SLA, identificato un nuovo potenziale target terapeutico

Un’équipe di ricercatori dell’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica e dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Consiglio nazionale delle ricerche ha descritto il ruolo chiave del recettore CXCR2 in un gruppo di pazienti affetti da Sclerosi laterale amiotrofica di tipo sporadico. I risultati sono stati pubblicati su Neurobiology of Disease

Roma, 5 novembre 2021 – La Sla è una malattia del sistema nervoso caratterizzata dalla progressiva neuro-degenerazione delle cellule motoneuronali, per la quale non sono ancora state identificate cure mediche efficaci.

A partire da una serie di investigazioni precedenti basate su indagini genomiche ad ampio spettro, un team di ricercatori dell’Istituto per la ricerca e l’innovazione biomedica (Irib) e dell’Istituto di biochimica e biologia cellulare (Ibbc) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) ha rivelato la deregolazione del recettore CXCR2 nei neuroni corticali di un sottogruppo di pazienti affetti da Sla sporadica.

“Avvalendoci di due modelli sperimentali preclinici in vitro e in vivo, abbiamo studiato l’effetto della inibizione del CXCR2 mediante Reparixin. I risultati di queste ricerche indicano un’importante azione del farmaco nel prevenire la neurodegenerazione in vitro e nel migliorare la funzione neuromuscolare in vivo – spiega Sebastiano Cavallaro, dirigente di ricerca del Cnr-Irib, responsabile del Laboratorio di genomica a Catania – Complessivamente quindi, CXCR2 potrebbe svolgere un ruolo patogenetico nella Sla e i dati fin qui ottenuti supportano il suo uso come bersaglio terapeutico”.

I risultati dello studio, coordinato assieme a Silvia Mandillo del Cnr-Ibbc, sono stati pubblicati sulla rivista Neurobiology of Disease.

“Attraverso un’analisi genomica, abbiamo evidenziato che una stratificazione molecolare dei pazienti con Sla, insieme ad un’adeguata selezione e prioritizzazione dei potenziali bersagli farmacologici, potrebbe aiutare a definire strategie razionalmente progettate e su misura per il paziente. I risultati raggiunti rappresentano un primo passo verso una medicina personalizzata per le patologie complesse e multifattoriali a carico del sistema nervoso”, conclude Cavallaro.

Al lavoro hanno contributo anche Eleonora Aronica dell’Università di Amsterdam e Fabio Mammano dell’Università di Padova.

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