Sta per iniziare in Italia uno studio molto ambizioso sugli specializzandi neurochirurghi per valutare e quantificare, in modo scientifico, se e quanto l’uso dei simulatori possa migliorare le abilità dei neurochirurghi di domani. Ne abbiamo parlato in questa ampia intervista con Francesco Di Meco, Direttore del Dipartimento dell’Istituto Nazionale Neurologico “Carlo Besta” di Milano
Roma, 20 ottobre 2016
Professore, l’uso dei simulatori per l’addestramento neurochirurgico si sta diffondendo sempre di più nel mondo ed ha un primato tutto Italiano. In un futuro non lontano sarà possibile eseguire tutti gli interventi neurochirurgici, imparando così al meglio il mestiere e salvaguardando sempre di più il paziente?
Il Besta NeuroSim Center è l’unico centro di simulazione neurochirurgico italiano; è il primo centro in Europa e probabilmente l’unico al mondo ad essere dotato dei più avanzati simulatori neurochirurgici (NeuroTouch, ImmersiveTouch, Surgical Theater, Vesalius e Usim; è in arrivo inoltre una nuova console per l’addestramento chirurgico, l’Actaeon). Questi simulatori e sistemi di apprendimento avanzato ci consentono di compiere dei viaggi tridimensionali nel cervello e di riprodurre persino i suoni e le sensazioni tattili di un intervento chirurgico. Credo che dobbiamo essere fieri di questo risultato italiano, della Società Italiana di Neurochirurgia e dell’Istituto Neurologico Besta di Milano, in particolare.
Gli studi eseguiti in altri ambiti chirurgici e di medicina di urgenza ci suggeriscono che il training al simulatore sia molto importante e che la combinazione di addestramento virtuale, associato alla formazione ‘sul campo’, possa dare risultati straordinari in termini di maggiore sicurezza per i pazienti al momento di affrontare un intervento neurochirurgico. Non va dimenticato il ruolo importante (e scontato) della conoscenza anatomica, per la quale ad oggi rivestono un ruolo insuperato i corsi di dissezione anatomica (su modelli e preparati cadaverici o su modelli 3D, stampati con sistemi di nuova generazione).
Attualmente, in collaborazione con il prof. Francesco Tomasello, con il prof. Cappabianca e con il supporto della Società Italiana di Neurochirurgia nella persona dell’attuale Presidente prof. Alberto Delitala, stiamo per iniziare un ampio studio nazionale, molto ambizioso, sugli specializzandi neurochirurghi per valutare e quantificare, in modo scientifico, se e quanto questo tipo di addestramento possa migliorare le abilità dei neurochirurghi di domani.
Infine ma non ultimo, l’uso dei simulatori, almeno per quanto riguarda determinati task meno impegnativi, potrebbe essere di aiuto nell’identificare quegli studenti di medicina più idonei a perseguire una carriera neurochirurgica selezionando quindi in maniera più accurata i candidati alla carriera neurochirurgica.
Quali operazioni saranno possibili grazie all’uso dei simulatori?
In un futuro non lontano questi simulatori ci permetteranno di simulare tutti gli interventi neurochirurgici, ne sono convinto. Non solo, come già avviene in simulazione aeronautica, potremmo introdurre degli eventi critici o delle emergenze chirurgiche quando e come noi istruttori lo riterremo più opportuno, mentre un giovane chirurgo sta simulando un intervento chirurgico sul cervello. In questo modo potremmo addestrare l’allievo alla gestione dell’emergenza intraoperatoria in uno scenario virtuale (e quindi in sicurezza), con il vantaggio di poter testare e addestrare i ‘nervi’ dell’operatore e per fargli raggiungere quel necessario livello di ‘sangue freddo’ che lo renderà un chirurgo maturo nella pratica di ogni giorno, nella sua futura carriera.
Professore, come i top gun del bisturi garantiranno sempre di più al malato interventi di massima sicurezza con il minimo livello di rischio?
Nel 2015, in Italia, il 40% circa delle denunce contro medici ha riguardato l’ambito chirurgico (fonte Marsh risk consulting). Non si tratta solo di cattive pratiche, perché per esempio in neurochirurgia, anche quando l’intervento è svolto secondo i migliori standard di qualità, poiché si tratta dell’atto medico col rischio più alto, si registrano complicanze in circa il 13% dei nostri pazienti, a seconda del tipo di intervento. Il parenchima cerebrale, infatti, è sempre importante e sacrificarlo per un accesso chirurgico o per rimuovere un tumore può determinare un deficit neurologico, anche solo in virtù delle caratteristiche intrinseche della patologia e dell’intervento neurochirurgico stesso. I nostri neurochirurghi utilizzano già i nostri simulatori e console neurochirurgiche per imparare al meglio il mestiere e ‘ripassare’ virtualmente (prima di andare in sala operatorio) il caso da operare il giorno dopo. Senza mai sperimentare sui malati veri, in modo da arrivare all’intervento chirurgico ‘reale’, nelle condizioni migliori, dopo aver pianificato la traiettoria migliore e aver previsto i rischi possibili.
I neurochirurghi saranno sempre più come piloti di aereo grazie all’uso dei simulatori?
Se da un lato questa considerazione può sembrare un po’ cinica e magari provocatoria, dall’altro credo sia vera e che ci porterà a selezionare, addestrare e valutare le abilità dei neurochirurghi in un modo oggettivo, ripetibile e standardizzato, come appunto avviene già da tempo in aeronautica. Il tutto con dei grandi vantaggi per i nostri pazienti, questo non va dimenticato. Non possiamo più permetterci di commettere errori per scarsa esperienza o perché l’operatore ha osato più di quanto sapeva e poteva fare in sala operatoria per quel determinato caso o patologia. Credo che i tempi di questa chirurgia romantica, eroica – e a volte spregiudicata – siano finiti. È un’esigenza morale ed etica, prima ancora che legale ed assicurativa.
A questo proposito voglio ricordare gli studi che stiamo conducendo con gli specializzandi italiani ed europei (in collaborazione con il prof. Karl Schaller di Ginevra e con la Società Europea di Neurochirurgia – EANS) per capire come migliorare le abilità manuali, di orientamento spaziale e chirurgiche oltre che cercare di individuare quali siano i tratti caratteriali più importanti per garantire un percorso di maturazione professionale migliore in un contesto altamente stressante come quello neurochirurgico. Abbiamo presentato alcuni risultati preliminari, devo dire molto interessanti, proprio in occasione di questo congresso SINch.
Vogliamo capire anche come questi strumenti possano migliorare la comunicazione con i nostri pazienti, specialmente al momento del colloquio preoperatorio: la nostra ipotesi è che l’utilizzo di questi sistemi di realtà virtuale possa permettere al malato di comprendere meglio la patologia da cui è affetto, il tipo di intervento a cui verrà sottoposto e i rischi di complicanze associati. Da questo pensiamo possa derivare un miglioramento del rapporto medico-paziente, con maggiore consapevolezza da parte di entrambi, migliore comunicazione e trasparenza, con ridotte ripercussioni medico-legali in caso di evento avverso o di complicanza chirurgica. A questo proposito è stato avviato un altro studio dal quale presto avremo dei risultati importanti.
fonte: ufficio stampa