Roma, 8 ottobre 2019 – In un solo anno sono stati pubblicati circa 17.540 lavori scientifici sul ruolo del microbiota, la flora batterica che abita nel nostro intestino, e il suo ruolo nell’insorgenza e nel peggioramento di numerose malattie, quando risulti alterato.
È noto infatti che alterazioni quantitative del numero di batteri e qualitative in termini di ceppi, ovvero la disbiosi, abbiano un ruolo preponderante anche nelle malattie infiammatorie in genere e in quelle reumatiche in particolare.
“La disbiosi ha numerosi effetti casuali come l’alterazione dell’integrità della mucosa di rivestimento intestinale, perchè danneggiata o a causa di una ridotta espressione di particolari proteine” spiega il prof. Michele Maria Luchetti, Professore Aggregato di medicina Interna presso l’Università Politecnica delle Marche durante il suo intervento al 6 Congresso nazionale della Società Italiana di GastroReumatologia tenutosi a Roma nel weekend.
“L’alterazione della mucosa a sua volta la rende permeabile consentendo la diffusione dei batteri nella circolazione sanguigna. Ciò determina a cascata l’attivazione del sistema immunitario e la produzione di autoanticorpi che determinano una attivazione dell’infiammazione sistemica e locale a livello articolare con aumento dei livelli delle citochine chiave nella patogenesi delle spondiloartriti, come TNF-alfa e le interleuchine IL17 e IL23”, prosegue Luchetti.
Si tratta di una vera e propria ‘catena patogenetica’ che può essere controllata a monte con una attenzione particolare proprio a questo raffinato sistema intestinale (con beneficio per molte altre condizioni e comorbidità). L’integrità e se vogliamo l’equilibrio dei cappi di batteri del microbiota dovrebbe essere uno dei nuovi punti chiave della terapia delle spondiloartriti.
Negli ultimi due anni numerosi lavori hanno dimostrato come la dieta – che oltretutto è un fattore di rischio modificabile – abbia un ruolo fondante nell’integrità, l’equilibrio e la salute del microbiota.
Ecco allora che accanto alle prescrizioni farmacologiche diventi opportuno dare indicazioni sul regime alimentare che non si limitino a consigli generici ma facciano parte della terapia: la dieta per il soggetto affetto da una condizione infiammatoria dovrebbe prevedere pochi grassi saturi, poca carne rossa con una limitazione di quella processata come i salumi e gli insaccati.
La carne rossa, e lavorata, è una ricca fonte di proteine, grassi e zolfo alimentare che può favorire l’infiammazione. Ad esempio, la fermentazione batterica del colon può portare alla formazione di acidi grassi a catena ramificata pro-infiammatori, ammoniaca (NH3) e idrogeno solforato (H2S). L’acido solfidrico può ridurre i legami disolfuro nella rete del muco, rendendo lo strato di muco e renderlo permeabile inoltre i microbi possono raggiungere l’epitelio e attivare meccanismi infiammatori.
Un elevato apporto di carne rossa e proteine totali è stato associato in una coorte di ben 25.630 soggetti come la European Prospective Investigation of Cancer in Norfolk (EPIC-Norfolk) ad un aumentato rischio di sviluppare poliartrite infiammatoria.
Limitare i grassi saturi, il grano raffinato, la farina bianca, gli zuccheri e i dolcificanti industriali. Via libera invece ai proteine vegetali, cibi fermentati e fibre, queste ultime alla base del nutrimento del microbiota in salute e ad una supplementazione con probiotici su indicazione dello specialista.
“In particolare le fibre alimentari di cereali, frutta e verdura sono metabolizzate dal microbioma intestinale in acidi grassi a catena corta, tra cui butirrato, propionato e acetato, che rappresentano un importante combustibile per la mucosa intestinale e sono associati a marcati effetti anti-infiammatori – prosegue il prof. Luchetti – L’assunzione di fibre può influenzare una risposta anti-TNF mentre un basso apporto può potenzialmente modificare il metabolismo microbico dell’intestino dall’uso di acidi grassi a catena corta in carboidrati mucinosi come principale fonte di energia che portano alla degradazione dello strato di muco con produzione di acido solfidrico che rende la barriera penetrabile da batteri e altri composti”.
“Una strategia capace di mantenere il microbiota in equilibrio, garantire l’integrità della mucosa intestinale e prevenire lo sviluppo dell’infiammazione a livello delle articolazioni. Benefici a cui si aggiunge l’aumento dell’efficacia di alcune terapie con farmaci biologici” aggiunge il prof. Bruno Laganà, Presidente della SIGR – Società Italiana GastroReumatologia.