Palermo 2 gennaio 2015 – Una malattia genetica rara che colpisce un individuo su 30.000. È a malattia di Wilson, caratterizzata da accumulo di rame in organi e tessuti, fegato, sistema nervoso centrale, cellule del sangue. In un anno 105 casi, circa la metà della casistica a livello regionale, sono stati individuati e studiati presso il laboratorio dell’Unità operativa di Ematologia per le Malattie Rare del Sangue e degli Organi Ematopoietici dell’Azienda Villa Sofia-Cervello, diretta dal professore Aurelio Maggio, in collaborazione con la dottoressa Rosanna Simonetti, referente per la Malattia di Wilson ed il Professore Mario Cottone, Direttore dell’Unità operativa di Medicina della stessa Azienda. Lo studio genetico per la diagnosi della malattia di Wilson si effettua all’Ospedale Cervello fin dal 2006.
La malattia si presenta nelle prime decadi di vita, raramente oltre i 40 anni. I sintomi epatici vanno da una lieve epatite ad una insufficienza epatica; le manifestazioni neurologiche generalmente compaiono nella seconda o terza decade di vita, ed includono distonia, manifestazioni parkinsoniane, disturbi psichiatrici.
La malattia di Wilson è trattabile con farmaci che legano il rame, che possono sia bloccarne l’evoluzione, che far regredire il danno d’organo e la maggior parte dei sintomi. La terapia è tanto più efficace quanto più la diagnosi è precoce. La diagnosi si basa su dati clinici e di laboratorio, tra questi notevole importanza riveste lo studio genetico che consente lo studio dei familiari dei soggetti affetti per l’identificazione in fase asintomatica dei malati.
La malattia ha un’ampia variabilità genetica ed è dovuta alla presenza di mutazioni nel gene ATP7B, che produce la proteina ceruloplasmina addetta al trasporto del rame ed alla sua conseguente eliminazione. Ad oggi si conoscono oltre 540 mutazioni nel gene ATP7B che alterano la sintesi della ceruloplasmina e quindi impediscono una corretta eliminazione del rame dall’organismo.
È una malattia genetica ereditaria autosomica recessiva. Per svilupparla è necessario ereditare due geni ATP7B variati: uno dalla madre e uno dal padre. Se si eredita un solo gene anomalo si è portatori sani. I portatori non sono affetti dalla malattia di Wilson poiché hanno un gene normale sufficiente per controllare la funzione del rame. Circa 1 persona su 100 è portatore di varianti nel gene ATP7B. Una coppia di portatori sani del gene ATP7B variato, ad ogni gravidanza ha il 25% di probabilità di avere un figlio affetto dalla malattia di Wilson.
L’identificazione del gene-malattia ha permesso di migliorare la comprensione del metabolismo del rame, e di conseguenza il trattamento farmacologico della malattia.
“Le attività di ricerca e di trattamento del Campus di Ematologia dell’Azienda Ospedali Riuniti Villa Sofia-Cervello – sottolinea il Direttore Generale Gervasio Venuti – sono caratterizzate da un marchio di eccellenza che, come nel caso della malattia di Wilson, fanno di questa struttura un fiore all’occhiello per la sanità siciliana”.
“Lo studio genetico per la diagnosi della malattia di Wilson – sostiene Aurelio Maggio – è uno dei punti di forza che rende, insieme ad altre attività sia di prevenzione, sia di assistenza e ricerca scientifica, il Campus di Ematologia Franco e Piera Cutino, presso cui è ospitata l’Unità operativa di Ematologia per le Malattie Rare del Sangue e degli Organi Ematopoietici, un Centro di riferimento per tutto il territorio nazionale. Un traguardo molto importante ottenuto tramite la Fondazione Franco e Piera Cutino che sostiene molti degli ambiti d’intervento dell’Ematologia da me diretta”.
fonte: ufficio stampa