Milano, 10 febbraio 2015 – Le malattie infiammatorie autoimmuni, come l’artrite reumatoide o il lupus, colpiscono dall’1% al 3% della popolazione. E anche se esistono alcuni possibili trattamenti per queste patologie, sono costosi e hanno un certo numero di effetti collaterali. Alcuni di questi problemi sono dovuti al fatto che le terapie, al momento, non tengono conto del profilo genetico e biologico del singolo paziente, ma solo del tipo di malattia che lo colpisce: per questo è nato lo studio PreciseSads, che coinvolge 19 strutture di ricerca e di cura a livello europeo, e tra le quali spicca la Fondazione Ca’ Granda Policlinico di Milano come centro capofila per la parte clinica.
Lo studio, in particolare, vuole scoprire una sorta di “carta d’identità” molecolare del paziente, per capire meglio come potrebbero essere le caratteristiche e l’evoluzione della sua malattia e quindi indirizzare con più efficacia i medici verso la cura appropriata. Alla base dello studio c’è l’idea che diverse malattie autoimmuni, curate ciascuna con un diverso trattamento, potrebbero avere caratteristiche biologiche simili: e quindi una malattia che al momento non ha uno specifico trattamento, oppure che ne ha uno poco efficace, oppure che ne ha uno efficace ma che non funziona su determinati pazienti, potrebbe essere trattata con un farmaco già attivo su un’altra patologia che ha caratteristiche biologiche simili. Ad esempio, non tutti i pazienti con artrite reumatoide devono essere trattati con la stessa terapia; e anche a parità di terapia, non tutti i pazienti reagiscono allo stesso modo. Per questo è indispensabile individuare le caratteristiche sia del paziente che della malattia, e consentire così una cura più efficace e con minori effetti collaterali.
Il progetto coinvolgerà fino al 2019 circa 2 mila pazienti con Lupus eritematoso sistemico, Sclerosi sistemica, Sindrome di Sjogren, Artrite reumatoide, Connettiviti (mista e indifferenziata) e Sindrome da anticorpi antifosfolipidi; a questi sono affiancati circa 600 pazienti sani come “controllo”.
“È vero – spiega Lorenzo Beretta, responsabile ricerca dell’Unità di Immunologia Clinica dell’Ospedale e coordinatore clinico per PreciseSads – che ognuna di queste malattie, presa singolarmente, risulta essere rara, ma nel loro complesso interessano oltre l’1-3% della popolazione. Inoltre, è importante sottolineare che alcuni pazienti non soddisfano gli attuali criteri clinico-diagnostici o comunque non presentano tutte le caratteristiche di malattia, e vivono per anni senza una diagnosi definitiva”. Per questo è importante una più precisa classificazione di queste patologie, anche a livello molecolare: “Diversi studi hanno dimostrato che ci sono gruppi di pazienti in cui sono presenti contemporaneamente caratteristiche cliniche di malattie autoimmuni che ad oggi sono classificate in modo diverso, ma che sembrano avere alla base meccanismi comuni”. Ad esempio, la sindrome di Sjogren è una malattia secondaria che è piuttosto comune nei pazienti con artrite reumatoide o con lupus che hanno un certo profilo di anticorpi; o ancora, alcuni pazienti con artrite reumatoide hanno un profilo genetico che è tipico del lupus in 7 casi su 10.
“Con questo progetto – conclude l’esperto – potremo dare il via ad una riclassificazione delle malattie autoimmuni sistemiche, e questo permetterà di mettere a punto ‘armi’ per la diagnosi e la terapia più efficaci di quelle attualmente disponibili. Saremo in grado anche di fare un approccio terapeutico personalizzato per il singolo paziente. In futuro sarà possibile una diagnosi più precoce e accurata, evitando ai pazienti gli effetti negativi dovuti ad una diagnosi tardiva e permettendo un migliore controllo della progressione della loro malattia”.
fonte: ufficio stampa