Roma, 7 maggio 2022 – La medicina di prossimità deve essere il futuro della sanità pubblica, ma non basta il PNRR (che è un passo importante sul piano delle strutture), serve una grande riforma con risorse, personale (anche amministrativo, tecnico e infermieristico), un nuovo sistema formativo, integrazione socio sanitaria e digitalizzazione (anche dei dati) nazionale: urgente quindi aprire un grande dibattito pubblico e politico che coinvolga sindaci, sindacati, istituzioni ordinistiche, cittadini, governo centrale e regioni.
Questo le proposte e l’appello emersi nel corso della presentazione del neonato Centro Studi e Ricerche Sociali e Sanitarie della Federazione Italiana Sindacale Medici Uniti, intitolato a “Giulio Alfredo Maccacaro”, presso la Sala ENPAM (Piazza Vittorio Emanuele II). I lavori, moderati dal responsabile Comunicazione del Centro Studi Marco Miccichè, si sono aperti con le relazioni di taglio storico del professor Giovanni Armocida, e del presidente del Centro Studi, Salvo Calì.
Sono intervenuti, sul solco dei ricordi tracciati nelle introduzioni, il Presidente Istituto Superiore della Sanità, Silvio Brusaferro, il Presidente FNOMCeO, Filippo Anelli, il Presidente Ordine dei Medici di Roma, Antonio Magi, il Vice Presidente ENPAM, Giampiero Malagnino, la vice Presidente dell’Associazione Italiana di Epidemiologia, Carla Ancona.
La riflessione sul metodo scientifico di Maccacaro è stata quindi raccolta dalle tre schede curate da Maurizio Andreoli Andreoni sulle “cure primarie in Europa”, da Bruno Agnetti che ha descritto con un video “l’attività del medico di famiglia” che lavora in equipe, e da Salvatore Pisani che ha tracciato i possibili “indicatori di attività della medicina generale” (sono disponibili per chi le richiedesse).
A chiudere una Tavola rotonda moderata dal giornalista Paolo Russo con la partecipazione di Mariapia Garavaglia, già Ministra della Salute e direttrice editoriale di Panorama della Sanità, Rossana Ugenti, direttore generale professioni sanitarie-risorse umane del Ministero Salute, Nino Cartabellotta, presidente Fondazione Gimbe, Francesco Esposito, segretario generale FISMU, Domenico Crisarà, vice segretario nazionale FIMMG.
Il filo conduttore della giornata è stata l’attualità del pensiero di Maccacaro. Salvo Calì, presidente del Centro Studi, a margine dei lavori, prendendo spunto dall’interessante dibattito e dalla tavola rotonda, ha sottolineato l’intervento del presidente dell’ISS, Silvio Brusaferro ed ha ricordato come in questi anni ci sia stata “una profonda trasformazione dell’offerta e dell’accoglienza ospedaliera (si pensi al processo di aziendalizzazione, all’introduzione dei DRG, alle importanti modifiche del rapporto di lavoro dei medici); mentre sul versante del territorio è rimasta solo la retorica dei buoni propositi nonostante qualche timido tentativo del legislatore, vedi la L. 229/99 (altrimenti nota come legge Bindi) e la legge 158 del 2012 (Balduzzi)”.
“È anche qui – ha aggiunto – che riemerge nella sua originalità il pensiero di Giulio Maccacaro. Da un lato nella denuncia di una visione della sanità ospedalocentrica, quindi meramente riparativa; dall’altro nella consapevolezza del ruolo centrale del medico di famiglia, nell’accezione storicamente datata di “medico di base”, nella visione olistica della sua téchne, nel suo prendersi carico della persona nella sua quotidiana individualità, del suo vissuto esistenziale declinato nel lavoro, nell’ambiente, nella famiglia, nella società: è in questo contesto che la malattia esprime la sua soggettività individuale e diventa unica perché unica è la storia di ciascuna persona. Ed è in questo contesto che può esprimersi la prevenzione e l’educazione alla salute. E da qui parte il nostro appuntamento odierno e il primo spunto di riflessione del centro studi che non viene a proporre soluzioni – non è il suo compito – quanto a porre interrogativi, a suscitare riflessioni. Ad approfondire l’analisi, ad alimentare il confronto”.
Testimone che raccoglie il segretario generale di Fismu, Francesco Esposito: “Buoni studi e buone analisi sono la premessa per la definizione di una buona risposta alla nuova domanda di salute. La realtà, e le prospettive, che ci consegna oggi il PNRR è quella di ingenti investimenti strutturali in sanità, una occasione da valorizzare ma non da sprecare con ‘scatole vuole’, senza personale, idee e risorse. Le case della comunità non possono diventare delle cattedrali nel deserto, dei corpi estranei nella sanità territoriale. Servono stanziamenti e idee, proposte, per superare l’orizzonte limitato di un DM, cosiddetto 71, che standardizza l’offerta di servizi, come hanno giustamente evidenziato il presidente di Gimbe, Nino Cartabellotta e la già ministra della Salute, Mariapia Garavaglia oggi nel nostro dibattito; ma dobbiamo superare tutte le lacune e criticità emerse dagli interventi anche delle massime istituzioni ordinistiche, a partire dal presidente della Fnomceo, Filippo Anelli, e di quello dell’ordine di Roma, Antonio Magi. In questo senso è stato di grande importanza il dialogo odierno con Rossana Ugenti, direttore generale professioni sanitarie-risorse umane del Ministero Salute”.
“La medicina di prossimità – ha concluso Esposito – deve essere il futuro della sanità pubblica, ma non basta il PNRR (che è un passo importante sul piano delle strutture), serve una grande riforma con risorse, personale (anche amministrativo, tecnico e infermieristico), un nuovo sistema formativo, integrazione socio sanitaria e digitalizzazione (anche dei dati) nazionale: urgente quindi aprire un grande dibattito pubblico e politico che coinvolga sindaci, sindacati, istituzioni ordinistiche, cittadini, governo centrale e regioni”.