Obiettivo di Pegasus è dimostrare che grazie allo strumento-guida della biopsia liquida è possibile rendere più preciso il percorso terapeutico post-chirurgico per i pazienti affetti da tumore al colon. Nel corso dello studio dovrebbero essere reclutati 140 pazienti affetti da tumore al colon in 8 istituti clinici europei
Milano, 30 marzo 2021 – Il tumore del colon rappresenta oggi una delle più grandi sfide della ricerca biomedica. Ogni anno nel mondo sono diagnosticati più di un milione di nuovi casi, di cui quasi 325 mila in Europa e quasi 34 mila solo in Italia. Si tratta del secondo tumore maligno più frequente nella donna e del terzo nell’uomo.
Il primo trattamento per il tumore del colon è la chirurgia in 8 pazienti su 10. La chirurgia però non è sempre sufficiente perché in molti pazienti sono già presenti delle micro-metastasi non rilevabili agli esami radiologici che si eseguono prima e dopo la chirurgia. A causa di queste possibili micro-metastasi, che crescendo porterebbero a una recidiva del tumore nel giro di due o tre anni, la maggior parte dei pazienti viene oggi trattata per precauzione con la cosiddetta chemioterapia adiuvante, anche se più della metà di loro non ne avrebbe bisogno.
“Un test diagnostico che rivelasse la presenza delle micro-metastasi dopo la chirurgia – spiega la dott.ssa Silvia Marsoni, direttore dell’Unità di Oncologia di Precisione dell’IFOM di Milano, promotore dello studio Pegasus – ci permetterebbe di personalizzare la terapia adiuvante, restringendone l’uso ai soli pazienti che ne avessero davvero bisogno”.
Ed è questa la sfida che si pongono i medici e ricercatori coinvolti nello studio Pegasus, sostenuto da Fondazione AIRC nell’ambito del programma 5×1000 coordinato dal prof. Alberto Bardelli, ordinario del Dipartimento di Oncologia dell’Università degli studi di Torino e Direttore dell’Unità di Oncologia Molecolare presso l’Istituto di Candiolo FPO- IRCCS.
“Abbiamo individuato nella biopsia liquida – illustra Bardelli – lo strumento-guida ideale per orientare la scelta del trattamento post-chirurgico nei pazienti con tumore del colon. A partire da un semplice prelievo di sangue e sfruttando la genomica computazionale, riusciamo a individuare le ‘spie molecolari’ della presenza di micrometastasi e a definire la successiva terapia. Grazie a Fondazione AIRC che ci ha sempre sostenuto nello sviluppo della biopsia liquida, oggi abbiamo quindi uno strumento cruciale per rendere più preciso il percorso terapeutico per ogni singolo paziente” conclude Bardelli.
“Fondazione AIRC – commenta il prof. Federico Caligaris Cappio, Direttore Scientifico di Fondazione AIRC – crede nella medicina di precisione guidata dalla ricerca scientifica. Pegasus è un eccellente esempio di come la ricerca possa portare a fare il meglio per ogni singolo paziente”.
PEGASUS affronta infatti nello specifico un importante problema irrisolto nel trattamento post-chirurgico del tumore del colon: la personalizzazione della terapia adiuvante. “Non abbiamo sempre idea di quali siano i pazienti che hanno bisogno di una chemioterapia perché il loro tumore è destinato a ricadere, e quali invece la farebbero per niente, perché il loro tumore è già completamente guarito grazie all’intervento del chirurgo” spiega la dott.ssa Sara Lonardi, responsabile clinico dello studio PEGASUS, Dirigente Medico presso l’Istituto Oncologico Veneto IRCCS di Padova.
“La ricerca del DNA del tumore all’interno del sangue del paziente stesso ci potrà dire se quel paziente ha un rischio maggiore di ricaduta e quindi necessita di un trattamento più intensivo, rispetto a un altro che non ha DNA tumorale circolante e quindi probabilmente ha bisogno di un trattamento meno intensivo”, prosegue Lonardi.
I pazienti coinvolti nello studio saranno 140, in 8 istituti clinici europei. Come avviene il coinvolgimento dei pazienti? “Allo studio PEGASUS – risponde il prof. Andrea Sartore-Bianchi, oncologo medico responsabile dello studio PEGASUS presso il Cancer Center dell’Ospedale Niguarda di Milano – parteciperanno persone che hanno subito un intervento chirurgico per un tumore del colon con caratteristiche di rischio che rendono necessaria una chemioterapia post-chirurgica”.
“Pegasus – commenta il prof. Filippo de Braud, Direttore del Dipartimento e della Divisione di Oncologia Medica ed Ematologia dell’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano – è uno studio estremamente interessante che consente un elevato coinvolgimento dei nostri pazienti per cercare di ridurre trattamenti inutili a coloro che fanno terapie per diminuire il rischio di recidive in una malattia”.
“Inoltre – aggiunge il dott. Filippo Pietrantonio, oncologo medico responsabile dello studio PEGASUS presso lo stesso Istituto e ricercatore presso l’Università degli Studi di Milano – nei pazienti reclutati viene effettuato un monitoraggio della presenza del DNA tumorale nel sangue per tutta la durata del percorso clinico-terapeutico, proprio per consentire di personalizzare la scelta terapeutica anche nel corso della strategia di cura”.
PEGASUS è condotto e gestito dalla dott.ssa Silvia Marsoni in IFOM nell’ambito del programma AIRC 5X1000 – 21091 dal titolo “Insights into the evolving heterogeneity of metastatic colorectal cancer: from mechanisms to therapies” coordinato dal prof. Alberto Bardelli. Il programma è reso possibile anche grazie alla collaborazione con l’azienda Guardant Health Inc., il Vall d’Hebron Institute of Oncology di Barcellona e la Fondazione GISCAD.
Il progetto coinvolge una rete di centri clinici di eccellenza in Italia e in Spagna, sostenuto dal 5×1000 AIRC e coordinato dal prof. Salvatore Siena, Direttore del Dipartimento di Ematologia ed Oncologia dell’Ospedale Niguarda di Milano. “Il nostro interesse preciso è quello di migliorare la diagnostica e la terapia di tutti i tumori cosiddetti ‘big killers’, e fra questi il carcinoma del colon. Abbiamo svolto nel corso degli anni precedenti alcune ricerche che hanno migliorato la terapia del carcinoma metastatico prolungando la sopravvivenza e raggiungendo la guarigione in una frazione di pazienti. Oggi stiamo estendendo le nostre ricerche alla malattia cosiddetta localmente avanzata”.
Nonostante l’emergenza sanitaria e le sfide dell’anno passato, dallo scorso giugno a oggi lo studio è stato attivato in 8 centri, tra cui 5 ospedali italiani e 3 spagnoli, sottolineando ancora una volta come l’unione di diverse competenze e prospettive sia indispensabile nell’intricato percorso della ricerca biomedica. “Speriamo di aggiungere un piccolo tassellino che insieme al lavoro di tanti altri colleghi in tutto il mondo ci aiuterà a identificare quali sono i pazienti da trattare e a trattarli sempre nella maniera più appropriata” sottolinea la dott.ssa Sara Lonardi.
“Mi chiedono sempre il perché del nome Pegasus – conclude la dottoressa Marsoni – l’ispirazione è ovviamente il cavallo alato di mitologica memoria che nasce dal sangue della testa di Medusa tagliata dall’eroe greco per antonomasia Perseo. A noi è sembrato un simbolo perfetto per lo studio: qualcosa di vivo che nasce dal sangue, quindi la biopsia liquida, e una nuova tecnologia che mette le ali alla tecnologia pre-esistente”.