Roma, 14 ottobre 2024
Gentile Direttore,
ho avuto modo di ascoltare l’intervista, del prof. Silvio Garattini rilasciata recentemente e inerente al sovraffollamento dei Pronto Soccorso italiani. Il sovraffollamento è causa delle lunghe attese da parte dei pazienti e che, in ultima analisi, è alla base delle sempre più frequenti aggressioni al personale sanitario.
Nel corso dell’intervista si attribuisce che le cause del sovraffollamento sono dovute, prendendo ad esempio i medici di famiglia della Lombardia, al fatto che, pur avendo in carico 1.800 assistibili, sono presenti in studio solo 12 ore a settimana.
Si afferma, inoltre, che è terminata l’epoca in cui i medici possano lavorare da soli e auspica, quale panacea risolutiva, l’apertura delle Case di Comunità ove i medici stessi possano essere coadiuvati da personale di segreteria e personale infermieristico.
Da queste considerazioni vorrei fare alcune riflessioni a partire dal fatto che, seppur sia vero che i medici di famiglia lombardi hanno ben 1.800 assistibili in carico, allo stesso tempo, non si dice nulla sul fatto che detta cifra è nettamente superiore agli assististi assegnati a medici in altre regioni.
I 1.800 pazienti in carico ai medici lombardi sono derivati da una carenza strutturale di medici di famiglia sul territorio. Davanti a una carenza strutturale di medici in tutta Italia, non sembra strano, allora, che un’attività lavorativa svolta per sole 12 ore settimanali e, lautamente retribuita, non trovi nuovi colleghi desiderosi di svolgerla?
Forse si confondono le 12 ore settimanali con quello che la Parte Pubblica impone come orario minimo di apertura, che poi sono 15 ore e non 12, degli studi.
L’orario di lavoro del medico di famiglia è riconosciuto, sempre dalla Parte Pubblica, pari a 38 ore settimanali comprensive non solo delle citate 15 ma anche delle ore impiegate nello svolgimento delle visite domiciliari e, purtroppo, nella sempre più asfissiante burocrazia.
Per quando concerne, poi, l’affiancamento da parte di personale di segreteria vorrei segnalare che, ormai da una ventina di anni, il medico è già coadiuvato nel proprio studio da personale laico e, in molti casi da personale infermieristico.
Nel riconoscere al prof. Silvio Garattini doti eccelse di ricercatore e uomo di scienza, lo inviterei a programmare una sua settimana lavorativa da svolgersi in uno studio di un medico di medicina generale, in modo che possa, in futuro, avere una maggior cognizione della medicina di famiglia e dei medici che vi si dedicano, materia di cui tutti parlano, specie coloro che di questa branca della professione medica nulla sanno.
Dott. Leonida Iannantuoni
Presidente di ASSIMEFAC – Associazione Società Scientifica Interdisciplinare e di Medicina di Famiglia e Comunità