In occasione della Giornata Mondiale della Sepsi, l’azienda farmaceutica Biotest, in collaborazione con la Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (Siaarti), fa il punto su una malattia che ogni anno uccide solo in Italia 60mila pazienti.
Incidenza, strategie di prevenzione e i progressi della ricerca farmaceutica in campo nazionale e internazionale.
Milano, 12 settembre 2015 – 400 casi in Europa ogni 100.000 abitanti. 60.000 morti all’anno solo in Italia. Un decesso correlato ogni pochi secondi. Una malattia che colpisce alle spalle. Una Giornata Mondiale che ricorre ogni 13 settembre e di cui pochissimi parlano. 60mila pazienti che ogni anno in Italia muoiono praticamente senza un perché, mentre nel mondo si conta un decesso correlato ogni pochi secondi. Pochi ma significativi dati per tratteggiare il quadro in cui, silenziosa, si muove la sepsi, sindrome che ad oggi uccide più dei tumori al seno e all’intestino messi insieme, e di cui in questi giorni si celebra la Giornata Mondiale.
Proprio in questa occasione Biotest e Siaarti, insieme ad un gruppo di medici italiani operanti in diversi ospedali nel campo della ricerca contro la sepsi, lancia l’allarme nei confronti di questo male sconosciuto per una campagna di informazione diretta al pubblico e agli operatori dei media. Un team di professionisti attivi quotidianamente sul campo e accomunati dalla collaborazione con Biotest, azienda farmaceutica attiva nella ricerca contro la sepsi che vuole con questa iniziativa riunire il corpus informativo su questa patologia e metterlo finalmente a disposizione del pubblico.
A illustrare nel dettaglio numeri, dati e lo stato dell’arte della ricerca scientifica sono in particolare i professionisti provenienti dall’Ospedale San Paolo di Milano, dall’azienda ospedaliera universitaria di Pisa, dal Policlinico di Modena, dall’Ospedale Monaldi di Napoli, dall’Ospedale Vittorio Emanuele di Catania, dall’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino e Istituto Clinico Sant’Ambrogio di Milano. Coordinatore del progetto il prof. Massimo Girardis, dell’Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia, medico presso l’Azienda Ospedaliera Universitaria di Modena e coordinatore del GdS Infezioni e Sepsi della Siaarti – Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva, partner del progetto.
“Vogliamo soprattutto mettere in luce l’importanza della prevenzione nei confronti della sepsi che fa registrare una mortalità ospedaliera, nelle forme più gravi, del 40-60% – dichiara il prof. Girardis – In questo frangente sono determinanti ai fini di una minore incidenza della patologia pratiche semplici di igiene generale apparentemente scontate ma in realtà fondamentali, come il lavaggio delle mani, i miglioramenti dei servizi igienico-sanitari. Queste precauzioni, insieme ai progressi della ricerca medica e scientifica, sono in grado di ridurre in modo assolutamente significativo i tassi di mortalità e di incidenza: lo testimonia in particolare una ricerca pubblicata dal consorzio delle terapie intensive australiane e neozelandesi, che dimostra quanto le strategie terapeutiche proposte in questi anni abbiano favorito una drastica diminuzione dei decessi per sepsi severa dal 35% del 2000 al 18% del 2012. Tuttavia c’è ancora moltissimo da fare, soprattutto con un’informazione mirata al pubblico: si parla tanto di altre patologie maggiormente “impattanti” e quasi nessuno sa che negli stessi ospedali si rischia di morire per questa patologia. La comunità scientifica e i mezzi di informazione devono alzare la guardia su questa sindrome apparentemente meno “notiziabile” ma in grado di fare più vittime del tumore al seno e all’intestino messi insieme”.
Per quanto riguarda la ricerca farmacologica lo stato dell’arte viene presentato dai dottori Laura Lampugnani, Infection Desease Brand Manager, e Giovanni Iuppariello, Therapeutic Business Head di Biotest Italia: “Lo sviluppo delle popolazioni batteriche resistenti agli antibiotici pregiudica sempre più la riuscita delle cure impiegate per combattere le infezioni. In più la possibilità di poter disporre di farmaci adeguati ha tempi di attesa molto lunghi, si parla di 3-4 anni: attualmente una possibile strategia attuabile per arginare tale gap sembra risiedere nell’integrazione degli antibiotici con farmaci capaci di potenziarne l’efficacia. Ad oggi, sul fronte del trattamento delle infezioni, ci si basa sulla somministrazione combinata di antibiotici e sul rinforzo della loro azione tramite terapie immunologiche. In particolare l’utilizzo di soluzioni IgM (immunoglobuline M) potrebbe favorire un potenziamento dell’efficacia degli antibiotici e un rafforzamento delle difese immunitarie. A questo proposito sono in corso alcuni studi per approfondire il meccanismo d’azione che spiega l’efficacia di tali preparati ed è in programma la stesura di un dossier di valutazioni circa la possibilità di adottare questi preparati biologici come strategie complementari per il contrasto delle immunoresistenze batteriche: in concreto gli studi in corso sono orientati non solo a valutare il meccanismo di azione delle soluzioni IgM, ma anche a individuare i campi di applicazione clinica con maggiore chiarezza, e stimarne le performance all’impiego combinato con gli antibiotici”.
La sepsi in cifre
- In Europa si verificano circa 400 casi di sepsi su 100.000 abitanti ogni anno: un’incidenza che supera quella dell’infarto al miocardio e dei tumori.
- In Italia si stima che ci siano 60.000 morti all’anno per sepsi.
- I costi ospedalieri per sepsi nel mondo sono raddoppiati dal 1997 al 2008: 20 miliardi ogni anno solamente negli Stati Uniti.
- Negli ultimi 10 anni la sepsi è cresciuta drasticamente nel mondo ad un tasso annuo dell’8-13%.
- Oltre 100.000 casi nel mondo di sepsi materna: la mortalità materna per sepsi è la seconda causa di decesso dopo l’emorragia.
- Si stima che nel mondo si verifichi un decesso per sepsi ogni pochi secondi.
- Anche nei paesi sviluppati, la sepsi resta la prima causa di morte da infezione: nonostante vaccini, antibiotici e terapie di emergenza, il tasso di mortalità resta tra il 30 e il 60%.
fonte: ufficio stampa