Tamponi diagnostici Covid, registrati ritardi e differenze regionali. Nuovo Instant Report ALTEMS

Roma, 10 maggio 2020 – A macchia di leopardo in Italia il ricorso ai tamponi per scovare i positivi a Covid-19 nelle varie Regioni italiane: Il tasso settimanale più basso si registra in Puglia (è di 2,64 tamponi per 1.000 abitanti nell’ultima settimana); il tasso più alto si registra nella Provincia Autonoma di Trento (14,14 per 1.000 abitanti) subito dopo il Veneto con 12,78 per 1.000 abitanti. Il Lazio si ferma a 4,87%, sotto la media nazionale (6,62 per 1.000). Osservando il dato dall’inizio dell’epidemia da Coronavirus a livello nazionale il 2,59% della popolazione ha eseguito il tampone. Il valore massimo in Veneto con il 4,64%, il minimo in Campania (0,84%).

Sono alcuni dei dati della sesta puntata dell’Instant Report ALTEMS Covid-19, la prima nella fase 2.

Si tratta di una iniziativa dell’Alta Scuola di Economia e Management dei Sistemi Sanitari dell’Università Cattolica di confronto sistematico dell’andamento della diffusione del Sars-COV-2 a livello nazionale, per la prima volta prendendo in considerazione 20 Regioni italiane.

Il gruppo di lavoro dell’Università Cattolica, è coordinato da Americo Cicchetti, Professore Ordinario di Organizzazione Aziendale presso la Facoltà di Economia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore con l’advisorship scientifica del Professor Gianfranco Damiani e della Dottoressa Maria Lucia Specchia del Dipartimento di Scienze della Vita e Sanità Pubblica (Sezione di Igiene).

Il gruppo si è arricchito della collaborazione del Centro di Ricerca e Studi in Management Sanitario dell’Università Cattolica (Professore Eugenio Anessi Pessina) e del Gruppo di Organizzazione dell’Università Magna Græcia di Catanzaro (Professor Rocco Reina). Il team multidisciplinare è composto da economisti ed aziendalisti sanitari, medici di sanità pubblica, ingegneri informatici e statistici. Il report si basa sull’utilizzo di un set di indicatori per misurare le performance nell’affrontare questa crisi senza precedenti.

Il Report #6 presenta un nuovo set di indicatori utili a monitorare più da vicino l’evoluzione della pandemia nell’ambito della seconda fase, formalmente avviata il 4 maggio con la conclusione del lockdown. Al fianco dei nuovi indicatori, il Rapporto continua ad offrire l’aggiornamento di alcuni indicatori selezionati tra quelli che hanno caratterizzato il modello di risposta delle Regioni nella fase 1.

Grazie ai nuovi indicatori si prenderanno in considerazione aspetti relativi alle modalità prescelte per la tracciatura del contagio, per la realizzazione dei test sierologici tra le Regioni nonché le modalità di separazione dei flussi tra pazienti Covid-19 e pazienti non Covid-19 nell’ambito delle strutture ospedaliere e territoriali.

Maggiore focus sarà dedicato alla rilevazione delle modalità di gestione dei pazienti infettati e/o con sintomi sul territorio e a domicilio. Molti degli indicatori saranno calcolati prendendo in considerazione una temporizzazione settimanale (e non giornaliera come nella fase 1).

Test sierologici per verificare chi ha avuto l’infezione
Ulteriore strumento essenziale per la Fase 2 sono i test sierologici. Al momento le Regioni si sono mosse in ordine sparso. Sono 6 le Regioni ad aver avviato test sierologici nell’ambito di programmi che vedono diverse strategie di campionatura e diverse tecnologie. La prima Regione in ordine di tempo ad avviare l’attività di test è stata il Veneto (31/3), l’ultima il Lazio che lo attiverà l’11 maggio. Tutte le Regioni hanno individuato negli operatori sanitari il target primario in questa prima fase; altri target sono forze dell’ordine, lavoratori in azienda o popolazione generale campionata.

Preparazione delle Regioni alla Fase 2
Assume estrema rilevanza l’analisi della “readiness” delle Regioni per la Fase 2. L’analisi delle delibere regionali mostra che se per la Fase 1 ben 16 Regioni hanno predisposto un provvedimento di “Programmazione Sanitaria Regionale”, al momento solo Toscana ed Emilia Romagna hanno deliberato un documento di programmazione sanitaria a supporto della gestione nella fase 2. In totale sono 8 le Regioni ad aver dato delle “Linee di indirizzo per la ripresa delle attività ospedaliere e ambulatoriali” non legate all’emergenza Covid-19: tra queste Toscana ed Emilia Romagna, insieme a Veneto, Abruzzo, Campania, Puglia, Calabria e Sicilia.

Uno degli aspetti cruciali per la gestione dell’epidemia Covid-19 nella Fase 2 è il monitoraggio territoriale e il controllo delle residenze sanitarie. In questo senso lo ‘strumento’ individuato a livello nazionale è l’Unità Speciale di Continuità Assistenziale-USCA, ovvero uno strumento di continuità assistenziale basato su un team di medici che intervengono su pazienti di gravità ‘intermedia’, gestiti a livello domiciliare che hanno un bisogno di monitoraggio che non può essere assolto solo con un contatto telefonico ma che ancora non necessitano di un trasporto in ospedale.

Unità Speciali di Continuità Assistenziale
Al momento le USCA coprono il 31% della popolazione nazionale, con un picco di copertura che ora riguarda l’Emilia Romagna (91% della popolazione coperta), seguita dalle PA di Trento e Bolzano (84%) e l’Abruzzo con il 69%. La Regione Lombardia copre con le USCA il 20% della popolazione, il Veneto ha raggiunto una copertura del 49%. La Regione Lazio, tra le ultime a dare il via allo strumento, ha già raggiunto una copertura del 34% della popolazione in 2 settimane e la sua azione appare sinergica con quella avviata dai Medici di Medicina Generale supportati dall’app DoctorPlus Covid-19.

La digitalizzazione ai tempi di Covid-19
Continua l’implementazione di soluzioni di telemedicina. In 9 settimane (dal 1 marzo 2020) siamo giunti a 108 soluzioni digitali di cui 38 per gestire pazienti Covid: tra queste ben il 34% sono app per il monitoraggio e la visita a distanza. La media settimanale di soluzioni avviate dal 1 marzo ha dell’incredibile: quasi 10 soluzioni di telemedicina lanciate a settimana nelle ultime 11 settimane.

Terapie intensive
Cambia l’uso delle terapie intensive. Oggi la Regione con il maggiore rapporto tra ricoverati in TI e totale dei ricoverati è la Toscana (oltre il 18%); in Lombardia la percentuale scende al 7,59%. Ancora alta nel Lazio (6,47%).

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