Roma, 23 gennaio 2023 – Abbiamo letto, con rinnovata e accresciuta preoccupazione, che nella Conversione in legge del decreto-legge 29 dicembre 2022 n. 198, è stato riproposto l’emendamento già bocciato a dicembre (n. 4.136) recante disposizioni in materia di termini legislativi inerente alle “Disposizioni in materia di collocamento d’ufficio a riposo per il personale medico del Servizio Sanitario Nazionale e docenti universitari in Medicina e Chirurgia” che propone di aumentare, su base volontaria, l’età pensionabile dei medici ospedalieri ed universitari a 72 anni fino al 2026. Comprendiamo che questa proposta persegua l’obiettivo di sopperire alla cronica mancanza di medici in Italia operanti nel servizio pubblico.
La carenza di personale medico inserito in organico in pianta stabile deriva non solo dalla scarsa e insufficiente pianificazione del reale fabbisogno negli ultimi vent’anni, sia a livello nazionale che regionale, ma anche dal continuo “dissanguamento” del servizio pubblico da parte degli stessi medici, esasperati da condizioni di lavoro pesanti, ulteriormente messi alla prova dalla pandemia, da stipendi inadeguati e non aggiornati, neppure lontanamente paragonabili a quelli dei colleghi di altri stati europei.
Se a questo si aggiunge l’inizio dell’attività lavorativa in età non più giovane, e la mancanza di progressione di carriera in quasi tutti gli ambiti lavorativi, ci si rende conto dell’insoddisfazione crescente che ha ormai raggiunto livelli di guardia.
Per tutti questi motivi molti lasciano la professione, altri si trasferiscono all’estero, altri ancora abbandonano il ruolo pubblico per lavorare nel privato. Riteniamo, pertanto, che questo eventuale provvedimento non risolva le rilevanti problematiche esistenti, ma rischi fortemente di acuirne ulteriori.
Per citarne solo alcune:
a) bloccherebbe ulteriormente il fisiologico turn-over del personale medico, già estremamente carente nel nostro Paese, procrastinando l’assunzione di nuovi giovani medici dotati di entusiasmo, freschezza mentale ed energie fisiche per dedicarsi ad un lavoro mentalmente e fisicamente usurante e andando ulteriormente a sguarnire la base della piramide lavorativa che è ciò che nei nostri ospedali garantisce i livelli di assistenza essenziali, facendosi carico del lavoro attivo nei reparti, negli ambulatori e in pronto soccorso e congelando i ruoli apicali già da anni per lo più fuori dalle turnistiche di lavoro assistenziale. In questo contesto plaudiamo e troviamo di grande interesse e visione la proposta di ampliare le stabilizzazioni a medici specializzandi e dipendenti a tempo determinato che al contrario porterebbe linfa vitale, entusiasmo e nuove energie al sistema sanitario nazionale e contribuirebbe a rafforzare, rinnovandola, la base della piramide che svolge il lavoro attivo;
b) impedirebbe per i prossimi anni progressioni di carriera nelle fasce di età compresa tra 40-50 anni e oltre, esasperando ulteriormente il senso di frustrazione in atto e spingendo sempre più medici a cercare soluzioni e carriere alternative;
c) penalizzerebbe ancora di più le donne medico che non sono adeguatamente rappresentate in posizione apicale nelle generazioni al di sotto dei 70 anni. Soprattutto, nel breve/medio periodo, non risolverebbe le criticità esistenti, tra cui i turni di guardia notturna e festiva che affliggono tutte le strutture pubbliche, da cui la maggior parte dei settantenni sono esonerati da anni.
Pertanto, riconoscendo il momento di crisi e la necessità di salvaguardare un sistema sanitario nazionale che non è mai stato così prezioso e fragile come in questo momento storico, suggeriamo alcuni fondamentali correttivi alla proposta:
- prevedere un’attività che sia esclusiva nel Servizio Sanitario Nazionale, imponendo limiti all’esercizio della libera professione svolta nelle strutture sanitarie pubbliche o extramoenia, data la motivazione “intrinseca” della proposta elaborata per gestire la crisi del personale medico nel SSN;
- prevedere che i medici ultrasettantenni possano rimanere in servizio attivo lasciando eventuali ruoli di direzione di struttura semplice o complessa (fatte salve le retribuzioni maturate), al fine di non precludere progressioni di carriera dei medici più giovani;
- utilizzare la permanenza in ruolo anche allo scopo di concorrere all’abbattimento progressivo delle interminabili liste di attesa nel servizio pubblico, prevedendo una collocazione nell’ambito di strutture ambulatoriali relative alla disciplina di appartenenza, anche in sostituzione di ferie, assenze, permessi, ecc.;
- relativamente ai docenti di Medicina e Chirurgia, prevedere che rimangano in servizio solo i docenti il cui SSD rischi la chiusura delle Scuole di Specializzazione per effettiva carenza di Docenti.
Ci auguriamo una profonda riflessione e una presa di coscienza lucida e visionaria su un argomento tanto delicato come quello del funzionamento delle strutture sanitarie in Italia, che non può essere gestito attraverso soluzioni provvisorie, temporanee e profondamente inadeguate.
C’è bisogno di inserire nuova linfa vitale con nuove assunzioni e, soprattutto, di incentivare e valorizzare le risorse già presenti nel servizio pubblico, per offrire le tanto attese risposte alle esigenze di salute dei cittadini e a tutela degli stessi.
Questo è quello che chiedono anche i quasi 1.500 medici firmatari di una petizione promossa da Women for Oncology Italy e da Women in Surgery, che non ritengono che la soluzione delle problematiche sanitarie possa essere trovata nel prolungare l’età pensionabile!
Per aderire anche tu, firma qui: http://www.womenforoncologyitaly.it/basta-rattoppi-al-ssn-non-sono-i-medici-in-pensione-che-ci-salvano/