Sesso negli over 75: migliora la qualità di vita e promette longevità

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Prof. Leo Nahon, già Direttore della Divisione psichiatrica dell’Ospedale Niguarda di Milano: “In media, il 20-25% degli anziani tra i 75 e gli 85 anni sostiene di aver avuto almeno un rapporto sessuale nell’ultimo anno. Una quota di anziani più ampia del previsto conserva una vita sessuale vera e propria”. Concluso a Firenze il 17° Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana Psicogeriatria. Relazioni, sentimenti, sfera sessuale al centro dei contributi dinanzi a oltre mille specialisti

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Firenze, 4 aprile 2017 – Esiste una quota di anziani verosimilmente più ampia del previsto che conserva una vita sessuale vera e propria.
“In un editoriale del New England Journal of Medicine del 2015, John Bancroft del Kinsey Institute rilevava che nel gruppo di età fra i 75 e gli 85 anni il 38,5% degli uomini e il 16,7% delle donne riferiva di avere avuto un rapporto sessuale con un partner nell’anno in corso” afferma il prof. Leo Nahon, psichiatra, già direttore della divisione psichiatrica dell’Ospedale Niguarda di Milano.

Sono più gli uomini a ricercare il piacere del sesso: per ogni due donne ci sono 3 uomini pronti a vivere questa esperienza appagante. Una curiosità, che lascia intendere come gli uomini ricerchino partner spesso più giovani. Per sessualità non si intende necessariamente il rapporto sessuale completo, ma anche altre forme di erotismo sessuale che gli anziani possono trovare.

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Prof. Leo Nahon

“Tuttavia, in ambito medico e anche specialistico, l’argomento della sessualità non viene messo tra gli elementi più rilevanti – dichiara ancora Nahon – In altri termini, né il medico di base né lo specialista, quando si trovano di fronte un ultra 70enne, indagano sul tema della sessualità, a meno che non sia lo stesso paziente a sollevare la questione”.

Un problema comune a tanti paesi, non solo in Europa. Si nega la sfera sessuale per l’anziano; un fenomeno paradossale, per cui vengono trattati come dei giovani adolescenti, come se la sessualità non li riguardasse e, anzi, talvolta, neppure esistesse. Il compito del medico invece è quello di occuparsi della sessualità tra gli anziani. Anche perché si tratta di un importante indicatore per valutare la positiva qualità della vita.

“Avere una relazione affettiva che sia più o meno sessualizzata è uno dei fattori di protezione dell’età anziana ed è associato alla longevità, oltreché a un indice della qualità della vita soggettiva più alto. Attività fisica e affettiva sono i due elementi cardine per determinare la qualità positiva della vita dell’anziano”, spiega Nahon.

L’obiettivo è dare nuovi valori alla terza e quarta età e in genere alla età anziana, riscoprire i valori della vita relazionale, sentimentale e sessuale dell’over 70. A questo proposito, è necessario attribuire anche una diversa connotazione al concetto di solitudine: non mero isolamento, ma capacità di autonomia.

“Va cessata la demonizzazione della solitudine – osserva ancora Nahon – Sicuramente si tratta di una condizione penalizzante per chiunque e per l’anziano in particolare. Tuttavia, siccome per ragioni demografiche accade facilmente che l’età anziana sia associata alla solitudine, bisogna ridarle dignità e valore”.

La maturità psichica di una persona è contraddistinta da una serie di elementi, tra cui la capacità di stare soli. Un anziano solo è più fragile di uno con socialità, ma la solitudine può acquisire valore positivo. Un nucleo familiare e legami affettivi generano situazioni favorevoli, ma se non ci sono, la solitudine può diventare capacità di reggere in autonomia l’assenza di rapporti sociali diretti.

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Prof. Marco Trabucchi

IL CONGRESSO AIP 2017. Questi e altri temi sono stati al centro delle sessioni in corso al Palazzo degli Affari a Firenze in occasione del 17° Congresso Nazionale dell’Associazione Italiana Psicogeriatria – AIP, con oltre mille partecipanti.
Le principali patologie dell’anziano e la proposta di nuove soluzioni per un miglioramento delle condizioni di vita di coloro che hanno più di 65 anni, disturbi del sonno, depressione, suicidi, malattia di Alzheimer e altre demenze, delirium sono alcune tra le patologie affrontate.

“Clinica, Ricerca, Speranze: queste sono le tre parole chiave – afferma il Presidente dell’AIP Marco Trabucchi, professore di Neuropsicofarmacologia all’Università Tor Vergata di Roma – La ricerca rappresenta il futuro: ci sono ancora ampi spazi da riempire. La clinica ci riguarda in tutte le sue dimensioni: include ovviamente la diagnosi e la terapia, ma anche la comprensione della sofferenza della persona anziana nelle dinamiche psicologiche e sociali, tanto che particolare attenzione è riservata al problema della solitudine, gravemente lesiva della salute. La speranza, infine, si fonda sui primi due punti e propone un intervento sul paziente per dimostrare che invecchiare non è una malattia”.

In Italia, su quasi 60 milioni di persone, gli anziani sono circa 10 milioni. La demenza dovuta ad Alzheimer è la priorità da fronteggiare: circa un milione di anziani (il 10% degli over 65) soffre di demenza. Un problema per la società: risultati importanti si vedranno nel medio periodo, tra circa 5 anni, ma gli anziani di domani potranno contare su nuove soluzioni.

“Numerosi gruppi in tutto il mondo sono alle prese con studi volti a trovare farmaci che rallentino fortemente la formazione della sostanza beta amiloide nel cervello – spiega il prof. Trabucchi – inducendo una riduzione dei sintomi e un rallentamento dell’evoluzione della malattia. Non siamo ancora pronti per la guarigione, ma probabilmente potremo far guadagnare anni di vita a chi soffre di questa patologia”.

Insieme alla ricerca scientifica, lo studio sulle molecole e sui relativi farmaci, occorre poi una componente sociale che costruisca una rete adeguata ad una persona anziana, che si può ottenere mediante una società coesa, dove ogni cittadino e ogni politico danno il proprio contributo.

fonte: ufficio stampa

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