Il presidente FICOG Carmine Pinto: “L’emergenza non è ancora finita ma le nostre strutture sanitarie sono ormai sicure. Invitiamo quindi tutti i malati di cancro a partecipare alle sperimentazioni cliniche”. Presentati oggi i primi dati di una ricerca condotta in 52 centri specializzati della Penisola
Roma, 14 luglio 2020 – La gestione dell’emergenza del Coronavirus in Italia rende necessaria una riorganizzazione del lavoro dei ricercatori che operano in ambito oncologico. È quanto sostiene una recente indagine della Federation of Italian Cooperative Oncology Groups (FICOG) svolta tra i clinici di 52 diversi centri della Penisola. Il 65% sostiene di avere avuto negli ultimi mesi difficoltà nella comunicazione e informazione con pazienti sempre più intimoriti dalla pandemia. Per sette su dieci è prioritario riuscire a limitare la migrazione dei malati, che partecipano a studi clinici, da una Regione all’altra. L’83% afferma come sia indispensabile implementare, al più presto, le attività via web e da remoto. I dati sono presentati oggi in un webinar della FICOG al quale partecipano rappresentanti dei pazienti e delle associazioni medico-scientifiche.
“Il Covid-19 potrebbe ridurre nei prossimi mesi la partecipazione a studi clinici per la messa a punto di nuovi trattamenti anti-tumorali – sottolinea il prof. Carmine Pinto, Presidente FICOG – E questo potrebbe avvenire soprattutto nei territori che sono stati più duramente colpiti dalla pandemia. Bisogna ricordare ai malati che il rischio di contagio nelle strutture sanitarie della Penisola adesso risulta minimo e che invece sono numerosi i vantaggi derivati dalla riapertura delle sperimentazioni cliniche. Al tempo stesso non va dimenticato come l’emergenza Coronavirus non sia ancora finita. È fondamentale ridurre gli spostamenti interni tra le Regioni e organizzare gli accessi agli ospedali. Creare una rete nazionale di centri, che svolgono ricerca oncologica, è secondo noi la soluzione ottimale”.
Durante il webinar della FICOG sono stati inoltre presentati i dati preliminari di uno studio condotto a Reggio Emilia su pazienti oncologici ricoverati in ospedale perché colpiti da Covid. Circa il 70% di questi malati, al momento dell’infezione, avevano avuto una diagnosi di tumore da più di cinque anni.
“Si tratta di pazienti cosiddetti ‘survivors’ e che possono essere considerati guariti dal cancro – prosegue Pinto – Al momento del contagio non erano quindi sottoposti a un trattamento antitumorale attivo ed in buona parte non rientravano più nelle visite di controllo previste nei follow up. È un dato interessante che merita di essere approfondito da ulteriori ricerche, e che ci impone per il futuro, anche al di là dell’emergenza Covid, una riflessione sui bisogni delle persone guarite da cancro e sul cosiddetto “survivorship plane”.
“Il coinvolgimento riconosciuto per legge delle Associazioni dei pazienti nella definizione dei protocolli di ricerca nelle diverse fasi delle sperimentazioni cliniche facilita l’alleanza con i clinici e garantisce libertà di scelta, privacy, trasparenza delle attività, ma senza fermare la ricerca”, afferma il prof. Francesco De Lorenzo, Presidente della Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia (FAVO).
“Come Associazione Italiana di Oncologia Medica (AIOM) ci siamo attivati per rendere disponibili e operative delle linee guida per la gestione dell’infezione da Coronavirus in persone che hanno già sconfitto il cancro – conclude il prof. Giordano Beretta, Presidente Nazionale AIOM – Stiamo lavorando ad un documento scientifico condiviso con i rappresentati dei pazienti e altre Società Scientifiche. È importante svolgere attività di ricerca anche in questo particolare ambito per incrementare le nostre conoscenze anche in vista di una possibile ricrescita di casi di Coronavirus nei prossimi mesi”.