Roma, 11 giugno 2020 – Perdere di vista un bambino anche solo per qualche secondo non è impossibile ma purtroppo a volte può essere fatale. È così che possono generarsi traumi cranici con esiti severi che rappresentano, inoltre, la prima causa di morte in età evolutiva. Per approfondire l’argomento l’agenzia di stampa Dire ha intervistato il prof. Enrico Castelli, responsabile della struttura complessa di Neuroriabilitazione dell’ospedale Bambino Gesù.
Il trauma cranico nel bambino non è così infrequente. Qual è la sintomatologia che deve spingere a rivolgersi al Pronto Soccorso? Quali sono gli esami a cui sottoporre il piccolo paziente?
“Il trauma cranico è una patologia abbastanza frequente nel bambino. Bisogna tener presente che in età evolutiva, tra i 0 e i 14 anni, circa un bambino ogni dieci durante un anno viene valutato da un medico proprio per gli effetti di un trauma cranico. Per fortuna nella maggior parte dei casi si tratta di un trauma lieve mentre esiste una quota, che si aggira al 5% e 10% che richiedono un ricovero ospedaliero.
Le cause possono essere diverse secondo l’età. Il bambino piccolo cade soprattutto dal fasciatoio o dalle braccia del genitore, mentre crescendo può cadere dal triciclo oppure essere investito quando attraversa la strada. Dai 14 anni in poi lo sport, in particolare l’uso della bicicletta o dello scooter, sono le principali cause di incidenti.
Quando si verifica il trauma cranico il genitore deve prestare attenzione ad alcuni comportamenti che il bambino può sviluppare come: non rispondere per due o tre secondi, se manifesta sonnolenza, non si risveglia, se ha un pianto incontrollabile oppure se mette in atto dei comportamenti insoliti. Questi sono tutti aspetti che hanno bisogno di una valutazione clinica.
È bene prestare attenzione anche alla presenza di vomito che si ripete, comparsa di convulsioni di tipo epilettico, cefalea che persiste o peggiora. Sotto l’anno di età bisogna considerare se la fontanella è tesa o gonfia perché questo potrebbe essere indice di un problema.
E ancora è segno che qualcosa non va se il piccolo ha difficoltà a parlare, a camminare, a muovere gli arti. Tutti questi fattori devono spingere il genitore a recarsi al pronto soccorso.
Arrivato in ospedale il bambino viene classificato per tipo di trauma e viene sottoposto ad osservazione, se necessario secondo determinati parametri, il paziente viene dimesso o ricoverato. Generalmente il primo esame che viene effettuato sul piccolo è una tac. È importante poi valutare la storia clinica del paziente fattori che il medico deve valutare per definire la migliore strategia di trattamento”.
Alcune cadute possono portare a fratture e lesioni anche di tipo neurologico. Che trattamenti sono indicati e che ruolo svolge la riabilitazione?
“Ci possono essere diversi tipi di trauma da funzionale e temporaneo oppure, nei casi importanti che possono durare anche mesi, provocare dei danni permanenti. L’intervento riabilitativo deve essere precoce già con il bambino nel reparto di terapia intensiva. Una volta nel reparto di riabilitazione si rivaluta il bambino perché i danni possono essere motori, sensoriali, visivi, cognitivi, nella deglutizione e nella vita di relazione.
Si parte da interventi di riabilitazione intensiva quando il bambino è ricoverato che poi devono proseguire sul territorio perché è difficile che si risolvano in alcuni mesi. In particolare i bambini di 3 o 4 anni che hanno subito un trauma e hanno recuperato le loro funzioni possono essere comunque a rischio di sviluppare problemi di tipo intellettivo che si manifestano in età scolare. Per questo è bene sottoporre il bambino a controlli distanziati nel tempo”.
Le cadute accidentali possono originarsi anche durante l’attività sportiva. Quali sono gli sport che è meglio rimandare da una certa età in poi?
“Il calcio, la bicicletta, lo sci, l’equitazione possono essere avviati solo da una certa età in poi. Quello che è importante è che il bambino indossi il casco e tutti i possibili sistemi di protezione”.
Anche la casa può diventare un luogo davvero pericoloso… come mamma e papà devono metterla in sicurezza?
“La casa è considerata il luogo per eccellenza più sicuro, inevitabilmente cala l’attenzione rispetto a quando si è fuori. In realtà è dimostrato dal numero dei ricoverati che la casa può essere un grande fattore di rischio. Il bambino piccolo è velocissimo, per cui anche la disattenzione di pochi secondi può essere fatale.
Il bambino allora può cadere dal fasciatoio, dalle scale, tirarsi addosso gli oggetti come televisori e scarpiere e inciampare nei tappeti. È bene quindi fissare i mobili, mettere cancelletti nel caso ci siano delle scale in casa, e nella doccia o nella vasca inserire dei tappetini antiscivolo. E poi anche se esula dal domicilio quando si va in auto bisogna sempre mettere il bimbo nel seggiolino. Non bisogna cedere a pianti o tenerlo in braccio sul sedile anteriore, perché nel caso di incidente stradale non solo può picchiare la testa ma anche essere schiacciato dal peso della mamma o di chi lo tiene in braccio, causando traumi con esiti davvero severi e permanenti.
Quando si esce per una passeggiata, tenere sempre il bambino all’interno della strada perché la macchina che sopraggiunge potrebbe non vederlo. Insomma, l’attenzione dell’adulto è fondamentale per prevenire il trauma cranico, una delle poche patologie che si può prevenire e che si attesta però come la principale causa di morte in età evolutiva”.