L’intervento, eseguito nell’Unità di Radiologia Interventistica dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza, ha scongiurato gravi conseguenze dovute all’ostruzione della vena che trasporta al cuore il sangue proveniente da testa, collo, braccia e organi del torace
San Giovanni Rotondo, 30 settembre 2020 – Una donna di 45 anni è stata ricoverata d’urgenza, nei giorni scorsi, per la cosiddetta sindrome della vena cava superiore. La donna presentava grave insufficienza respiratoria, gonfiori molto evidenti degli arti superiori, del collo, del volto e una forte congestione del volto e degli occhi.
Grazie all’esame TAC veniva evidenziata l’ostruzione trombotica del grosso tronco venoso che trasporta al cuore il sangue venoso proveniente da testa, collo, arti superiori e organi del torace. Dopo le prime consultazioni si è deciso di procedere con un intervento di Radiologia Interventistica.
“Abbiamo deciso di intervenire poiché tutti quei distretti corporei, a causa del trombo, non riuscivano più a scaricare sangue verso il cuore, determinando una situazione di estrema gravità con alte probabilità di sviluppare un edema cerebrale o un’embolia polmonare – ha spiegato Francesco Florio, medico responsabile dell’Unità di Radiologia Interventistica dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza, che ha coordinato l’intervento – Mediante l’uso di due mini sonde vascolari introdotte per via venosa all’altezza di entrambi i gomiti, siamo riusciti a superare le steno-ostruzioni delle vene, che provengono dagli arti superiori, e della vena cava, applicando due stent, uno a destra e uno a sinistra. Gli stent, che altro non sono che due protesi metalliche a maglie, schiacciando alle pareti i trombi garantiscono la pervietà del vaso che può continuare così nella sua funzione di trasporto del sangue”.
La donna sta bene, rimarrà sotto osservazione e dovrà assumere una terapia anticoagulante in grado di garantire nel tempo i risultati finora ottenuti. “Interventi di questo tipo – ha concluso Florio – sono molto rari in letteratura. Personalmente, in 34 anni di attività, è il secondo caso che abbiamo trattato in questo modo. Per il buon esito della procedura è stato determinante l’apporto delle Unità di Pronto Soccorso, Ematologia e Radiologia Diagnostica”.