Pisa, 10 marzo 2018 – Uno studio sulla comunicazione medico radiologo-paziente nel reparto di Radiologia, con particolare attenzione a come il paziente percepisce la figura del medico, del tecnico e degli esami strumentali, è stato menzionato e illustrato sulla rivista ufficiale del convegno europeo ECR Today che si è tenuto a Vienna nei giorni scorsi.
Lo studio, presentato dalla dottoressa Claudia Giaconi, dirigente medico della Sezione dipartimentale di Radiodiagnostica 3 dell’Aou pisana – diretta dal prof. Emanuele Neri – condotto in collaborazione con il Laboratorio di Comunicazione diretto dal prof. Ciro Basile Fasolo (ricercatore del Dipartimento di Medicina clinica e sperimentale dell’Università di Pisa), si intitola: “Patients’perception of radiologists in an oncologic imaging department” e si è basato su dati raccolti tramite questionari di ingresso e uscita dal reparto, proposti a circa 400 pazienti (di cui il 90% esterni, intervistati nella sala d’attesa della Sezione di Radiodiagnostica 3, nei mesi di giugno e luglio 2017).
È emerso che i pazienti presentano maggiore preoccupazione quando devono eseguire esami di Risonanza magnetica, principalmente per la paura di sviluppare claustrofobia all’ingresso nel tubo (evento in realtà molto raro); seguono poi gli esami di Tomografia computerizzata, per il timore di reazioni al mezzo di contrasto.
A fronte di tali timori, hanno però dimostrato una chiara conoscenza dei ruoli delle figure professionali coinvolte nel processo diagnostico, principalmente il medico radiologo e il tecnico di radiologia, con valutazioni molto positive in merito all’accoglienza e alla comunicazione. Alla domanda “Chi fa la diagnosi?” i pazienti rispondevano: il medico radiologo nel 93% dei casi, il tecnico di radiologia nel 4% e l’apparecchiatura nel 2,8% dei casi. Alla domanda “Che cosa si aspetta dal colloquio con il medico radiologo?” le risposte erano: “Nessuna aspettativa, ma è importante che si qualifichi come medico” nel 49% dei casi, “Che si qualifichi come medico e dica il suo cognome” nel 21%, “Non ho idea in riguardo” nel 19% dei casi e “Che si qualifichi come medico, dica il suo cognome e mi stringa la mano” nel 17%.
Dati molto interessanti che indicano la necessità di un colloquio medico radiologo-paziente finalizzato a rassicurarlo sulla procedura e sul fatto che il medico si sta prendendo cura del suo caso. Lo studio rappresenta un passo ulteriore per una diagnostica per immagini basata sulla qualità, dove il tempo dedicato dal medico radiologo al colloquio con il paziente risulti fondamentale.