Terapia Intensiva Universitaria ‘aperta’, presentato un progetto all’Aou di Ferrara

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Da sinistra: Zoppellari, Di Ruscio, Volta, Marangoni, Guerzoni

Ferrara, 19 febbraio 2019 – Dal 18 febbraio 2019 la Terapia Intensiva Universitaria dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Ferrara, diretta dal prof. Carlo Alberto Volta, diventa “aperta”.
Alla conferenza stampa di presentazione del progetto, che si è svolta oggi a Cona, erano presenti il Direttore Sanitario Eugenio Di Ruscio, il Direttore del Dipartimento Emergenza Roberto Zoppellari, il Direttore dell’Unità Operativa di Anestesia e Rianimazione Universitaria Carlo Alberto Volta, la responsabile del progetto e della Terapia Intensiva Universitaria Elisabetta Marangoni e la Coordinatrice Infermieristica Paola Guerzoni.

La Terapia Intensiva “aperta” può essere definita come la “struttura di cure intensive dove uno degli obiettivi dell’équipe è la razionale riduzione o abolizione di tutte le limitazioni non motivatamente necessarie poste a livello temporale, fisico e relazionale”.

A differenza di altri Paesi Europei, l’Italia, sebbene vi siano stati dei cambiamenti, si piazza all’ultimo posto in quanto le visite ai pazienti subiscono restrizioni di diversa natura:

  • chiusura temporale, che consiste in un’ora in media di visita al giorno;
  • chiusura fisica, che consiste nell’obbligo di indossare indumenti protettivi, generalmente costituiti da camice, mascherina e soprascarpe, che riducono il contatto tra il familiare e il paziente, ma in alcuni casi fino ad arrivare a vedere il proprio familiare soltanto attraverso un vetro;
  • chiusura relazionale, che consiste in una limitazione del numero, di solito un solo familiare per volta, e del tipo dei familiari, cioè solo al familiare di 1° grado.

Numerosi dati della letteratura scientifica suggeriscono che la liberalizzazione dell’accesso alla Terapia Intensiva (TI) per familiari e visitatori non solo non è in alcun modo pericolosa per i pazienti, ma è anzi benefica sia per loro sia per le famiglie. In particolare “l’apertura” della TI non causa un aumento delle infezioni nei pazienti, mentre si riducono in modo significativo le complicanze cardio-vascolari e gli indici ormonali di stress. Un ulteriore effetto positivo è rappresentato dalla netta riduzione dell’ansia nei familiari.

Secondo consolidate esperienze in ospedali esteri, il libero accesso ai reparti di Terapia Intensiva migliora la qualità del ricovero dei pazienti e facilita l’instaurarsi di un rapporto di fiducia tra la famiglia e i curanti.
Ridurre o annullare totalmente le limitazioni agli orari di visita è un processo che coinvolge direttamente e profondamente tutto il personale della Terapia Intensiva. Gli operatori devono mettere in gioco, oltre che le loro conoscenze tecniche e specialistiche, anche la loro umanità.

Il libero accesso dei parenti ai reparti di Terapia Intensiva migliora la qualità del ricovero dei pazienti e facilita l’instaurarsi di un rapporto di fiducia tra la famiglia e i curanti. Aprire il Reparto implica un cambiamento radicale, non solo nell’organizzazione dell’attività clinica, ma anche e soprattutto un cambiamento di mentalità e approccio al paziente.

Aprire la Rianimazione non significa semplicemente “aumentare l’orario di visita” ma vuol dire innanzitutto ridare centralità al paziente nella sua dimensione umana, entrare in relazione con la famiglia e, quindi, incontrare la componente affettiva ed emotiva della malattia: il dolore, la speranza, il disorientamento, l’incredulità.

Il familiare porta dentro la rianimazione il suo vissuto di sofferente richiedendo agli operatori uno sforzo ulteriore di comprensione. Comunicare meglio permette la comprensione adeguata delle informazioni nell’ambito di una relazione professionale, migliora la soddisfazione delle parti coinvolte e rende il processo comunicativo efficace ed incisivo.

Riconoscere le emozioni e sentimenti propri e degli interlocutori, sta alla base dell’empatia nella relazione d’aiuto. Migliorare la capacità di ascolto è indispensabile nel rapporto con i familiari, affinare le capacità relazionali permette di creare un ambiente di lavoro più sereno e collaborativo.

Il lavoro in terapia intensiva si porta dietro un forte carico emotivo che va innanzi tutto riconosciuto e in secondo luogo elaborato. Le emozioni proprie sono anche spesso quelle degli altri, è importante quindi agire per risolvere le situazioni conflittuali, accogliere in maniera costruttiva critiche ed obiezioni, essere in grado di affrontare tematiche dai contenuti sgradevoli o scomodi, comunicare efficacemente anche in condizioni di stress.

Infine la maggior presenza dei familiari in Terapia Intensiva consente di capire come si lavora e cosa si fa per i propri cari, portandoli progressivamente ad un coinvolgimento nella cura e nella comprensione della malattia. Il contatto quotidiano porta a familiarizzare con termini, procedure, terapie, macchinari altrimenti visti come ostili o mai abbastanza efficaci.

Il colloquio quotidiano con medico e infermiere, la continuità di comunicazione lungo tutto l’arco della settimana, facilitano il passaggio di informazioni e riducono il rischio di incomprensioni e fraintendimenti.

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