Roma, 18 settembre 2019 – Circa 50mila casi l’anno di tumore della laringe e del cavo orale, ma i numeri sono destinati a crescere soprattutto nei paesi industrializzati, dove questi rappresentano fino al 15-30% dei cosiddetti tumori testa-collo. Solo nel nostro Paese si contano 104mila pazienti per 9.700 nuove diagnosi ogni anno.
L’ospedale Fatebenefratelli di Roma, aderendo alla campagna europea di prevenzione dei tumori del cavo orale “Make Sense Campaign 2019”, promossa dalla Ehns (European Head and Neck Society) con l’AIOCC (Associazione Italiana Oncologia Cervico-Cefalica), ha messo a disposizione visite gratuite per aumentare la consapevolezza su alcuni sintomi da non sottovalutare utili ad una diagnosi precoce del tumore del tratto orofaringeo.
A spiegare la sintomatologia, la cura e l’importanza della prevenzione e i servizi attivi tutto l’anno nell’ospedale romano per questo tipo di neoplasie è Marco Radici, direttore dell’Unità di Otorinolaringoiatria del Fatebenefratelli all’Isola Tiberina di Roma.
Circa 9.700 nuove diagnosi ogni anno in Italia di tumore del cavo orale, che colpisce la fascia dai 20 ai 40 anni, dovuti a infezioni di tipo sessuale. Come è cambiato in questi anni l’identikit del paziente?
“L’identikit del paziente che presenta malattie neoplastiche del cavo orale e dell’orofaringe è completamente cambiato. Nei decenni passati si trattava di individui di età compresa tra i 50 e i 60 anni con una predisposizione all’etilismo e all’assunzione di tabacco. Spesso le abitudini erano associate e determinavano gran parte delle neoplasia del cavo orale e delle prime vie aerodigestive superiori. Il paziente oggi invece è molto più giovane e di una fascia sociale di appartenenza più alta. Tra l’altro il paziente tipo non è obbligatoriamente fumatore a cui si associa un etilismo inconsapevole. Questo atteggiamento è legato anche all’attività sociale e contraddistinto da una promiscuità sessuale”.
Qual è la sintomatologia che deve mettere in allarme?
“La sintomatologia spesso è sfumatissima, va considerato che le lesioni del cavo orale e dell’orofaringe, quando diventano dolorose o palesi, sono già in fase avanzata. Si può avvertire ad esempio la sensazione di un corpo estraneo, la presenza di striature di sangue nella saliva o la comparsa di linfonodi nel collo che rivelano la presenza di un focolaio neoplastico”.
Qual è il percorso diagnostico terapeutico previsto per questa patologia?
“La prima cosa è fare presto una visita specialistica e altrettanto importante sensibilizzare tra i medici la cultura della prevenzione di questa patologia. Spesso alcune lesioni iniziali del cavo orale e dell’orofaringe vengono interpretate erroneamente, il paziente perde tempo e arriva alla visita diagnostica in una fase avanzata. Dunque il ritardo diagnostico è uno dei principali nemici per il paziente. È importante più che mai effettuare una precoce rilevazione della malattia del cavo orale. Come si può fare? Innanzitutto recandosi dallo specialista per una visita di ispezione a cui segue l’esame diretto della bocca, delle arcate dentarie, del palato e dell’orofaringe e delle vie aerodigestive. Piccole lesioni ulcerative e di tipo biancastro o bianco-rossastro devono mettere in allarme il paziente. In tal caso si può attuare ‘l’attesa dei 15 giorni’ e somministrare al paziente una terapia locale adeguata sospendendo a seconda dei casi fumo e alcol accompagnato da una adeguata igiene orale. In questa finestra temporale bisogna evitare di riparare denti spezzati e otturazioni. La fase successiva, se la lesione persiste, è il prelievo bioptico della lesione, un esame istologico che ci guida verso la comprensione della natura della lesione. Se si conferma diagnosi di carcinoma del cavo orale e dell’orofaringe si prosegue con una serie di esami come ecografie, tac e risonanze magnetiche per proseguire con la fase chirurgica o radioterapica a seconda dei casi. Nei casi più avanzati poi si opta per protocolli di associazione radioterapia, chirurgia e poi la chemioterapia”.
Abbiamo parlato di scorretti stili di vita e promiscuità sessuale, soprattutto tra i ragazzi, che possono dare origine alla neoplasia. Come prevenire questi costumi tra i giovani? Qual è secondo lei la ricetta più giusta?
“Va sicuramente contenuto il fumo di tabacco e l’assunzione di alcolici. Soprattutto vanno sorvegliati i bevitori inconsapevoli. Mi spiego meglio, molti non sanno che bere due bicchieri al giorno, per noi medici, significa essere un bevitore. Per capirci, una unità alcolica corrisponde ad una birra da 0,33 cl. Basta poco per creare una congestione continua sul cavo orale. E poi c’è tutta l’altra parte di informazioni che riguarda il rischio di HPV correlate dovuta ad una trasmissione orogenitale che aumenta con la promiscuità sessuale e con la frequentazione di partner non conosciuti. Nel caso in cui ci si senta soggetti a rischio è bene sottoporsi a tamponi del cavo orale per capire se c’è positività all’HPV o effettuare un dosaggio degli anticorpi nel sangue e capire se il soggetto ha avuto un ‘incontro’ con il virus del papilloma appunto. Ma vanno evitati allarmismi. È importante sottolineare che non tutti i virus HPV sono oncogeni per le vie aerodigestive superiori, come non lo sono ad esempio per la cervice uterina e per il canale anorettale. Soltanto alcuni ceppi e in un periodo molto lento, di 10 anni circa, possono esitare in un cancro del cavo orale. Bisogna sottoporsi a visite ginecologiche, le donne già lo fanno abitualmente con i Pap test. Purtroppo non lo fanno gli uomini che malvolentieri si sottopongono ad un tampone uretrorettale, tanto che è un consiglio che viene accettato con molta ritrosia dalla maggior parte dei maschi. Non bisogna dimenticare che c’è anche la vaccinazione che protegge il soggetto da svariati ceppi dell’HPV, questo significa sviluppare degli anticorpi quando, casomai, si dovesse verificare il contatto con il virus. Nelle ragazze in età prepuberale viene già fatto, ma l’importanza dell’immunizzazione deve essere compresa e accettata anche tra gli uomini. Le donne possiamo dire che fungono per questi virus da ‘serbatoio’, potendo avere delle lesioni che restano sconosciute per molto tempo, mentre gli uomini possono essere considerati dei ‘diffusori’. Solo evitando questo circolo vizioso si potrà debellare il rischio di contrarre il virus HPV”.
Come si inserisce il Fatebenefratelli nella cura delle patologie HPV correlate?
“Il nostro ospedale si pone in prima linea. Stiamo attivando – anzi in parte già funziona – un ambulatorio congiunto tra l’equipe multidisciplinare composta da otorinolaringoiatri, ginecologi e chirurghi che lavora in stretta collaborazione con il laboratorio analisi per le visite di screening nei pazienti che vogliono sottoporsi al controllo delle prime vie aerodigestive. Alla visita seguono, come anticipato, dei tamponi locali assolutamente indolori o brushing del cavo orale, con microspazzoline si effettuano dei raschiamenti della mucosa del cavo orale per rilevare l’eventuale positivizzazione da HPV. Nel caso in cui invece si riesce a diagnosticare già alla prima visita una lesione da curare, ovviamente al Fatebenefratelli si può ricorrere alla terapia chirurgica e radioterapica di tutte le lesioni HPV correlate”.