Torino, 6 marzo 2015 – È stato pubblicato ieri sulla prestigiosa rivista internazionale The Lancet lo studio europeo TRUFFLE, grazie al quale sono stati studiati il momento e l’indicatore migliore per il parto nei feti di basso peso affetti da restrizione di crescita intrauterina. Allo studio ha partecipato La Ginecologia universitaria 2 dell’ospedale Sant’Anna della Città della Salute di Torino. I risultati hanno comportato la sopravvivenza senza danni neurologici all’età di 2 anni per neonati che in precedenza sarebbero morti o comunque sarebbero stati soggetti ai suddetti danni.
Nel 2005 l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), in un documento ufficiale, riportava una prevalenza nel mondo di bambini nati di basso peso del 15% con un range di 3,3-38% e con un picco maggiore nei Paesi in via di sviluppo. Il basso peso alla nascita è il maggior determinante di mortalità, morbidità e disabilità nel periodo neonatale e nell’infanzia e ha un impatto a lungo termine sulla salute nella vita adulta (ipertensione, diabete, sindrome metabolica). Si tratta perciò di un problema di salute pubblica.
Una delle cause principali di basso peso alla nascita è la restrizione di crescita intrauterina (intrauterine growth restriction: IUGR). Questa è una patologia che si manifesta nella seconda metà della gravidanza. È dovuta ad un malfunzionamento della placenta, l’organo che fornisce ossigeno e sostanze nutritizie al feto, permettendogli di crescere e svilupparsi. Se la placenta non si forma in modo adeguato, il feto cresce poco ed i suoi organi, in particolare il cervello ed il cuore, ricevono insufficiente ossigeno, con grave danno che può portare alla morte in utero. Purtroppo, ad oggi, non esistono terapie per questa patologia e l’unica possibilità, una volta posta la diagnosi, è di far nascere il feto, così togliendolo dall’ambiente uterino che gli è ostile. L’espletamento del parto non pone problemi se la gravidanza è vicina al termine (ottavo, nono mese), ma se l’epoca di gestazione è più precoce devono essere considerati i rischi di morte e di danni d’organo, soprattutto neurologici, dovuti alla nascita troppo precoce (prematuranza).
Il monitoraggio dello IUGR si basa tutt’ora su protocolli non uniformi, soprattutto per quanto riguarda lo IUGR che si manifesta in epoche di gravidanza precoci, cioè prima delle 32 settimane di età gestazionale. Questa non uniformità è dovuta al fatto che non è ancora stato individuato il parametro clinico che permetta di identificare con certezza il “momento giusto” per l’espletamento del parto. Il monitoraggio dei feti affetti da IUGR deve infatti bilanciare il rischio di mortalità in utero, con i rischi legati alla nascita pretermine. L’obiettivo dell’assistenza ostetrica è pertanto quello di identificare con la maggior precisione possibile il momento in cui espletare il parto minimizzando i rischi.
Diversi metodi diagnostici sono stati messi a punto in anni recenti per sorvegliare le condizioni fetali in questi casi e per aiutare a definire il momento migliore per l’espletamento del parto, tuttavia non è ancora stato individuato il parametro clinico che permetta di identificare con certezza il “momento giusto” per la nascita. Lo studio Europeo TRUFFLE (Trial of Randomized Umbilical and fetal Flow in Europe), che ha coinvolto 20 Centri Europei tra cui la Ginecologia ed Ostetricia Universitaria 2 dell’ospedale Sant’Anna di Torino (diretta dalla prof.ssa Tullia Todros), ha posto come obiettivo principale proprio la ricerca dell’indicatore migliore per l’espletamento del parto nei feti affetti da IUGR grave e precoce, che permettesse di ridurre mortalità e morbilità perinatali severe e quelle a breve e a lungo termine. Si tratta di uno studio randomizzato che mette a confronto tre diversi strategie di monitoraggio fetale che sono state utilizzate come indicatori per l’espletamento del parto nelle donne reclutate per questo studio, in seguito alla diagnosi di IUGR precoce. Sono state incluse nello studio donne con gravidanze singole di età gestazionale compresa tra le 26 e le 32 settimane di età gestazionale (6 mesi e mezzo – sette mesi), con diagnosi di IUGR.
L’esito primario è rappresentato dalla sopravvivenza senza danni neurologici all’età di 2 anni. Sono state incluse nello studio, in 5 anni, 503 donne. L’epoca gestazionale mediana al parto è stata di 30 settimane +5 giorni ed il peso medio alla nascita è stato di 1019 g. I risultati hanno evidenziato come, utilizzando un ulteriore indicatore rispetto a quelli utilizzati normalmente nel monitoraggio clinico di questi feti, ovvero la Doppleflussimetria del dotto venoso, aumenta significativamente il numero di sopravvissuti senza esiti neurologici. Lo studio ha inoltre messo in evidenza un miglioramento globale degli esiti dei feti con diagnosi di IUGR precoce, rispetto a quelli rilevati in precedenza nel corso di altri studi.
fonte: ufficio stampa