Con una nuova analisi del terremoto che colpì la Turchia e la Siria nel 2023, sono stati svelati segnali emessi dalla fratturazione del suolo prima dell’evento
Roma, 27 giugno 2024 – Uno studio recentemente pubblicato sulla rivista Nature Communications Earth & Environment ha svelato come i primi segnali emessi da un terremoto possano consentire di tracciare l’evoluzione della frattura del suolo nel tempo e, quindi, essere potenzialmente utilizzati per allertare la popolazione prima dell’arrivo delle onde sismiche.
Lo studio, intitolato “Retrospective performance analysis of a ground shaking early warning system for the 2023 Turkey-Syria”, è stato realizzato da un team di ricercatori del Dipartimento di Fisica “Ettore Pancini” dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e dell’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV-OV).
Con la loro ricerca gli scienziati hanno dimostrato le potenzialità e l’efficacia di un sistema di Early Warning Sismico, ovvero di un sistema di allerta sismica immediata che consente di prevedere l’impatto delle onde sismiche sul territorio e di inviare un messaggio di allerta al sito di interesse entro pochi secondi, prima ancora dell’arrivo delle onde stesse, applicandolo retrospettivamente al devastante terremoto di magnitudo 7.8 che il 6 febbraio 2023 ha colpito la regione al confine tra Turchia e Siria.
“Per condurre il nostro studio abbiamo utilizzato un avanzato metodo di previsione dello scuotimento del suolo, basato sulla misura delle prime onde P e in grado di predire, durante un terremoto, le aree in cui il moto del suolo supererà una soglia limite di danno potenziale”, spiega Luca Elia, tecnologo dell’INGV-OV e co-autore della ricerca.
Per la valutazione dell’efficacia del sistema di Early Warning Sismico sono stati analizzati retrospettivamente centinaia di accelerogrammi registrati in prossimità della sorgente del terremoto turco-siriano e acquisiti dalla rete di monitoraggio gestita dall’agenzia AFAD del Ministero dell’Interno turco, deputata alla gestione dell’emergenza e dei disastri.
I risultati hanno mostrato come una prima allerta, emessa circa 10 secondi dopo l’origine dell’evento, avrebbe portato ad allertare correttamente il 95% dei siti all’interno della zona potenzialmente danneggiata, con tempi di preavviso compresi tra 10 e 60 secondi. Inoltre, l’applicazione del sistema di Early Warning ha dimostrato che la zona di forte scuotimento prevista dalle onde P può essere rilevata circa 20 secondi dopo l’origine della frattura.
“I risultati del nostro studio mostrano come i sistemi di allertamento precoce basati sulle onde P possano fornire allerte tempestive e affidabili, in grado di migliorare la sicurezza degli abitanti delle aree sismiche e di mitigare il rischio di danni ingenti”, conclude Elia.