Messina, 12 luglio 2019 – Una drammatica escalation dai contorni ancora incerti. Il fenomeno degli spiaggiamenti dei capodogli conta ad oggi tre capodogli spiaggiati e due avvistamenti di carcasse in mare.
Per la ricerca delle cause un ruolo fondamentale è stato ricoperto dall’equipe di studiosi del Museo della Fauna dell’Università di Messina, la notizia è stata ripresa dai media di tutto il mondo, diffusa da Greenpeace e dal WWF.
Il gruppo di ricercatori composto dal Prof. Filippo Spadola, Direttore del Museo e dal Conservatore della Sezione faune marine, Dott. Mauro Cavallaro, che hanno coordinato il lavoro, eseguito dal Dottor Carmelo Isgrò, componente del CTS del Museo e dagli studenti di veterinaria Jessica D’Amore, Marco Aiello, Marco Zangari ed Enrico Parenzo, è intervenuto sul posto per raccogliere ed analizzare i reperti. Attività indispensabile sia per l’identificazione della causa di questo fenomeno che per la successiva musealizzazione degli scheletri degli esemplari spiaggiati.
La prima carcassa è stata avvistata dalla rete di collaboratori del Museo della Fauna dell’Università di Messina sul litorale di Cefalù il 17 maggio: si trattava di un esemplare di circa 6 anni di età con una quantità notevole di plastica nello stomaco. Il 21 maggio si sono registrati altri due casi: uno nel palermitano, dove un maschio di 8 metri e mezzo è stato trovato con oggetti di plastica nello stomaco, ed un altro maschio di 5 metri e mezzo a Gioiosa Marea, con lo stomaco però vuoto.
Nei giorni successivi, infine, pare siano stati avvistati altri due esemplari deceduti, il primo al largo di Favignana, il secondo al largo di Stromboli. In questo caso però non è stato possibile confermare definitivamente gli avvistamenti.
Alle operazioni sul campo, assieme ai tecnici del Museo della Fauna hanno collaborato gli enti locali mettendo a disposizione uomini e mezzi per la rimozione delle carcasse e per il loro smaltimento, i veterinari dell’Istituto Zooprofilattico della Sicilia di Palermo e nel primo caso è intervenuta una equipe del Dipartimento di Biomedicina Comparata e Alimentazione dell’Università degli Studi di Padova che si è occupata di approfondire alcuni studi di carattere sanitario e genetico.
Nell’ultimo decennio, sono stati segnalati 51 esemplari di capodogli spiaggiati dei quali 19 sono stati esaminati trovando in 17 casi frammenti di plastica ingerita e in 2 casi reti da pesca attorcigliate sugli animali.