Lo dimostrano i dati di uno studio internazionale condotto su donne con pregresso carcinoma mammario e BRCA-mutate, recentemente pubblicato sulla prestigiosa rivista americana Journal of Clinical Oncology
Genova, 30 luglio 2020 – Raggiunto dall’Ospedale Policlinico San Martino un nuovo traguardo in ambito oncologico. Sulla prestigiosa rivista americana Journal of Clinical Oncology è stato recentemente pubblicato uno studio, coordinato da Matteo Lambertini, medico e ricercatore rispettivamente presso la Clinica di Oncologia Medica e il Dipartimento di Medicina Interna e Specialità Mediche dell’Università degli Studi di Genova, che ha permesso di dimostrare come la gravidanza in donne con pregresso tumore alla mammella e portatrici di mutazioni dei geni BRCA (geni che in forma mutata possono predisporre la donna ad un aumentato rischio di ammalarsi) non abbia conseguenze negative sulla salute delle madri e dei neonati.
I risultati dello studio, condotto dal Policlinico in collaborazione con 29 centri europei, americani e israeliani, rappresentano una notizia estremamente importante per tutte le donne giovani che hanno affrontato un tumore alla mammella associato alla mutazione genetica BRCA e che intendono portare avanti una gravidanza al termine delle cure oncologiche.
Il carcinoma mammario rappresenta, infatti, la neoplasia più frequente nelle donne: in Italia, sono circa 53.000 le donne colpite ogni anno dal cancro al seno. Si contano 3.500 casi sotto i 40 anni, tra questi il 10% ha carattere ereditario, correlato alla ‘mutazione Jolie’ (questo il nome con cui è nota all’opinione pubblica la mutazione del gene BRCA, di cui l’attrice è portatrice).
Due sono le preoccupazioni principali relativamente al tema della maternità per le giovani donne che hanno affrontato il tumore alla mammella, che spesso sono condivise anche da molti loro oncologi curanti: la possibilità che la gravidanza possa peggiorare la prognosi della paziente e il rischio che la pregressa esposizione a trattamenti oncologici possa avere effetti nocivi sulla futura gravidanza. Di conseguenza, prima dei risultati di questo studio, alle pazienti con pregresso carcinoma mammario e portatrici di mutazione BRCA veniva spesso sconsigliata una gravidanza, per paura di recidive o di ripercussioni negative sul feto.
“Questi risultati dimostrano ulteriormente quanto sia importante sostenere la ricerca per continuare a migliorare le opportunità terapeutiche ma anche più in generale la gestione della qualità di vita delle pazienti durante e dopo le cure stesse” afferma Antonio Uccelli, Direttore Scientifico dell’Ospedale Policlinico San Martino.
“L’idea di condurre questo studio è nata proprio dall’assenza di evidenze scientifiche – spiega Matteo Lambertini – per poter rassicurare queste pazienti e i loro medici curanti su un tema così importante”.
“Lo studio – prosegue Uccelli – è stato condotto grazie anche ai fondi del 5×1000 destinati al Policlinico, e ha permesso di raccogliere dati da tutto il mondo per oltre 3 anni su 1.252 donne con mutazione genetica BRCA e diagnosi di carcinoma mammario prima dei 40 anni. Di queste pazienti, negli oltre 8 anni di follow-up, 195 hanno avuto una gravidanza dopo il completamento delle cure oncologiche. Lo studio ha dimostrato chiaramente che avere una gravidanza è sicuro sia per la madre sia per i neonati. Non è, infatti, stato osservato alcun peggioramento della prognosi per le pazienti che hanno avuto una successiva gravidanza; inoltre, il tasso di complicanze della gravidanza e di anomalie congenite sono risultati sovrapponibili a quelli attesi nella popolazione generale”.
“Questi risultati hanno importanti implicazioni cliniche perché ci permettono di affermare che, al termine delle cure oncologiche e dopo un periodo di osservazione adeguato, le donne con pregresso carcinoma mammario portatrici di mutazione BRCA possono condurre a termine con successo una gravidanza. Restituire queste speranze e possibilità alle giovani pazienti, rappresenta un importante passo avanti in oncologia per rendere la vita dopo la malattia sempre più libera, non solo dal cancro stesso, ma anche dalle sue possibili complicanze” conclude Lucia Del Mastro, responsabile della Breast Unit dell’Ospedale Policlinico San Martino.