Al via la Giornata Mondiale sulla Sindrome da Fatica Cronica. Il prof. Umberto Tirelli (Direttore del Dip. Oncologia Medica dell’INT di Aviano): “Iniziativa importante per sensibilizzare comunità scientifica e opinione pubblica su una patologia che mina seriamente la qualità di vita. Non esiste ancora un farmaco per sconfiggerla definitivamente”
Aviano (PN), 12 maggio 2016– Si celebra oggi la Giornata Mondiale sulla Sindrome da Fatica Cronica (CFS). “È un’iniziativa importante per sensibilizzare la comunità scientifica e l’opinione pubblica su una patologia invalidante, spesso sottovalutata e che mina seriamente la qualità di vita dei pazienti – afferma il prof. Umberto Tirelli, Direttore del Dipartimento di Oncologia Medica dell’Istituto Nazionale Tumori, Centro di Riferimento Oncologico di Aviano (PN) – In Italia non siamo in possesso di dati certi sull’incidenza che dovrebbe aggirarsi sui 500.000-1.000.000 casi di persone affette. Di recente abbiamo messo a punto un test genetico che valuta la suscettibilità genetica di sviluppare una stanchezza cronica ed eventualmente una sindrome da fatica cronica. Dai dati preliminari emerge che può esserci anche un incremento del rischio familiare della patologia o comunque della suscettibilità a svilupparla”.
“Purtroppo per ora non c’è nessun farmaco in grado di sconfiggerla definitivamente. Spesso i pazienti possono trarre dei benefici da interventi farmacologici con antivirali, corticosteroidei, immunomodulatori e integratori e da modifiche dello stile di vita. In questo modo è possibile portare alla guarigione o comunque a miglioramenti significativi dei sintomi – aggiunge Tirelli – Da qualche tempo stiamo utilizzando anche l’ossigeno-ozonoterapia, con risultati sorprendentemente positivi. Il trattamento comporta un miglioramento delle attività cognitive e della memoria, della stanchezza, del microcircolo cerebrale, un aumento dell’attenzione e una diminuzione del dolore”.
“Nel dicembre 1994, un gruppo internazionale di studio sulla Sindrome, del quale ho fatto parte, ha pubblicato sugli Annals of Internal Medicine, una nuova definizione di caso che rimpiazzava quella precedente – sottolinea Tirelli – Un caso di CFS è definito dalla presenza di fatica cronica persistente per almeno sei mesi, non alleviata dal riposo e che si aggrava con piccoli sforzi. Questo deve provocare una sostanziale riduzione dei livelli precedenti delle attività occupazionali, sociali o personali. Inoltre devono essere presenti per almeno sei mesi quattro o più dei seguenti sintomi: disturbi della memoria e della concentrazione così severi da ridurre sostanzialmente i livelli precedenti delle attività occupazionali e personali; faringite; dolori delle ghiandole linfonodali cervicali e ascellari; dolori muscolari e delle articolazioni senza infiammazione o rigonfiamento delle stesse; cefalea di un tipo diverso da quella eventualmente presente in passato; un sonno non ristoratore; debolezza post esercizio fisico che perdura per almeno 24 ore. Ovviamente devono essere escluse tutte le condizioni mediche che possono giustificare i sintomi del paziente, quali infezioni croniche, ipotiroidismo, disfunzioni dell’ipofisi, epatite B o C, tumori, depressione maggiore, schizofrenia, demenza, abuso di sostanze alcoliche ed obesità. Spesso i pazienti hanno una sintomatologia tipica di un’influenza cronica che dura per anni”.
fonte: ufficio stampa