinea Gennaro Ciliberto, Direttore scientifico IRE – al momento, in letteratura, non sono stati pubblicati risultati riguardanti organoidi derivati da lesioni metastatiche. La carenza è in parte dovuta alla limitata disponibilità del materiale metastatico, poiché non sempre vi è l’indicazione all’intervento chirurgico come per le lesioni primarie, e inoltre alla mancanza di condizioni sperimentali idonee per l’utilizzo degli organoidi”.
L’obiettivo principale dello studio è stato di determinare le condizioni di coltura ottimali per l’allestimento degli organoidi da lesioni metastatiche di tumore al seno e derivate da diversi siti, quali cervello, colonna vertebrale, polmone e cute.
“Il risultato è stato reso possibile grazie al lavoro multidisciplinare che caratterizza l’IRE – commenta Marina Cerimele, Direttore Generale IFO – e all’intensa collaborazione tra tutte le unità operative dell’Istituto che ha permesso di raccogliere e conservare nella biobanca, a oggi, 40 lesioni metastatiche da tumore al seno e 140 tumori primari da cui derivare organoidi. In particolare, hanno preso parte al progetto tutte le chirurgie dell’Istituto, proprio perché sono diverse le sedi in cui il tumore del seno può metastatizzare. Inoltre hanno collaborato la biobanca, l’anatomia patologica e le oncologie dell’Istituto, fondamentali per la ricostruzione della storia clinica dei pazienti”.
“In questo studio abbiamo selezionato quattro pazienti con metastasi e mutazioni del gene PIK3CA e due con metastasi prive di mutazioni del gene PIK3CA – illustra Giovanni Blandino – A seconda del sito metastatico di origine, abbiamo sviluppato terreni di coltura specifici per ogni lesione metastatica, che si sono rivelati funzionali per la crescita dei nostri organoidi. Tramite analisi molecolari abbiamo verificato che gli organoidi generati riproducevano fedelmente le caratteristiche principali della metastasi di origine, rappresentando quindi degli ideali modelli sperimentali con cui valutare la risposta a specifici trattamenti”.
“In particolare – prosegue Blandino – in seguito al trattamento degli organoidi con alpelisib, un farmaco specifico per tumore al seno con mutazioni del gene PIK3CA, vi è stata una risposta importante al farmaco, grazie a una riduzione della capacità proliferativa delle cellule, negli organoidi derivati da metastasi con mutazione del gene PIK3CA, a prescindere dal sito metastatico di origine. Gli organoidi di lesioni metastatiche prive di mutazioni nel gene PIK3CA sono risultati, invece, insensibili al trattamento, come atteso”.
I risultati ottenuti suggeriscono che gli organoidi derivati da lesioni metastatiche, possano diventare promettenti modelli sperimentali per la messa a punto di terapie innovative e mirate, da valutare prima in laboratorio e poi proposte ai pazienti, in tempi anche brevi.
Si ringrazia la Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, che ha sostenuto lo studio.